Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
(articolo di Alfiero Grandi su www.jobsnews e www.strisciarossa.it del 07/08/20)
C'è agitazione nel Pd sul referendum sul taglio del parlamento. Forse si rende conto in ritardo che la maggioranza di cui fa parte ha deciso di votare per il referendum il 20/21 settembre, con uno strappo istituzionale che mischia il voto per cambiare la Costituzione con quello per Regioni, Comuni e supplettive parlamentari. Tanto è vero che c' è voluta una nuova legge che rendesse possibile fare ciò che in 70 anni non è mai accaduto... Continua a leggere...
(articolo di Alfiero Grandi su Il Manifesto del 14/08/20)
Le ragioni del No. Nel prossimo referendum la scelta è tra ridare credibilità alla rappresentanza dei cittadini o dare un altro colpo al ruolo del parlamento
I parlamentari che hanno chiesto bonus legati alla pandemia, destinati a chi è stato colpito duramente, non hanno scusanti. I partiti e gli organi parlamentari debbono prendere severi provvedimenti altrimenti si assumeranno la responsabilità di lasciare campo libero alla deriva populista. Questi comportamenti inaccettabili contribuiscono alla caduta di credibilità del parlamento ma occorre il coraggio di reagire all’antipolitica... Continua a leggere...
(articolo di Alfiero Grandi pubblicato dal Il Fatto Quotidiano il 20/8/20)
Nota di presentazione:
Preferisco inviare a chi interessa la versione originale dell'articolo che non si rivolgeva, come si può vedere sotto, al direttore del Fatto Marco Travaglio, ma più semplicemente utilizzava lo spazio chiesto al quotidiano e concesso dal direttore per esporre le ragioni del No.
L'escamotage "caro direttore " aggiunto in capo all'articolo è servito a Travaglio per intrecciare nel suo fondo una polemica astiosa, non gradevole sul piano personale, ma soprattutto con ironie e giudizi fuori luogo sul merito dell'articolo che espone semplicemente gli argomenti a favore del No.
L'obiettivo del mio articolo era portare sulle pagine del Fatto posizioni che finora non hanno avuto ospitalità perchè il quotidiano sostiene esplicitamente il Si e vi compaiono solo queste posizioni.
Travaglio ha scelto, purtroppo, di rispondere con una stroncatura dell'articolo, tradendo un nervosismo esagerato sul referendum costituzionale. Alla matita rossa e blu usata a sproposito, tra cui falsi che vede solo lui, si può rispondere con Totò: ma mi faccia il piacere.
Per sostenere le ragioni del No, di cui sono convinto, scriverei su qualunque giornale, le conseguenze non mi interessano.
TAGLIO PERCHE' NO (titolo del quotidiano)
Le ragioni del referendum costituzionale sono quasi ignote.
Sull'onda di un populismo montante è stato individuato nel taglio dei parlamentari l'obiettivo principale. E' vero: i parlamentari non hanno fatto molto per dimostrare che il loro ruolo è decisivo per la democrazia, arrivando a votare la legge per il taglio del 36,5% del parlamento per opportunismo, per incapacità di opporsi, per obbedienza ai capi. Forse pensando possa essere un deterrente per far durare questa legislatura... Continua a leggere...
(artiolo di Alfiero Grandi sul Domani 2 settembre 2020)
Con la vittoria del Sì al referendum di settembre, l'Italia si troverebbe con un assetto istituzionale squilibrato e con camere meno capaci di arginare il governo
- Per decidere come votare al referendum costituzionale del 20 e 21 settembre bisogna valutare se la riforma intende ristabilire il ruolo del parlamento o se si intende contribuire al suo definitivo ridimensionamento.
- Il Movimento 5 stelle, primo promotore del taglio, non ha mai trovato altri argomenti che il risparmio dei costi, un risparmio che però tutti sanno essere irrisorio.
