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La mia non è l'ingenuità dell'orbo in un mondo di furbi, ma quella di chi preferisce consapevolmente la buona fede alla furibizia

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Dal rifiuto della guerra alla difesa delle istituzioni e dell’unita’ nazionale: la sfida tra destra e sinistra è sulla Costituzione
.:: Alfiero Grandi Pubblicato in data:  04/10/2024  16:00:04, in Politica, letto 289 volte
(www.scrisciarossa.it - 04 ottobre 2024)

Pietro Spataro ha il merito di provocare una riflessione nell’opposizione definita “campo largo”. Definizione in realtà poco attraente. Come minimo l’aggettivo “largo” andrebbe sostituito da “alternativo”, ovviamente alla destra. E’ una riflessione urgente perché la situazione è preoccupante, la guerra domina gli scenari. La guerra oggi influenza pesantemente le situazioni nazionali ed internazionali, provocando fin troppa assuefazione alle stragi e inducendo la convinzione che sia il mezzo per regolare le contese, con conseguenze come ridurre tutto alla contrapposizione amico/nemico, bene e male. Chi non è d’accordo con questa Nato è automaticamente classificato come putiniano, anche se pensa tutto il male possibile della scelta della Russia di invadere l’Ucraina e del suo prestarsi a diventare l’alibi per i guerrafondai dell’occidente e dei potenti interessi collegati.

La guerra è il primo punto da affrontare per qualunque tipo di alternativa politica alla sudditanza attuale dell’Italia e dell’Europa. Giorgia Meloni non a caso ha scelto l’atlantismo, senza se e senza ma, come via per la sua legittimazione internazionale, inserendosi in una linea iperatlantista dell’Unione europea, nella quale non si distingue tra compiti della Nato e dell’Unione.

Un’alternativa politica a questa destra, che si è schierata con gli Usa, per legittimarsi non può restare ristretta nell’area della stessa posizione politica internazionale. Non è vero che alleanza coincida con sudditanza, anzi chi si presenta come alternativa alla destra non può che rivendicare la sua diversità. Mi limito a due aspetti decisivi.

Primo, il ruolo delle sedi internazionali a partire dall’Onu per regolare le divergenze nel reciproco interesse, facendo prevalere la coesistenza tra diversi sull’uso della forza. Da decenni le potenze, a partire dagli Usa, hanno colpito la credibilità delle sedi internazionali, decidendo motu proprio l’avvio di guerre e facendogli mancare le risorse, un esempio recente nel disastro umano di Gaza. Rooselvet ha lavorato per creare sedi internazionali come l’Onu che superassero i limiti della Società delle nazioni mentre oggi prevale l’idea che tutto dipende dalla potenza mondiale degli Usa, certamente enorme ma nell’impossibilità di controllare e regolare i conflitti in solitudine. Bisogna ripartire da Rooselvet per definire un nuovo sistema di regole e strumenti internazionali in grado di fare rispettare le decisioni.

Il secondo, se l’accento viene messo sulla guerra unilaterale come strumento di regolazione ne consegue che le risorse vengono dirottate in questa direzione togliendole da altri campi: cambiamento climatico in primis, ma anche interventi per ridurre le disuguaglianze nei e tra i paesi, sempre più marcate, perfino i due pasti al giorno per tutti i bambini non sono assicurati. E’ impressionante che 10 persone nel mondo abbiano lo stesso reddito di alcuni miliardi di persone. Una società più ingiusta, più chiusa in sé stessa, in definitiva egoista. Per risalire la china occorre che riprenda quota un concetto semplice e forte, la coesistenza pacifica tra diversi, l’accettazione che la competizione tra diversi sia pacifica, con conseguenti accordi sulla limitazione e la riduzione delle armi, anche per liberare risorse verso le persone che ne hanno bisogno.

Andando avanti come oggi l’umanità rischia di autodistruggersi, l’olocausto nucleare non è un’ubbia ma un concreto pericolo.

