La scelta del futuro segretario della Cgil viene spesso paragonata ad analoghe scelte precedenti. I paragoni con il passato, quasi fossero quarti di nobiltà da rivendicare, non mi convincono. Ogni situazione va vista a sé. In ogni situazione è stato necessario rispondere a contesti politici e sindacali diversi, a regole diverse, quella attuale è radicalmente diversa da qualunque altra del passato. Oggi il sindacato non deve difendere la sua autonomia, il suo ruolo dai partiti, perché questi o non esistono più o hanno perso radicamento nei luoghi di lavoro. Di più, spesso è prevalsa la tentazione di mettere in un angolo il sindacato, insieme ad un pesante attacco ai diritti dei lavoratori. Il tentativo di mettere in discussione il ruolo del sindacato come rappresentante dei lavoratori non è iniziato con questo governo, è iniziato prima e con Renzi ha avuto un salto di qualità.
I partiti che ora governano pensano di fare da soli. Per il sindacato una sfida non da poco
I partiti che ora governano con un consenso largo pensano di poter fare da soli, senza costruire un vero dialogo sociale, al massimo concedono un consenso subalterno. Per il sindacato la sfida non è da poco, tanto più che anche tra lavoratori, disoccupati, giovani tanti hanno votato per 5 Stelle e Lega, forse per protesta verso chi c’era prima, forse non mettendo in conto tutte le conseguenze. Il sindacato deve decidere il proprio ruolo nella nuova situazione e la Cgil, organizzazione a cui sono legato da sempre, avrà un ruolo decisivo, nel bene e nel male. La situazione attuale ha qualche similitudine con la fase, lontana e diversa, in cui il sindacato aiutò la costruzione di una proiezione politica del mondo del lavoro. Il sindacato ha bisogno di interlocutori politici – non bastano i tavoli di trattativa – e deve trovare un modo nuovo per occuparsene, con autonomia. I dirigenti cambiano e tra poco ci sarà un importante passaggio di testimone in Cgil.
Con l’elezione del segretario generale la costruzione di un gruppo dirigente complessivo
In ogni situazione i gruppi dirigenti debbono trovare le ragioni politiche e le modalità più adatte per scegliere il segretario generale, ma non solo. Per quanto importante sia il segretario generale, va affrontata la costruzione di un gruppo dirigente complessivo. Quanto è accaduto in passato va tenuto presente come storia, senza rappresentazioni piegate all’attualità. Conosco direttamente tre cambi di segretario generale: da Lama a Pizzinato, da Pizzinato a Trentin e da Trentin a Cofferati. Il primo passaggio non fu felice, Pizzinato è un’ottima persona ma il ruolo di segretario generale è un compito particolare e per questo ruolo – a mio avviso – non era adatto, anzi l’insistenza di Lama e altri che lo convinsero a superare le sue resistenze fu un errore che gli fece pagare un prezzo personale alto. Si può apprezzare un compagno senza arrivare a pensare automaticamente che abbia le caratteristiche per essere il segretario generale. La crisi della segreteria Pizzinato scoppiò poco tempo dopo e ritornò in campo la candidatura di Trentin, che era la più forte già al momento dell’elezione di Pizzinato. La maggioranza del gruppo dirigente della Cgil si era fatta convincere diversamente e sbagliò. La Cgil attraversò una lunga fase di crisi e finì per tornare al punto di partenza: a Trentin. Cofferati ed io siamo entrati in segreteria confederale insieme, su proposta di Trentin. Chi ne ha letto i diari ha capito che Trentin aveva una personalità complessa, per certi versi tormentata, ma con alcuni principi ben saldi. Trentin è stato un segretario generale di grande valore. Sono orgoglioso di avere lavorato con lui e di avere goduto della sua amicizia politica. L’amicizia politica non prevede contropartite. Dopo l’accordo del luglio 1993 Trentin ritenne conclusa la sua esperienza e propose di scegliere un nuovo segretario generale prima del congresso, non mi ha mai detto quale fosse la sua preferenza, né io gli ho mai chiesto nulla, sarebbe stato estraneo all’etica del nostro rapporto.
Il confronto di merito è sempre avvenuto nelle sedi proprie. La consultazione aperta
Il confronto di merito è sempre avvenuto nelle sedi proprie. Trentin propose di scegliere il successore con una consultazione aperta, senza iniziare con una sua proposta. Le candidature nel 1994 furono due: Cofferati ed io, alla fine della consultazione presi atto che la maggioranza del direttivo aveva indicato Sergio, decisi di ritirare la mia candidatura e di sostenerlo e restai in segreteria ancora due anni. Del Turco aveva convinto i socialisti tranne Schettino, la terza componente e parte significativa della ex componente Pci avevano preferito Sergio. I risultati della consultazione e il quadro politico/sindacale lasciavano spazio solo ad una contrapposizione, per la quale ero personalmente indisponibile. Le differenze politiche c’erano, non è un mistero, erano pubbliche, lo ha ricordato Andrea Ranieri. Ad esempio non ero convinto della scelta di un sistema pensionistico tutto contributivo perché poteva portare ad una rottura della solidarietà, in particolare verso i giovani e le fasce più deboli dei lavoratori, come purtroppo è avvenuto. Non ho cambiato idea. Con Sergio su questo e su altro ci furono differenze di merito, ma la rottura della Cgil per me era impensabile. Nel 1996 mi resi conto che il mio ruolo in Cgil era esaurito e feci una scelta diversa. Sono convinto che il sindacato sia un pilastro della democrazia, ma non l’unico. La competizione sobria e controllata per la successione a Trentin fece buona impressione e fu adottata in seguito da D’Alema e Veltroni, perché anche il Pds doveva prendere una decisione analoga.
La Cgil è chiamata a scelte impegnative di rinnovamento, un confronto politico vero
Fin qui il mio contributo a comprendere meglio alcuni tornanti della vita della Cgil, dopo avere per molto tempo scelto di evitare di intervenire su problemi di vita sindacale. Ora la Cgil è chiamata a scelte impegnative, di rinnovamento. Non mi sembra preoccupante che si confrontino diverse proposte politiche e personali. È molto importante che su Landini sia caduto un precedente pregiudizio che ne negava le indubbie qualità aprendo alla possibilità di diventare segretario generale. Questo è positivo. Sarebbe curioso che ora spuntasse un pregiudizio su Colla. Se le candidature resteranno due occorre un confronto politico vero, che scoraggi le tifoserie e faccia invece crescere la consapevolezza di tutti sulle difficili scelte da fare e in questo senso potrebbe essere utile un confronto tra le proposte dei candidati, la Cgil ha a disposizione gli strumenti per farlo. La trasparenza è molto importante, sempre.
A gennaio l’assemblea nazionale deciderà e sono convinto che senza drammi ricostruirà un intero gruppo dirigente.
Alfiero Grandi
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