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Sfidare Draghi sul futuro e sulle scelte
.:: Alfiero Grandi Pubblicato in data:  27/02/2021  10:59:23, in Politica, letto 1077 volte
(articolo di Alfiero Grandi su www.jobsnews.it del 27/02/21)

Il governo Draghi è insediato e al completo, quindi può operare e ora occorre incalzarlo per verificare se e in quale misura ci siano disponibilità ad ascoltare e a tenere conto delle richieste che vengono da associazioni, dai cittadini, dal paese.

Naturalmente è lecito avere dubbi e anche qualcosa di più sulla reale capacità del nuovo governo di realizzare gli impegni presi di fronte al parlamento e al paese.

Vale la pena di insistere sull’esigenza di fondo di non restare in attesa ma di farsi sentire al più presto, di incalzare il governo, anche perché alcuni importanti impegni sono a scadenza molto ravvicinata. Se i tempi dovessero slittare l’Italia rischia di pagare un prezzo pesante in salute e nel futuro economico e sociale.

Incalzare, premere sul governo è anche il modo migliore per spingere le forze politiche che sostenevano il governo Conte a non restare in attesa. Nella fase di formazione del governo Draghi non c’è stata sufficiente attenzione, né un confronto sulle scelte tali da rendere visibile e chiaro il modo di stare nella maggioranza e nel governo di questo schieramento con forze di norma antagoniste.

Questo ha lasciato spazio alla destra e in particolare alla Lega per alzare la voce, ad usare toni altisonanti, anche se questo era solo un modo evidente per coprire i voltafaccia improvvisi su argomenti di fondo.

Salvini in particolare ha subito dichiarazioni nette sull’Europa, sull’Euro, sulle alleanze internazionali che hanno stracciato in pochi minuti anni di sedizione leghista. Questo non basta, non è una soluzione durevole in sé, serve solo a ricordare che Salvini e la Lega debbono cercare di nascondere i loro voltafaccia clamorosi e cercano di farlo alzando la voce, minacciando e ringhiando, prendendosela con altri a partire dal Ministro Speranza, oggi più che mai nel mirino della destra, anche se non è l’unico.

La maggioranza del governo Conte non deve assopirsi, tanto meno disgregarsi, anche se il M5Stelle sta attraversando una crisi difficile i cui sbocchi sono per ora imprevedibili.

Tanto più che è evidente una distinzione di ruoli tra Governo e parlamento, con quest’ultimo destinato a poter svolgere un ruolo più autonomo ed impegnativo e non solo sugli argomenti che non sono nel programma del governo Draghi.

Pandemia. Per ora si avverte che le ragioni le difficoltà del governo Conte 2 sono le stesse del governo Draghi: mancano i vaccini, condizione essenziale per vaccinazioni di massa. Il ritmo di vaccinazione per ora è buono ma si esercita su una quantità di vaccini insufficienti a garantire il raggiungimento della soglia necessaria di immunità.

A questo proposito propongo di cassare la definizione immunità di gregge, anzitutto perché i cittadini non sono né possono essere paragonati ad un gregge, notoriamente subalterno, inoltre perché ci sono altre espressioni del tutto paragonabili che non hanno questo tono paternalistico verso i cittadini.

Le dichiarazioni della Commissione europea al venir meno dei vaccini promessi sono risultate inefficaci e nulla di concreto è stato fatto finora, se non minacce senza seguito, tanto che pare che lo stesso Draghi abbia alzato la voce contro le multinazionali che non mantengono gli impegni.

Se dovesse continuare questo stallo inutile prendersela con chi romperà il fronte europeo, che invece è stata una buona scelta per evitare concorrenze interne all’Unione, ma per sostenerla occorrono fatti. Difficile non vedere il parallelismo tra il buon andamento delle vaccinazioni negli Usa accelerate – giustamente – da Biden e in Gran Bretagna da Johnson di fronte all’aggravamento della pandemia. Multinazionali con sede negli Usa non possono non essere state influenzate dal governo USA e AstraZeneca (anglo-svedese) ha  spiegato che l’impegno con la Gran Bretagna era precedente a quello con l’Unione, quindi una certa influenza del governo inglese c’è stata.

