Alle ragioni del No - già ben illustrate da Alfonso Gianni - mi limito ad aggiungere che il taglio del parlamento del 37% è grave in sé, in quanto scarica su Camera e Senato le contraddizioni, gli errori, i ritardi e i problemi non risolti di un intero assetto istituzionale - a partire dal governo. Che non trova di meglio che intaccare pesantemente la credibilità e il ruolo di un architrave come il Parlamento, che deve rappresentare lo snodo essenziale della rappresentanza dei cittadini. La motivazione dei costi è semplicemente ridicola. Per dimostrare un risparmio hanno dovuto arrotondare verso l’alto il totale e moltiplicare per 10 anni, un trucchetto da baraccone...
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LA DEMOCRAZIA NON E' SCONTATA no al taglio dei parlamentari
di Alfiero Grandi
Libro in edicola dal 6 marzo con Left
non vendibile separatamente dal settimanale: 10,40 euro (6,50+3,90)
Offerta speciale per i Comitati: I Comitati per il No potranno acquistare il libro separatamente da Left - da un minimo di 5 ad un massimo di 100 copie - a 3 euro/copia, ritirando i volumi presso la sede di Left oppure pagando le spese di spedizione.
In appendice una selezione di articoli pubblicati dalla rivista Left, firmati da Domenico Gallo, Felice Besostri, Giovanni Russo Spena e molti altri
Il nuovo libro edito da Left è realizzato in collaborazione con il Comitato per il NO al taglio del Parlamento promosso dal Coordinamento per la Democrazia costituzionale, di cui l'autore è vice presidente.
Presentazione:
Tagliare il parlamento: la banalità di una scelta sbagliata.
Cambiare la Costituzione, tagliando del 37 % i Deputati e i Senatori, è l'inizio di un cambio della sostanza democratica del nostro paese, delle sue regole.
Il ruolo del parlamento, architrave della Costituzione, viene colpito nella sua capacità di rappresentare la volontà di elettrici ed elettori.
Il governo dovrebbe attuare le decisioni del parlamento mentre oggi impone le sue scelte con decreti, voti di fiducia, uso dei regolamenti ad un parlamento di nominati - di fatto - dai capi dei partiti.
Tagliare il parlamento lo renderà ancora meno rappresentativo delle elettrici e degli elettori.
La giustificazione del risparmio è ridicola: la democrazia non ha prezzo, basta ricordare quando il fascismo ha trasformato nel 1939 la Camera dei deputati in organo del regime.
Occorre votare No il 29 marzo per fermare una deriva politica che vuole riscrivere la Costituzione.
Ai comitati territoriali per il No sarà possibile acquistare per 3 euro un numero di copie del libro, da un minimo di 5 a un massimo di 100, ritirando direttamente le copie presso Left oppure pagando le spese di spedizione
Per acquisto copie contattare lorenzo.canti@editorialenovanta.it
Nell’articolo sul manifesto (8 febbraio), Fabio Vander solleva diversi problemi sul referendum costituzionale. Allarme condivisibile. Se si cambia la Costituzione per consentire un accordo di governo ci si avvia su una china pericolosa. Eppure non hanno reagito esponenti della sinistra che avevano definito la Costituzione la più bella del mondo. Né altri che l’avevano definita un bene comune, da tutelare per il bene della democrazia in Italia.
Eppure nel 1939 la Camera è stata in abolita dal fascismo che ne ha fatto un organo del regime. Il parlamento è stato riconquistato dopo la vittoria sul nazifascismo, con l’elezione della Costituente, che ha consentito alle donne di votare per la prima volta, e con la Costituzione, che ha al centro il parlamento come lo conosciamo oggi.
Curiose le posizioni in campo. La destra, che oggi sbraita, ha approvato il taglio del parlamento perché ha ceduto al richiamo della foresta dell’antipolitica. Prima la Lega al governo, poi Fratelli d’Italia e Forza Italia...
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(articolo del 9/2/20 di Alfiero Grandi su www.jobsnews.it)
Il governo sembra spesso sul punto di entrare in crisi, poi finora ci ha abituati ad un guizzo che fin qui gli ha consentito di continuare.
La questione è troppo seria per non rifletterci su.
Anzitutto si conferma che il referendum costituzionale ha obiettivamente allungato i tempi di vita del governo, ma che il “partito” che ne vorrebbe la crisi e tornare al voto prima possibile è al lavoro, più che mai...
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