- Chi promette maggiore efficienza, non spiega da dove questa dovrebbe arrivare: i patti di coalizione per una modifica della legge elettorale e dei regolamenti parlamentari non sono stati rispettati. Nell'attesa, dopo il taglio l'Italia si troverebbe un assetto istituzionale sbilenco.
Nella discussione sul taglio del parlamento troppi sembrano dimenticare che ogni iniziativa dovrebbe dichiarare il proprio obiettivo. Il punto centrale per decidere come votare al referendum costituzionale del 20 e 21 settembre è stabilire se la riforma intende ristabilire il ruolo del parlamento, oggi purtroppo in crisi di credibilità, o se si intende contribuire al suo definitivo ridimensionamento... Continua a leggere...
(articolo di Alfiero Grandi su www.jobsnews del 11/09/20)
La scelta del Pd era preannunciata, quindi nessuna vera sorpresa. Purtroppo è una decisione che crea ancora più confusione. L’ansia di trovare giustificazioni alla decisione di schierarsi per il Si al referendum, dopo avere votato Si nel quarto voto alla Camera capovolgendo le tre precedenti votazioni contrarie, porta a giravolte senza fine e ancor meno convincenti. Peggio il tacon del buso come dicono in Veneto. La proposta ventilata dalla direzione del Pd di lanciare una iniziativa per superare il bicameralismo omogeneo tra Camera e Senato, paradossalmente, conferma che il taglio del parlamento che si voterà il 20/21 settembre è ancora più incomprensibile e inaccettabile, in quanto non è detto che i correttivi migliorino la situazione. Prima il Pd e LeU hanno chiesto dei contrappesi al voto sul taglio del parlamento, con l’impegno di approvare una nuova legge elettorale e apportando altre modifiche alla Costituzione. Ora, non solo dopo un anno è sostanzialmente tutto fermo e la confusione sotto il cielo è grande, ma si cerca di compensare questo blocco, di fatto, oltre che con impegni a parole del tipo faremo questo e quello con una nuova proposta che investe il ruolo della Camera e del Senato, quindi una ulteriore modifica della Costituzione.
Così si delinea un futuro di continue modifiche della Costituzione per aggiustare (il taglio del parlamento) quello che aggiustare non è possibile.
Era già difficile per Pd e LeU giustificare un capovolgimento di posizione, dal no al sì, ora la confusione diventa massima. Se erano queste le vere intenzioni perché semplicemente non si è preteso di cambiare la proposta voluta fortemente dai 5 Stelle e da questi imposta all’attuale maggioranza? Cambiare fin dall'inizio in parlamento il testo avrebbe allungato di qualche mese, ma almeno sarebbe stata risparmiata al paese dopo oltre un anno la commedia delle modifiche richieste e mai arrivate. Del resto il testo del taglio del parlamento è stato sostanzialmente concordato durante il governo Conte 1 tra Lega e M5Stelle e non si vede perché cambiando la maggioranza con l’ingresso del Pd e di Leu non era possibile concordare un nuovo testo, inserendo da subito le modifiche in modo comprensibile. Naturalmente anche un testo modificato poteva risultare inaccettabile ma almeno tutte le carte sarebbero state sul tavolo e il giudizio sarebbe stato più lineare. Invece così siamo arrivati ad un pasticcio in cui non ci sono veri punti fermi se non il taglio del parlamento, del quale sarebbero beneficiari solo i 5 Stelle, o almeno così pensano loro. Questa ansia di cambiare qualcosa è solo la conferma che il taglio del parlamento è semplicemente sbagliato. Per fortuna il risultato del referendum può ancora bloccare questa proposta e consentire di discutere dopo la bocciatura di questa manomissione della Costituzione serenamente di come rilanciare il ruolo del parlamento nel nostro assetto costituzionale... Continua a leggere...