Siamo alla vigilia di cambiamenti, ma non è detto che saranno positivi, occorre avere un’utopia realistica di cambiamento, in grado di bloccare la corsa verso l’abisso.

Questo ha conseguenze dirette nella discussione sul cosiddetto campo largo, tanto più che nelle elezioni del 2022 la possibile alternativa è stata impedita proprio da una linea di mera obbedienza alla linea Nato.

Non è un caso che ottenuta la maggioranza in parlamento (59%) con una minoranza di voti (44%) e di elettori (28%) la destra ha iniziato un attacco sistematico alla Costituzione. Questa era la piattaforma politica da usare come base per la coalizione alternativa, in presenza di una legge elettorale assurda come il rosatellum, che ha consentito questa vittoria drogata alla destra. Chi doveva sapeva cosa sarebbe accaduto come risultato elettorale.

Sottolineo che la Costituzione è un programma politico e un insieme di principi e regole istituzionali per garantire continuità alla democrazia italiana, per impedire il ritorno del fascismo sotto ogni forma. Un’impresa formidabile e lungimirante, resa possibile dalla comune volontà di ricostruire l’Italia dopo le distruzioni della guerra.

Una parte della società italiana non ha mai accettato il patto costituzionale. Siamo perfino arretrati da quando Fini indicò alla destra l’accettazione sostanziale della Costituzione e delle regole democratiche.

Dichiararsi antifascisti è una difficoltà per la destra oggi al governo.

Anche le sinistre hanno avuto tentazioni con motivazioni diverse di proporre modifiche sostanziali della Costituzione. Dire che si trattava solo della seconda parte era una foglia di fico che ignorava che i meccanismi decisionali sono decisivi per realizzare i principi/obiettivi della prima parte.

Le sinistre non hanno avuto mano felice, nel 2001 le modifiche costituzionali al titolo V avrebbero dovuto togliere spazio alla Lega con l’incredibile risultato di perdere comunque le elezioni e di scrivere formulazioni, come il 116 e il 117, che con la previsione del potere concorrente hanno generato un enorme contenzioso Stato/Regioni presso la Corte ( 2000 cause) e lasciando Calderoli padrone di usarne le ambiguità per costruire la sua legge che contrasta con i principi fondamentali della Costituzione.

Gli articoli 116 e 117 modificati hanno contraddetto l’esigenza di un’ottica nazionale nella sanità, dove la regionalizzazione è all’origine di 20 sistemi sanitari diversi (pensiamo alla stucchevole negazione del diritto delle donne alla contraccezione e all’aborto) evidenziando seri guasti in occasione del Covid, superati solo dallo stato di emergenza per la pandemia. Eppure la sanità è un punto cruciale della coesione sociale nazionale e per la vita delle persone.

In occasione del referendum del 2016 contro il tentattivo di deformazione costituzionale di Renzi fu chiaro che le modifiche non debbono stravolgere (ricordiamolo nella discussione sul dentro/fuori di Renzi) l’impianto della Costituzione ma debbono essere correzioni precise, puntuali.

Non è inimmaginabile oggi la scrittura di una nuova Costituzione. Basta pensare alla Resistenza e all’antifascimo del dopoguerra. Oggi siamo in una fase di restaurazione, regressiva, più che di spinta progressista, come dimostra il peso che ha la guerra, affrontata in modo esemplare nell’articolo 11: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà e per risolvere le controversie”… In questo non ci sta Putin e neppure questa Nato. Anche le posizioni della destra al governo su ambiente e territorio sono incuranti della gravità del cambiamento climatico e dei suoi effetti disastrosi mentre plaudono a tutte le posizioni restauratrici, nucleare civile compreso, e contro le innovazioni indispensabili per l’ambiente.

Nei tentativi passati di cambiamento della Costituzione c’è stato un comune errore di fondo sui quorum di garanzia pensati nel 1948 con un sistema elettorale proporzionale, che non sono stati modificati a fronte dell’introduzione di leggi elettorali maggioritarie.

