Quanto è accaduto a Roma è gravissimo. L’assalto alla sede della Cgil e la sua devastazione, il tentativo – per fortuna non riuscito – di assaltare anche la Presidenza del Consiglio, avere tenuto in ostaggio per ore in modo violento il centro di Roma sono gravi segnali che non possono essere sottovalutati.
Occorre reagire con nettezza e con forza, superando sottovalutazioni ed errori precedenti.
Non possiamo dimenticare che all’inizio di questo anno c’è stato l’assalto al Campidoglio di Washington, sede del parlamento, ispirato dal Presidente uscente Trump. Un atto eversivo, un attacco alle istituzioni USA. Ci sono differenze con quanto è accaduto a Roma, è evidente, ma il tentativo di assalto alla Presidenza del Consiglio e la devastazione della sede della Cgil appartengono ad una nuova qualità di azioni, apertamente eversive e violente, nel cuore di società democratiche, nel cui ambito un risorgente neofascismo ha avuto un ruolo dirompente. Purtroppo chi manifestava a Roma non ha compreso l’importanza di prendere le distanze da iniziative apertamente squadriste, anzi in qualche caso è stato a sentirne i rappresentanti, come in piazza del Popolo.
L’assalto alla sede nazionale della Cgil inevitabilmente rievoca immagini di molti anni fa, quando il fascismo si manifestò proprio con l’assalto alla Camere del lavoro. I lavoratori organizzati, le loro rappresentanze sono da sempre nel mirino di queste iniziative neofasciste. Questa minoranza fascista violenta punta a dimostrare di essere in grado di tenere in scacco lo stato, di imporre con la violenza la propria presenza e usa gli spazi offerti da una situazione sociale deteriorata dalla pandemia e l’inquietudine di settori della società, che sono contrari o hanno seri dubbi verso provvedimenti come il green pass e l’obbligo vaccinale per alcune categorie. Provvedimenti finalizzati a combattere la pandemia. Va detto che alcune frange estreme del malessere derivante dalla pandemia e che contrastano le risposte che sono state date hanno partecipato all’assalto alla sede della Cgil, come dimostra un filmato di vanteria diffuso sui social da “Io apro”.
C’è stata finora troppa sottovalutazione e tolleranza verso l’escalation squadrista, verso l’aperta rivendicazione neofascista, verso l’evidenza organizzata delle loro iniziative, quasi fossero folklore del passato. Invece sono un’offerta attualissima di uno strumento sovversivo a settori che non distinguono tra le forme di lotta consentite in un ambito democratico e quelle apertamente fasciste. Il dissenso verso i vaccini e i green pass stanno consolidando un’area critica, contraria o non convinta, in una parte del paese che finisce con l’essere ambito in cui puntano a mimetizzarsi azioni eversive e apertamente neofasciste. La provocazione e l’attacco fascista non sono la stessa cosa dell’area critica, ma questa posizione di dissenso non ha elaborato – finora – una netta distinzione verso atti di violenza, eversivi, apertamente neofascisti. Va rilanciata un’azione di convinzione e di dialogo per convincere e aiutare la distinzione da atteggiamenti sovversivi e neofascisti.
La critica e il dissenso sono parte della dialettica democratica. La provocazione e lo squadrismo invece non possono trovare alcuna tolleranza ed è interesse di chi vuole dissentire liberamente rendere netto il confine con lo squadrismo e l’eversione, che vanno al contrario combattuti senza esitazione. Quanto è grave il rigurgito neofascista in Italia? L’allarme esiste da tempo, finora poco ascoltato, guardato con sufficienza e sottovalutazione, quasi fosse un’esagerazione. Ed è stato sottovalutato che sta da tempo crescendo un estremismo che a volte assume caratteristiche contigue allo squadrismo neofascista e che in alcune situazioni può diventare convergenza. Non sono posizioni coincidenti ma comportamenti simili possono creare una situazione preoccupante. I rigurgiti neofascisti, troppo a lungo sottovalutati, si sono inseriti all’interno di questo quadro di dissenso, talora radicale, che si fa coinvolgere in reazioni violente. Lo squadrismo però ha l’obiettivo di portare nel paese un clima di paura, di autoritarismo come reazione a tentativi apertamente eversivi.
