Come ricorderete il 12 luglio scorso la Fondazione Di Vittorio e l'Ars hanno promosso un confronto presso il Cnel per mettere a tema l'analisi della crisi finanziaria ed economica, le sue conseguenze e avanzare proposte per affrontarla con maggiore forza e minore subalternità. Dell'iniziativa abbiamo steso un verbale ragionato che contiene essenzialemente le proposte emerse. La speranza è che questo lavoro possa costituire un contributo alla discussione politica in corso
Alfiero Grandi
Premessa Il confronto del 12.07 si è basato su alcune premesse, a partire dalla introduzione di Paolo Leon, largamente condivise: - La crisi finanziaria e la sue numerose ricadute sono frutto di cause che si ripetono. Si ha in mente una tutela oltranzistica della ricchezza finanziaria, una ricchezza fittizia che ha preso il posto della ricchezza reale. Alla base di tutto c’è un’analisi sbagliata della crisi che concentra l’attenzione solo sul debito pubblico e sottovaluta il debito privato. A partire dalla pessima redistribuzione dei redditi dall’inizio degli anni ’80 nei paesi più ricchi che, anche in periodi di alta occupazione, ha portato ad una riduzione della quota salari sul PIL. - Le attuali politiche di finanziamento del debito pubblico, sono basate su un meccanismo di avanzo primario che però sottrae risorse all’economia e comporta un concetto distruttivo del ruolo dello stato in economia. - La liquidità della BCE serve a garantire i bilanci delle banche, in parte a sostenere il debito pubblico e quasi nulla al sostegno del sistema economico. Tutto questo ha comportato un progressivo e oggi non più sostenibile smantellamento dello stato sociale universale,mascherata da lotta agli sprechi. - Una occupazione sempre più precaria e adesso una enorme emergenza occupazionale che sempre più diviene vero e proprio problema democratico. - I salari vengono compressi per ridurre il divario commerciale e assieme alla finanza pubblica usati come meccanismo di svalutazione interna creando diverse competitività nell’area euro, una fortissima contrazione della domanda che ovviamente incide, oltre che sulle persone, sulla produzione. - L’ipertrofia finanziaria e il conseguente dilagare della speculazione hanno fatto degenerare la struttura dell’economia e dei redditi, creando veri e propri pericoli per la moneta unica. Una linea alternativa con questo quadro e con questi tassi di interesse non è certo semplice ma va trovata invertendo il trend attuale. - Occorre progettare un diverso modello di sviluppo compatibile con l’ambiente, che non solo non distrugga risorse ma abbia al centro obiettivi sociali e ambientali, di piena e buona occupazione e di riconoscimento dei diritti dei lavoratori. In estrema sintesi questo il senso di un confronto importante che ha indicato come premessa indispensabile la partecipazione e il coinvolgimento delle persone come condizione per un quadro di proposte condivise. Un metodo di Governo e di dibattito ristretto ed escludente, che non considera il ruolo delle forze sociali e delle autonomie locali e che esclude le persone è sbagliato e controproducente. Non si può nascondere dietro cosiddetti interventi tecnici la natura politica delle scelte. “C’è una sola forza coesiva che oggi sembra governare il mondo ed è quella dei mercati finanziari ma può farlo perché si è inserita nel vuoto di governance lasciato da chi gestisce la politica. La sinistra deve offrire un’alternativa al dominio dei capitali finanziari. Questo serve per dare risposta ai problemi e alle tante ansie e aspettative esistenti.” Proposte (ultima stesura, 3 sett) Riassumendo alcune delle proposte che sono state avanzate: 1) Occorre arrivare ad una nuova Bretton Wood per definire regole e strumenti a livello mondiale in grado di regolare e guidare i processi finanziari. I capitali si muovono a livello planetario, praticamente senza limiti, quindi le sedi politiche e istituzionali rappresentative debbono puntare ad agire a quel livello, dotandosi degli strumenti necessari. Questo non vuol dire rinunciare a svolgere un ruolo anche ad altri livelli, semmai occorre avere consapevolezza che senza un’iniziativa a livello del problema si rischia di non realizzare risultati adeguati alle esigenze. E’ un obiettivo ambizioso ma necessario, che da solo motiva forme di coordinamento e iniziative a livello mondiale, come è avvenuto anche in passato. Per realizzarlo occorre scegliere modalità che evitino il blocco delle iniziative sulla base della condizione dell’unanimità che consegna un veto al blocco dei contrari ad ogni costo. La finanza è diventata un gioco fine a se stesso e le conseguenze delle sue azioni riguardano tutti, come vari movimenti nel mondo hanno cercato di rappresentare. Sta affossando ancora di più l’economia reale. Il “senato virtuale”, eufemismo usato da Chomsky, dei grandi gruppi finanziari, sopravanza non solo le economie ma il ruolo e i poteri degli Stati, che perdono autonomia e potere decisionale. La democrazia così regredisce e gruppi di potere e di interesse prevalgono. 