(articolo di Alfiero Grandi su www.jobsnews del 19/09/20)
Diciamo con chiarezza che se per fare passare la modifica di un punto decisivo della Costituzione occorre “promettere” altre modifiche vuol dire che quella che viene portata al voto domenica e lunedì è un pasticcio che non convince fino in fondo nemmeno chi dice di sostenerla
Senza l’iniziativa del No il taglio del parlamento sarebbe passato sotto silenzio e le elettrici e gli elettori si sarebbero accorti degli effetti troppo tardi, a cose fatte.
Proprio chi ha voluto il taglio del parlamento, che è un pesante colpo al suo ruolo e porterà ad un suo ridimensionamento a favore del potere del governo di imporre le sue scelte e dei poteri economici e finanziari che da tempo tentano di ridurre il potere del parlamento, non solo in Italia, di accentrare le scelte decisionali, di renderle nascoste agli occhi della maggioranza dei cittadini e non controllabili.
Solo l’azione del parlamento, con le sue leggi, potrebbe riuscire ad avere un potere di controllo e di decisione sui poteri e portare a sintesi le diversità territoriali e sociali. Durante la pandemia abbiamo capito tutti che occorre un forte ruolo nazionale per garantire a tutti i cittadini, ovunque risiedano, gli stessi diritti effettivi, ma se dovesse uscire ridimensionato il parlamento, per la vittoria del Si, non solo nel numero ma soprattutto nel prestigio e nel ruolo, tutto sarà più difficile... Continua a leggere...
(articolo di Alfiero Grandi su www.jobsnews del 30/09/20)
Siamo ancora in tempo a batterci per la democrazia costituzionale e parlamentare
Il punto più dolente della campagna per il No è stato di non essere riuscito a contrapporre alla campagna populista scagliata contro il parlamento una posizione contraria altrettanto forte, capace di smuovere un immaginario di massa sulla base della convinzione che questo parlamento può e deve essere spinto ad impegnarsi per fare uscire l’Italia dalla crisi causata dalla pandemia, malgrado un sistema di elezione sbagliato e una qualità inadeguata della sua composizione. Il futuro parlamento, ridotto di numero e meno rappresentativo avrà difficoltà ancora maggiori a svolgere questo ruolo, oggi decisivo per il futuro del nostro paese. La lontananza da un impegno nel referendum di settori sociali fondamentali come il mondo dei lavori e della sua rappresentanza sindacale ha certamente indebolito la credibilità di un impegno per spingere il parlamento alla consapevolezza della necessità che svolga fino in fondo il suo ruolo. Il No ha pagato lo scotto di questo stare a guardare. Purtroppo questa disattenzione del mondo dei lavori e dei sindacati rischia di essere pagata pesantemente proprio da questo stesso mondo, che è rimasto ad assistere senza entrare in campo, tranne apprezzabili eccezioni, e oggi ha meno spazio di intervento di prima.
Il risultato del referendum è netto: 70% per il Sì, 30% per il No. Certo, se si pensa al punto di partenza (la previsione di un 90 a 10) e alle tante iniziative per condizionare il risultato (election day, campagna elettorale accorciata, ecc.) il risultato finale non è affatto disprezzabile. Anzi, è la conferma che la campagna del No ha costretto il Sì a impegnarsi, perché il risultato non era più così scontato, a differenza dell’inizio. La democrazia ci guadagna quando il confronto politico tra le posizioni obbliga tutti ad impegnarsi e porta ad un aumento dei partecipanti al voto, in particolare se si tratta di Costituzione. Purtroppo, l’accorpamento di più elezioni nelle stesse giornate ha nascosto largamente il valore di una scelta che ha modificato in modo non marginale la Costituzione e la maggiore partecipazione al voto è stata condizionata da questa scelta di mascheramento, la differenza tra regioni è evidente. Anche l’articolazione dei risultati del No tra centri urbani grandi e piccoli, tra aree socialmente diverse e tra aree del Nord e del Sud ha un significato politico e sociale rilevante, anche se non è arrivato ad invertire il risultato finale.
