Molti commentatori scoprono con stupore che nella formazione delle liste i capi dei partiti hanno scelto di candidare nelle posizioni eleggibili i più fedeli e quindi avremo un altro parlamento di nominati, in sostanziale continuità con il porcellum, con deputati e senatori subalterni a chi li avrà fatti eleggere il 4 marzo.
Peccato che la denuncia che questa legge elettorale avrebbe avuto esattamente questo risultato è stato avanzata dal nostro coordinamento con tutta la forza possibile, anche con una petizione che ha avuto il sostegno di 230.000 firme. Durante i lavori della Camera e del Senato abbiamo tentato di contrastare gli 8 voti di fiducia imposti dal governo Gentiloni, che ha contraddetto quanto aveva promesso nel discorso di insediamento e cioè che non si sarebbe occupato di legge elettorale, memore della figuraccia del governo Renzi.
I capi dei partiti che hanno scelto di avere ai loro ordini pattuglie di fedelissimi prima avevano fatto approvare questa legge elettorale, proprio per avere la possibilità di decidere loro. Il criterio comune nelle scelte delle liste è la fedeltà ai capi. Dov’è la sorpresa? Era tutto scritto e previsto. Ora ci si stupisce? Era chiaro fin dall’approvazione della legge elettorale con l’accordo del Pd, di Forza Italia, della Lega, del gruppo di Verdini che il risultato sarebbe stato questo. Hanno raggiunto un accordo sulla comune volontà di ottenere un nuovo parlamento di nominati (da loro) per potere più agevolmente compiere le scelte politiche future senza il timore di incontrare resistenze. Per questo la fedeltà al capo è il primo e più importante requisito.
Liste bloccate e candidature uninominali paracadutate dall’alto
La fedeltà ha sostituito nella formazione delle liste la competenza, la serietà e qualunque altra caratteristica positiva che dovrebbe caratterizzare il lavoro di un parlamentare, compresa la sua autonoma responsabilità nelle decisioni. Resta sempre la possibilità che qualcuno sia sfuggito a questa selezione e che in futuro dimostri autonomia, ma si tratterà di singoli (auspicabili) casi. Per questo la legge elettorale (rosatellum) oggi in vigore ha previsto liste bloccate decise dai capi partito e candidature uninominali altrettanto blindate.
In pratica l’elettore può scegliere con un solo voto la lista preferita, l’elezione del parlamentare è decisa dal posto in lista assegnato dal capo partito. Né ci si può stupire che siano tanti i paracadutati dall’alto nei territori, spesso con criteri oscuri. Il rapporto con il territorio è inesistente, conta solo la fedeltà. Gli aspetti positivi del Mattarellum, che stabiliva almeno un rapporto diretto tra eletto ed elettori del collegio, è buttato nel cestino. La decisione di inserire il candidato in quel territorio è presa da altri e il territorio non ha voce in capitolo. Il territorio non c’entra nulla, deve solo votare, il resto ne consegue automaticamente.
Evitare l’astensione ma votare non per i partiti che hanno voluto il Rosatellum. È una pessima legge elettorale che perpetua le nefandezze del porcellum, tuttavia sarebbe un errore non andare a votare perché l’astensione non farebbe altro che dare maggior valore al voto di quanti andranno a votare. È comprensibile che ci sia la tentazione, ma astenersi vorrebbe dire lasciare ai fedeli delle varie liste campo libero, in sostanza li farebbe contare di più. Forse è proprio questo che si è voluto ottenere.
La scelta migliore ora è andare a votare, evitando l’astensione, e farlo non votando per i partiti che hanno voluto e approvato questa legge elettorale. La loro responsabilità può essere punita votando altri e preparando così il terreno per tentare di cambiare questa legge elettorale.
L’iniziativa del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale
Per questo il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale ha preparato una proposta di legge di iniziativa popolare, la cui sintesi potrebbe essere: fateci scegliere i nostri parlamentari. Sulla quale inizierà nei prossimi giorni la raccolta delle firme, con l’obiettivo di presentarle entro i sei mesi previsti dalla legge. La presentazione della proposta di legge avverrà al Senato, il cui nuovo regolamento prevede che venga esaminata entro tre mesi. È una possibilità da usare fino in fondo, anche se da sola non basta ad arrivare al risultato, ma una speranza c’è.
Vogliamo andare fino in fondo per riaprire la strada alla possibilità di approvare una legge elettorale diversa da questa, in grado di ridare la parola agli elettori. Non si può che essere d’accordo con Giorgio Napolitano che ha detto al Corriere: “chi ha votato questa legge, con le gravi forzature che ricordiamo, credo sapesse che si trattava di una soluzione che non avrebbe retto a lungo”. Appunto, iniziamo una pressione forte e continua per arrivare a cambiarla, i pentiti crescono, l’obiettivo è alla portata.
*Alfiero Grandi, vicepresidente del Coordinamento per la Democrazia costituzionale
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