2) La via seguita per costruire l’accordo di Kyoto o il Wto (al di là del giudizio di merito) è percorribile perchè consente di individuare un nucleo di Stati che si assume il compito di promuovere un sistema di regole planetario, adottando strumenti adeguati e consentendo il progressivo allargamento dello schieramento. In questo quadro di regole vanno vietati i ricorsi ai paradisi fiscali/legali, che vivono solo in quanto c’è chi nel resto del mondo ha interesse a farli vivere, fingendo che siano inespugnabili. 3) In ogni caso i singoli paesi, a partire dal nostro, debbono semplicemente vietare il ricorso alle società off-shore con sede nei paradisi fiscali. Va introdotto l’obbligo di dichiarare il reale proprietario delle imprese e introdotto sia il rendiconto per paese che complessivo delle multinazionali. In particolare società partecipate dallo Stato non possono avere società off-shore, che, come i fatti dimostrano, spesso diventano veicolo di profitti esportati illecitamente all’estero, corruzione ed altri illeciti. Proprio partendo da questo aspetto l’Italia potrebbe porsi l’obiettivo di diventare la sede della trasparenza e dell’applicazione di regole severe. Questo è un “compito a casa” che vale la pena di fare anche se nessuno ce lo ha assegnato e che potrebbe preludere ad un’iniziativa europea dello stesso segno (anche come cooperazione rafforzata tra paesi) e naturalmente a livello mondiale. 4) Oggi la Tassa sulle Transazioni finanziarie è entrata di forza nella discussione e anche il vertice europeo ha preso impegni per la sua introduzione. Impegni troppo vaghi rispetto alla reale volontà di introdurre questa normativa, sui tempi attuativi e sulla struttura stessa dell’eventuale provvedimento. L’Italia dovrebbe porsi all’avanguardia del cammino verso l’introduzione della Tassa sulle transazioni finanziarie per ottenerne l’introduzione effettiva intanto a livello europeo. Per questo potrebbe approvare un provvedimento legislativo sulla falsariga di quello che fu presentato alla Camera nel 2007 sulla base del programma del centrosinistra dell’epoca. La Tassa sulle transazioni finanziarie è importante anzitutto per avviare la costruzione di un sistema di conoscenza e controllo dei movimenti finanziari e insieme per scoraggiare la speculazione compulsiva dei movimenti finanziari internazionali. Senza trascurare che le entrate potrebbero essere destinate anzitutto ad iniziative di sostegno e cooperazione con i paesi più poveri. 5) Tutti gli strumenti e tutti i movimenti finanziari e gli operatori che li promuovono debbono essere registrati e regolati per operare in Europa e in Italia, quindi può esserne anche condizionata, vietata parzialmente o totalmente la circolazione. La registrazione e l’approvazione di ogni prodotto finanziario deve avvenire sotto la responsabilità del proponente che deve dimostrarne la non nocività e solo a condizione che il prodotto stesso risponda a regole di trasparenza e corrispondenza ad un oggetto, senza carattere speculativo, altrimenti deve essere vietato, in particolare per quanto riguarda i prodotti alimentari. A questo vanno collegate anche politiche di retribuzione e di bonus trasparenti dei responsabili. Le regole per la trasparenza dei mercati finanziari debbono essere tali da garantire che la speculazione sia messa sotto controllo. Le regole devono riguardare non solo le banche ma anche tutti gli altri strumenti finanziari. 