Lo squadrismo neofascista ha un obiettivo politico ed istituzionale sovversivo antidemocratico che si ispira al passato, che la nostra Costituzione vieta in radice.
Purtroppo le posizioni politiche di partiti di destra come la Lega e FdI non riescono a prendere le distanze, a condannare gli episodi con la chiarezza che si impone in una situazione come questa e finiscono con il condannare solo una generica violenza senza andare al cuore del problema. Troppi ammiccamenti hanno lasciato a destra ambiguità pericolose. L’assalto alla sede della Cgil è un atto gravissimo, la condanna è una premessa necessaria ma non basta, anzi potrebbe diventare un alibi per non fare seguire i fatti alle dichiarazioni. Eppure da anni l’ANPI, le organizzazioni sindacali, altre associazioni hanno messo in guardia da una sottovalutazione inaccettabile e chiesto che venissero attuati i provvedimenti repressivi previsti dalle leggi del nostro paese. Leggi di contrasto al neofascismo, ispirate alla Costituzione che vieta la ricostituzione sotto qualunque forma del partito fascista e più in generale vieta l’apologia del regime da parte di chi vuole in forme più o meno dissimulate arrivare alla sua ricostituzione.
Verso questa richiesta c’è stata disattenzione, sottovalutazione, come ha ricordato con forza don Ciotti dalla marcia della pace ad Assisi. I risultati oggi sono sotto gli occhi di tutti. Per questo la reazione a quanto è avvenuto deve essere una ferma e duratura iniziativa antifascista, partendo dallo scioglimento delle organizzazioni che ad esso si richiamano e reprimendone gli atti che ne sono la conseguenza. Se le norme esistenti non bastano ne vengano approvate altre, come da tempo chiede l’ANPI, per iniziativa del governo e della maggioranza parlamentare.
Infine qualche considerazione sul contesto sociale ed economico.
Occorre coinvolgere i sindacati, in quanto rappresentanza, e gli stessi lavoratori nell’attuazione delle scelte che il governo porterà avanti per il PNRR. Landini ha fatto benissimo a lanciare questa parola d’ordine. L’Italia deve cambiare in profondità. L’obiettivo di contrastare con determinazione il cambiamento climatico porta alla necessità di attrezzare politiche di guida e intervento pubbliche verso una transizione ecologica, urgente ed indispensabile, consapevole dei problemi, dei possibili contraccolpi sociali che questo potrebbe comportare. Per questo l’attuazione del PNRR non può essere un prodotto tecnocratico, né tanto meno ridotto a delega alle imprese attraverso i bandi. Occorre che questo strumento fondamentale per cambiare l’Italia, con il sostegno dell’Europa, si attrezzi per guidare la transizione dal vecchio sistema produttivo e sociale a quello futuro, mettendo il lavoro al primo posto, al centro e protagonista del processo di cambiamento. Basta pensare all’aumento dei prezzi in corso. Sta rapidamente diventando un logoramento del potere di acquisto – già compresso in precedenza – di chi lavora, con il rischio di allargare l’area di chi lavora e malgrado questo resta povero.
Nel 1993 furono adottati meccanismi di programmazione, controllo e partecipazione che consentirono di evitare di scaricare ulteriormente sul lavoro i costi della crisi dell’epoca. Oggi vanno studiati e realizzati strumenti che realizzino lo stesso obiettivo. Altrimenti si potrebbe riproporre un inseguimento tra prezzi e salari che come in passato aprirebbe una frattura tra le condizioni di chi lavora, tra chi è in grado di difendersi e chi non lo è. Buona parte dei lavoratori pagherebbe pesantemente questa differenziazione. La questione del salario minimo deve essere affrontata dentro la soluzione di questo problema. Per quanto detto è importante, decisivo, che riesca al meglio la manifestazione convocata dai sindacati contro lo squadrismo neofascista sabato 16 ottobre a Roma. Dobbiamo essere tutti in piazza con i sindacati.
Non è più un problema del sindacato ma di affermazione dei valori della nostra democrazia, sancita dalla Costituzione, nata dalla Resistenza.