Questo rende possibile oggi a una destra che non ha il coraggio di rompere con il fascismo di tentare di stravolgere la Costituzione con l’obiettivo di introdurre la sua impronta: un presidenzialismo declinato come premierato con elezione diretta, senza contrappesi,  riducendo il parlamento ad un ruolo definitivamente subalterno, ridimensionando il ruolo di garanzia e i poteri del Presidente della Repubblica, il tutto accompagnato da stucchevoli menzogne.

Aggiungo la separazione delle carriere dei magistrati che punta a superare l’obbligatorietà dell’azione penale e a portare i pm sotto il controllo del governo.

L’autonomia regionale differenziata di Calderoli è la prova generale dello scardinamento della Costituzione che afferma all’articolo 1: L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Una, quindi il secessionismo non è possibile. Eppure la destra per il potere nega sè stessa e purtroppo anche i diritti fondamentali uniformi dei cittadini: dalla salute, all’istruzione, alla previdenza e all’assistenza, all’ambiente, ad un lavoro che non metta in pericolo la vita, rendendolo invece parte fondamentale del paese.

L’ascensore sociale è fermo, solo la dialettica sociale e le lotte possono garantire che si rimetta in moto, dando sostanza alla democrazia della nostra Costituzione.

Mi auguro che la Corte approverà il quesito sostenuto da più di 1 milione di firme, come quella per la cittadinanza e i 4 promossi dalla Cgil per i diritti, contro la precarietà e i subappalti che mortificano la salute e la qualità del lavoro. Sono 6 Si.

L’Italia è e deve restare una repubblica parlamentare. Per esserlo ha bisogno di parlamentari che non siano ridotti a yes men, di una nuova legge elettorale sostanzialmente proporzionale che preveda la loro scelta diretta da parte degli elettori.

Una forte repubblica parlamentare, capace di dare spazio ai referendum e alle leggi di iniziativa popolare.

In sostanza: il contrario della Capocrazia che propone Giorgia Meloni.

La destra punta a stravolgere la Costituzione, la sinistra, i progressiti debbono puntare ad attuarla e difenderla, con una scelta netta.

Abrogando la Calderoli si aprirebbe un problema nella destra perché verrebbe alla luce la contraddizione di fondo della coalizione: unita da un patto di potere da cui ciascuno si aspetta il suo tornaconto. Se il patto di potere si romperà si deve tornare a votare e in questo caso l’opposizione deve dimostrare di essere un’alternativa credibile e l’attuazione della Costituzione essere il punto di riferimento.

Teniamoci stretta la Costituzione, correggiamo errori passati, facciamola vivere nel concreto della vita dei cittadini per alleviarne difficoltà e sofferenze, per offrire una proposta di futuro.

Resta il problema di come costruire una coalizione alternativa alla destra. Difficile immaginare l’approvazione di una nuova legge elettorale in questa situazione, va respinta con tutti i mezzi una proposta della destra che attui il maggioritario previsto dal premierato, più probabile dover tornare al voto con la stessa del 2022, quindi la coalizione va costruita prima possibile. E’ una precondizione. Come ? Bene i punti unitari come i referendum di cui sono state raccolte le firme, sono battaglie di grande importanza ma i partiti di opposizione alla destra debbono fare partire prima possibile la costruzione di un percorso simile alla “fabbrica per il programma” di epoca prodiana. Ci furono fin troppi sorrisetti sulla lunghezza dei documenti programmatici, eppure in Germania il programma comune raggiunto era altrettanto corposo. Non si sfugge dall’esigenza di elaborare una piattaforma sufficiente a fare capire che l’alternativa è possibile ed è pronta a governare e sinceramente mi sembra che questo appuntamento non possa essere più rinviato, poco importa se siano tutti d’accordo i soggetti che potenzialmente dovrebbero farne parte.

Si ponga il problema e inizi la discussione, senza perdere altro tempo, una grande partecipazione può aiutare a sciogliere le ambiguità.

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