6) Occorre lavorare per un’Europa unita con l’obiettivo di correggere gli squilibri tra paesi e tra settori. La discussione pur considerando via maestra la permanenza dell’euro e nell’euro, esiste oggettivamente il rischio di condizioni che potrebbero mettere questo in discussione. La Grecia sta subendo condizioni incredibili che stanno creando recessione, disoccupazione, peggioramento drastico delle condizioni di vita. La politica di austerità a senso unico, slegata da ogni iniziativa di ripresa occupazionale ed economica fa gravare solo sui paesi sotto attacco e maggiormente in difficoltà le iniziative per uscire dalla crisi attuale. Per questo la discussione ha messo in rilievo che malgrado gli sforzi uno o più paesi potrebbero non riuscire a reggere l’onere imposto e di fatto verrebbero spinti fuori dal quadro dell’euro che per ciò stesso muterebbe natura e prospettiva europea. Parlare di grexit è un grave errore, ma occorre mettere la Grecia in condizioni di restarci. Le iniziative per evitare questa possibilità tuttavia non debbono nascondere i pericoli esistenti e le possibilità che il gioco sfugga di mano realizzando il disastro dell’uscita di uno o più paesi dall’euro e quindi l’interruzione di un disegno che avrebbe dovuto concludersi con la costruzione di un’Europa federale e solidale, mentre ora ai guai degli uni fanno da contraltare i vantaggi di altri al di fuori di ogni solidarietà reale. Un ritardo nell’affrontare i problemi ha già reso molto più difficile e costoso, non solo sotto il profilo finanziario, risolvere i problemi della Grecia, ulteriori ritardi potrebbero malauguratamente costare la fine di un disegno europeo. La finanza è tutto e l’economia reale nulla ? Se ci sono banche troppo grandi per fallire (quindi intervenire come una distinzione tra proprietà/gestione e interesse pubblico) il problema non deve essere posto analogamente anche per attività private al di sopra di una certa soglia? L’immissione di liquidità nel sistema per rispondere alla crisi può essere utile solo per evitare le conseguenze di “infarti”, ma la soluzione strutturale (preventiva) non può essere che regolare a monte il sistema finanziario, non limitarsi a immettere liquidità nella speranza di una ripresa del meccanismo precedente, che è quello che ha portato alla crisi attuale. La crisi attuale ha aggravato gli squilibri nella distribuzione della ricchezza e dei redditi che erano già pesantemente squilibrati da almeno 2 decenni. La ripresa non potrà certo avvenire attraverso aumenti virtuali di ricchezza finanziaria, più o meno fittizia, come è stato in passato. Occorre quindi intervenire sulla distribuzione dei redditi e della ricchezza sia per reperire le risorse necessarie alla ripresa economica - che altrimenti resterà una chimera - per redistribuire in modo più equo ed accettabile, come condizione per una ripresa economica. Per questo non solo occorre prendere un impegno solenne a non ripetere mai più iniziative di condono, ma occorre mantenere aperto il problema di fare partecipare i beneficiari dello scudo fiscale ad un contributo più equo alla soluzione dei problemi dell’Italia. In questo senso va alzata drasticamente l’aliquota di contribuzione dei capitali scudati e va recuperata l’Iva collegata all’evasione che è stata fatta per costituire le poste di capitali poi esportati illegalmente all’estero. L’Unione Europea ha chiesto, finora inascoltata anche dal governo Monti, di considerare fuori dalle regole il condono Iva e di procedere al recupero delle somme relative. Inoltre va conclusa la trattativa con la Svizzera per ottenere almeno le stesse condizioni di tassazione sui capitali già collocati in quel paese come hanno fatto altri paesi. In Italia si deve arrivare ad un sistema fiscale di tassazione con le stesse regole di tutti i redditi, senza riguardo alla loro provenienza, togliendo i benefici di cui usufruisce oggi la rendita. Una patrimoniale è necessaria sia nell’attuale emergenza che in futuro per finanziare le iniziative di sostegno all’occupazione e alla ripresa economica. 7) La gestione della crisi finanziaria in Europa non ha affrontato la struttura dei problemi, ma i sintomi. Quando le banche sono entrate in sofferenza gli Stati sono intervenuti con la finanza pubblica. Il maggior debito pubblico è stata l’occasione per interventi speculativi che hanno messo ancora più in ginocchio le finanze statali, alimentando una nuova ondata speculativa contro i debiti sovrani. Le conseguenze sono note: tagli pesanti alla spesa pubblica e aumento delle entrate destinati solo a ripagare questi maggiori esborsi, aggravati dalle ondate speculative sui tassi di interesse. La Grecia è stata, suo malgrado, il battistrada di questa situazione. Non aver affrontato questo problema, come era possibile in tutta evidenza, è una grave responsabilità dell’Europa che ha fatto della Grecia l’esempio negativo, con costi sociali e