(articolo di Alfiero Grandi pubblicato dal Il Fatto Quotidiano il 20/8/20)
Nota di presentazione:
Preferisco inviare a chi interessa la versione originale dell'articolo che non si rivolgeva, come si può vedere sotto, al direttore del Fatto Marco Travaglio, ma più semplicemente utilizzava lo spazio chiesto al quotidiano e concesso dal direttore per esporre le ragioni del No.
L'escamotage "caro direttore " aggiunto in capo all'articolo è servito a Travaglio per intrecciare nel suo fondo una polemica astiosa, non gradevole sul piano personale, ma soprattutto con ironie e giudizi fuori luogo sul merito dell'articolo che espone semplicemente gli argomenti a favore del No.
L'obiettivo del mio articolo era portare sulle pagine del Fatto posizioni che finora non hanno avuto ospitalità perchè il quotidiano sostiene esplicitamente il Si e vi compaiono solo queste posizioni.
Travaglio ha scelto, purtroppo, di rispondere con una stroncatura dell'articolo, tradendo un nervosismo esagerato sul referendum costituzionale. Alla matita rossa e blu usata a sproposito, tra cui falsi che vede solo lui, si può rispondere con Totò: ma mi faccia il piacere.
Per sostenere le ragioni del No, di cui sono convinto, scriverei su qualunque giornale, le conseguenze non mi interessano.
TAGLIO PERCHE' NO (titolo del quotidiano)
Le ragioni del referendum costituzionale sono quasi ignote.
Sull'onda di un populismo montante è stato individuato nel taglio dei parlamentari l'obiettivo principale. E' vero: i parlamentari non hanno fatto molto per dimostrare che il loro ruolo è decisivo per la democrazia, arrivando a votare la legge per il taglio del 36,5% del parlamento per opportunismo, per incapacità di opporsi, per obbedienza ai capi. Forse pensando possa essere un deterrente per far durare questa legislatura.
Tuttavia il ruolo del parlamento va al di là dei suoi componenti, che possono essere non adeguati, perchè la nostra democrazia, fondata sulla Costituzione, non sarebbe più tale senza il suo asse portante.
I colpevoli ? Anzitutto leggi elettorali che assegnano da anni ai capi partito la nomina di deputati e senatori e l'hanno tolta ai cittadini che non possono scegliere chi verrà eletto. Gli attuali partiti sono in sostanza macchine elettorali e di potere, incapaci di un confronto politico sulle scelte che la nostra società dovrebbe fare per il futuro. Pesa una società frantumata, ripiegata, preda di interessi vecchi e nuovi.
Tagliare il parlamento non gli ridarà un ruolo centrale, anzi peggiorerà la situazione. Il parlamento dipinto come casta serve a nascondere il ruolo accresciuto del potere dei governi, comprese le nomine che effettuano. Il maggior potere dell'esecutivo è a spese del parlamento, che è sottoposto alla grandinata dei decreti, dei voti di fiducia, sotto la minaccia costante di una crisi, e di elezioni anticipate.
Il parlamento è ridotto a ratificare le decisioni del governo che ne dilatano il ruolo e che da controllato diventa potere imposto alla rappresentanza, lo dimostrano provvedimenti monstre e leggi approvate senza nemmeno essere lette.
Il M5Stelle vuole mettere alla gogna il parlamento, mentre invece il suo ruolo dovrebbe essere rilanciato, dimenticando che ruolo di governo e potere lo hanno assimilato sempre più alla cosiddetta casta, come dimostra la difesa del suo ruolo di governo.
Il Movimento è succube di una ideologia che ha spinto Davide Casaleggio a parlare di un prossimo superamento del parlamento, offrendo una cornice teorica che rende inquietante il taglio attuale.
Il resto della maggioranza ha subito la scelta sull'altare del governo, capovolgendo posizioni precedenti. In campagna elettorale al No basterebbe ricordare le ragioni dei voti contrari iniziali di Pd e Leu, quando la sinistra in parlamento era contro.
La Costituzione non doveva entrare in un accordo di governo. Così è evidente che il M5Stelle ha modificato posizioni precedenti, ora perfino i due mandati e le alleanze con partiti.
La nuova maggioranza ha votato il testo concordato dalla precedente maggioranza Lega M5Stelle con in cambio improbabili riequilibri: altre modifiche costituzionali e una nuova legge elettorale, dimenticate per un anno. Ricordo che Calderoli impose il voto sulla sua legge elettorale, ora in vigore, insieme alla terza lettura del taglio.
La discussione sul taglio del parlamento è immiserita da una ridicola promessa di risparmio proprio quando l'Italia aumenta il deficit di 100 miliardi e avrà aiuti europei per centinaia di miliardi. Nessun serio accenno al rilancio del ruolo del parlamento.
Non a caso la destra ha riesumato il suo vecchio obiettivo presidenzialista, raccogliendo firme, chiedendo pieni poteri, con l'obiettivo di arrivare ad un Presidente non più garante ma capo della fazione vincente.
L'assetto attuale del parlamento è immodificabile ? No. A condizione che sia parte di un rilancio del suo ruolo e della democrazia.
Il confronto europeo non lascia dubbi, l'Italia ha un rapporto eletti/elettori in linea con i grandi paesi europei. Per gli altri il confronto è fin troppo favorevole, soprattutto se il confronto è tra le “camere basse”. Resta il problema delle camere alte. Non tutti le hanno e le origini sono diverse. In Italia se ne è discusso senza trovare consensi sufficienti. Nel 2016 fu bocciata la proposta Renzi. Se vincerà il No sarà sempre possibile ragionare su una differenziazione dei compiti, mentre se il taglio passerà avremo 2 camere con poteri identici ma con numeri che ne renderanno difficile funzionamento e ruolo. Sarà impossibile la proporzionalità al Senato in almeno 9 regioni. Il taglio del parlamento limiterà la presenza a 3, massimo 4 partiti, gli altri elettori non saranno rappresentati e tanti territori, più gli italiani all'estero, saranno sotto rappresentati.
Fermare il taglio era meglio, bocciarlo il 20/21 è indispensabile."
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