Comprensibile l’iniziativa straordinaria per immunizzare di questi paesi, ma anche per questo la Commissione europea deve decidere subito cosa intende fare. O è in grado di imporre l’arrivo dei vaccini promessi alle multinazionali oppure deve imporre, usando le regole internazionali in caso di pandemia (è in corso una raccolta di firme europea che chiede la sospensione dei brevetti e va sostenuta in tutti i modi) e sospendere i brevetti per il periodo necessario di fronte all’emergenza vaccini in Europa, per fronteggiare la pandemia aggravata dalle mutazioni e dalla loro pericolosità.

Tutto non si può fare, o si dà priorità alla salute o si rispettano astratte regole sui brevetti.

Imitare la Gran Bretagna con una sola vaccinazione non è convincente, non solo comunque aumenterebbe di poco le vaccinazioni ma vorrebbe dire prendere atto di un fallimento degli accordi con le multinazionali che invece l’Europa ha tutte le condizioni per costringere a fare quanto è necessario con accordi o con metodi costrittivi. Senza trascurare che ci sono altri vaccini in arrivo e occorre decidere in fretta se sono buoni oppure no, ad esempio quello russo.

E’ un boccone duro da digerire per i liberisti ancora tanto forti in Europa ma la salute della popolazione europea viene prima di tutto. Whatever it takes, disse Draghi dallo scranno della BCE, ora deve ripeterlo con forza da Presidente del Consiglio, altrimenti la spinta propulsiva che voleva imprimere alle vaccinazioni per salvare vite e rimettere in moto l’economia non funzionerà. Ore, non settimane per decidere.

Il secondo punto decisivo su cui puntare è il PNRR. È stato fatto osservare che le decisioni che si prenderanno all’inizio di maggio dureranno fino al 2026 e decideranno del futuro economico e sociale dell’Italia e dopo la presentazione all’Unione non sarà possibile modificare granché.

Draghi ha fatto la scelta istituzionale di partire dall’ultima versione del PNRR presentata al parlamento e agli italiani (e alla Commissione) anche se non definitiva. Il significato di questa scelta non è del tutto chiaro, in ogni caso quel piano va cambiato a fondo, perché non ha la forza di progettare uno sviluppo diverso del nostro paese, né di essere lo strumento per rinsaldare il rapporto Nord/Sud, né di riuscire a inglobare nel futuro quella parte del paese che la pandemia ha gettato ai margini, divaricando condizioni sociali, redditi, ricchezze in modo esplosivo.

Il vulcano sociale ribolle. Occorre il pathos delle grandi scelte, dei momenti di svolta. Può essere che ad un certo punto il blocco dei licenziamenti non regga più, ma allora occorrono progetti nuovi all’altezza del progetto roosveltiano della Tennessee Valley, cioè lavoro creato ad hoc per unire la gestione della tragedia passata con la speranza di futuro. Poiché lo sviluppo innovativo richiede tempi e forza nel frattempo occorre riempire questo vuoto o dopo la crisi da pandemia verrà una nuova fase di crisi sociale ed economica senza speranza, con milioni di persone allo sbando e questo sarebbe un momento tragico per il futuro della nostra democrazia.
Per questo non si può sbagliare, il PNRR deve essere discusso, confrontato, recependo idee forti, cercando di arrivare alla speranza che tutti ce la caviamo, per parafrasare un bel libro.

È vero che contrariamente al passato occorrerà dedicare ben altra attenzione anche alla parte attuativa, che di solito è la parte più trascurata delle politiche dei governi. Basta guardare a quanti decreti attuativi siano tuttora da approvare dei provvedimenti dei governi Conte: un’enormità, e siamo ancora alle carte poi c’è il lavoro per attuare le decisioni.

Tuttavia prima di curare al meglio la procedura attuativa occorre discutere le scelte e queste non sono decisioni che possono assomigliare ai passi felpati tipici degli organi delle banche centrali e non solo. Occorre un dibattito politico pubblico sulle scelte. I partiti della maggioranza precedente vogliono occuparsi del futuro dell’Italia?

Draghi ha preso l’impegno di innovare, andiamo a vedere le carte e incalziamo con proposte che abbiano la necessaria radicalità e fondatezza realizzativa, a partire dalla scelta di una riconversione ambientale dell’economia e di un nuovo sistema energetico. Le banche hanno riverniciato parte delle loro scelte come solidali, alla prova finestra questo si è rivelato non vero. Ora si tratta dell’Italia e questo pericolo non possiamo permetterlo. Non possiamo consentire di riverniciare il vecchio perché non ci sarà una prova d’appello.
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