politici pesantissimi. Oggi le sofferenze hanno investito altri paesi e lambiscono ormai in modo preoccupante Spagna e Italia. Oltre alle possibili conseguenze sull’Euro e sull’Europa c’è una domanda di fondo: perché salvare le banche è giusto e garantire l’occupazione no ? Eppure in tempi recenti si era discusso di correggere gli indici del Pil, di concepire diversamente i parametri necessari per emettere un giudizio sulle economie nazionali. Perfino i parametri di Maastricht erano in discussione e ora sono addirittura rafforzati dal fiscal compact oltre che dalle modifiche di rango costituzionale per avere i bilanci pubblici in pareggio, sposando così una sola teoria economica e facendola assurgere a teoria di stato. 8) Lo squilibrio di fondo si è determinato tra moneta unica e mancata unificazione delle politiche economiche e fiscali. Ora si risponde alla crisi con il rafforzamento degli aspetti monetari e di bilancio, con il rafforzamento operativo del ruolo operativo della Bce, che di fatto diventerà sempre più la vera sede della politica non solo monetaria ma economica e sociale in contraddizione col ruolo del modello sociale europeo, di cui sembra ignorata non solo la valenza di equità ma anche quella di motore economico. In questo modo si sottace che il vuoto di questi anni è stato di non avere una sede europea di politica economica: un vero Ministro europeo dell’Economia, una sede di decisione economica sovranazionale, come avviene per gli Usa, il Giappone, ecc. Il fallimento del patto di Lisbona dimostra l’impossibilità di fronteggiare la crisi, senza strumenti adeguati. La speculazione è veloce, mentre le decisioni europee sono tardive e carenti, bloccate dagli Stati come dimostra anche l’ultimo caso delle misure antispread. La crisi riguarda tutti, ma le decisioni sono prese in ristrette tecnocrazie, spesso permeabili alle pressioni della speculazione finanziaria e alla gerarchia di valori che ne deriva. Per di più lo spread è stata una dannazione per una parte di Stati ma per altri è stata una manna che li ha portati a rifinanziarsi a costi irrisori o nulli accentuando la divisione in Europa. Occorre quindi riportare le decisioni europee sulla politica economica nelle sedi democratiche ed elettive, in primo luogo il parlamento europeo, nominare un vero Ministro dell’economia. 9) Le Agenzie di rating debbono avere sede in Europa per potere operare, e comunque avere una stabile organizzazione nei paesi che lo richiedono, per potere operare ed essere sottoposte a vincoli di reale indipendenza. La loro natura privata, soggetta alle influenze della finanza per non dire di peggio, contrasta con le regole di investimento di fondi mobiliari che ne seguono le indicazioni di investimento. Occorre definire precisi criteri e responsabilità, fino al divieto di operare, e chiedendo garanzie per rispondere di eventuali danni che provocano. Infatti le Agenzie di rating avevano dato tripla A ai fondi subprime, così come avevano attribuito un ottimo rating alla Parmalat subito prima del fallimento. 10) L’Italia deve candidarsi a diventare comunque il contrario di un paradiso fiscale/legale. I prodotti finanziari debbono essere tutti soggetti a regole di trasparenza e autorizzati previa analisi della loro veridicità, altrimenti debbono essere vietati in tutto il territorio dell’Unione e comunque negli Stati che adottano queste regole. Sia le Agenzie di rating che i prodotti finanziari debbono essere soggetti a controllo e autorizzazione di un’autorità. Accanto al sistema di regole che occorre introdurre per mettere sotto controllo il sistema finanziario e combatterne i comportamenti inaccettabili che provocano crisi economiche, scaricando gli oneri sulle società è necessario anche aprire un capitolo di iniziative che riguarda la voce diretta dei cittadini finora considerati un soggetto passivo, subordinato alle decisioni del mondo finanziario e delle banche. La voce che devono e possono avere i risparmiatori, i clienti delle banche, i sottoscrittori dei fondi pensioni e non solo. Un’iniziativa di formazione della consapevolezza dei cittadini e la loro attivazione possono essere un referente importante dell’iniziativa politica e legislativa. 