Il risultato del referendum porterà tra qualche tempo (difficile dire quando con precisione) gli elettori a votare per eleggere 400 deputati e 200 senatori. Se il parlamento non sostituirà rapidamente la legge elettorale fatta approvare da Calderoli per conto della Lega nel maggio 2019, già in vigore, approvandone una nuova che la sostituisca, i contraccolpi negativi del taglio del parlamento si faranno sentire pesantemente. Certo, per arrivare alla nuova legge elettorale sono in programma altre modifiche della Costituzione, definite quando le sinistre hanno capovolto la loro posizione precedentemente contraria. Ad esempio, occorre decidere se il Senato così rimpicciolito continuerà ad essere eletto su base regionale. Questo sancirebbe di fatto un sistema elettorale ipermaggioritario, con soglie del 25-30% nelle regioni più piccole, qualunque sia la soglia di accesso formalmente prevista dalla futura legge elettorale... Continua a leggere...
articolo di Alfiero Grandi su www.transform-italia.it del 7 Ottobre 2020
Una riflessione sullo stato della nostra democrazia non può che iniziare da un quadro più complessivo. Da tempo vengono osservati altri paesi per i quali sono stati coniugati nuovi termini come “democratura”, cioè forme istituzionali che intrecciano forme della democrazia, come elezioni più o meno libere, con altre tipiche di un governo accentrato in èlite ristrette e di una burocrazia strutturata che garantisce che le strutture dello stato siano al servizio del potere, fino a comprimere libertà democratiche individuali e le associazioni autonome, a volte superando i limiti delle garanzie basilari e attentando alla vita stessa.
Diversi paesi come la Russia, la Turchia possono essere inclusi in questo blocco e purtroppo l’elenco sta crescendo perchè i poteri economici e finanziari dominanti hanno un occhio di riguardo per queste situazioni, a cui chiedono garanzie ma si guardano bene dal sollevare questioni di libertà e di democrazia. Finanche la Cina in certe fasi è stata guardata con ammirazione.
Altri paesi mantengono l’impianto democratico ma sono guidati da una maggioranza settaria ed escludente, che tende a uniformare il ruolo dello stato e delle strutture pubbliche alla sua ideologia discriminatoria. La conquista della maggioranza viene fatta coincidere con l’occupazione ideologica dello stato, rimettendo in causa conquiste e diritti fondamentali. In questo novero rientrano Polonia, Ungheria, ecc. dando vita ad una sorta di dittatura della maggioranza che non si fa ritegno di considerare le proprie opinioni le uniche che hanno diritto di esistere e comprimendo autonomia della magistratura e dell’informazione. Anche questa versione, che cerca di mantenere un equilibrio tra mano libera nello sconvolgimento all’interno e relazioni internazionali basate su convenienze, è in crescita e ha un ampio insediamento nei paesi dell’est... Continua a leggere...
(articolo di Alfiero Grandi su Domani 27/10/20)
Sono stato contrario al Mes e al condizionamento esterno usato per mettere in riga gli italiani e costringerli ad accettare scelte altrimenti indigeribili.
L'episodio più grave è stata la modifica dell'articolo 81 della Costituzione che ha introdotto l'obbligo del “pareggio” di bilancio, dal quale ci si può scostare solo con un voto qualificato del parlamento e che solo pochi giorni fa ha tenuto in ansia la maggioranza al Senato. Modifica decisa con una maggioranza dei 2/3 in parlamento, confermando che grandi convergenze sono sempre sono benefiche - come conferma il taglio dei parlamentari - se hanno l'obiettivo di impedire il referendum popolare, scrivendo una pagina di subalternità ai rigoristi europei. Oggi tanti hanno cambiato parere sull'incauta modifica dell'art 81 e la stessa Unione ha sospeso l'austerità e lanciato un piano solidale europeo per fronteggiare la crisi provocata dalla pandemia... Continua a leggere...
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