11) Va previsto l’obbligo per la Bce di diventare prestatore di ultima istanza, non solo per le banche ma anche agli Stati. La Bce ha immesso oltre 1.000 miliardi di euro di liquidità per 3 anni verso le banche che hanno lucrato sulla differenza dei tassi, spesso prestando denaro agli Stati, ma contraendo il credito a imprese e famiglie. La Bce con la stessa cifra avrebbe garantito un’importante misura antispread e alleggerito il peso del debito sovrano degli Stati. Il divorzio tra le banche centrali e i rispettivi Governi ha ridotto drasticamente la possibilità di finanziare i disavanzi pubblici con l’emissione di moneta, il disavanzo pubblico si finanzia sul mercato. Questa situazione va corretta. 12) Occorre una regolamentazione fiscale omogenea per tutta l’Unione, oltre l’Iva, individuando un percorso graduale di avvicinamento tar gli Stati. Non può esserci una concorrenza al ribasso, giocando un territorio contro l’altro. Euro obbligazioni per finanziare gli investimenti di interesse comunitario nelle infrastrutture e nella ricerca, prevedendo interventi per la reindustrializzazione orientata all’economia sostenibile, per fare crescere un’alternativa allo spreco di territorio e risorse. 13) L’Italia deve caratterizzarsi anzitutto per essere protagonista dell’introduzione di regole nuove a partire dalla TTf, attraverso la regola dell’approvazione di un numero minimo di stati per l’introduzione effettiva della tassazione. Vanno vietate operazioni allo scoperto, così come i meccanismi delle cosiddette scatole cinesi. Fondi di Stati sovrani sono un’anomalia in un’economia di mercato. I derivati e in generale tutti i prodotti finanziari debbono essere ricondotti alle sedi regolamentate e vincolati alla trasparenza, altrimenti vanno semplicemente vietati. Vanno ridefiniti i reati di natura finanziaria, a partire dal ripristino del falso in bilancio e la cui punibilità va ricondotta almeno ai livelli precedenti, e deve essere prevista l’impossibilità di proseguire nell’attività. Regole e trasparenza debbono consentire all’Italia di essere piazza finanziaria trasparente, che attira capitali per la certezza e la trasparenza delle sue regole, per la certezza dei tempi della giustizia e delle sanzioni. Questo ovviamente pone il problema di affrontare con drasticità il tema della lotta alla criminalità economica, in particolare finanziaria, e alla corruzione. 14) Il sistema delle banche va ridefinito, o tornando alla distinzione precedente tra banche di risparmio e di affari, come suggerisce l’ex Governatore della Federal Reserve Paul Volcker, o attuando una severa divisione societaria tale da impedire che con il risparmio raccolto si possano fare speculazioni finanziarie il cui esito negativo venga scaricato sui risparmiatori, o sullo Stato. Se una banca vende prodotti finanziari deve risponderne in solido. Vanno sciolti gli intrecci incestuosi tra banche e altre imprese. Va garantita la distinzione delle responsabilità quando c’è potenziale conflitto di interessi. Quando lo Stato interviene per ricapitalizzare una banca deve farlo come azionista. Va risolto anche il problema annoso della natura societaria della Banca d’Italia. In effetti si tratta di una Banca pubblica (riserve comprese) il cui capitale è detenuto dalle banche private che dovrebbe controllare. 15) Superare le politiche restrittive, per adottare un’espansione regolata che parte da un discrimine nei consumi e nei redditi, favorendo soluzioni ambientalemente e socialmente sostenibili. Il mercato, come si dimostra, non sì autoregola, richiede interventi pubblici di regolazione e correzione dell’uso delle risorse: sicuramente con lo spostamento di risorse a salari e pensioni, anziché a rendite e profitti. La rendita non può più essere favorita rispetto ai salari e agli investimenti delle imprese. L’aumento dei salari è necessario anche per sostenere la domanda interna e la spesa pubblica già drasticamente ridotta va riqualificata. Solo la crescita economica risolve i problemi del bilancio pubblico. Il risanamento finanziario non deve essere l’occasione per ridurre il perimetro dell’intervento pubblico. Infatti compressi ulteriormente i salari e la spesa pubblica la domanda è sostenuta dai profitti finanziari, dalle bolle borsistiche e immobiliari, dal credito al consumo concesso anche senza garanzie, dall’indebitamento verso i paesi emergenti. Solo un intervento pubblico è in grado di garantire una riconversione economica dell’economia per bloccare la distruzione delle risorse ambientali e del territorio e per fare della compatibilità ambientale un fattore di sviluppo e di buona e piena occupazione. Senza regole si rischia la distruzione del risparmio previdenziale, delineando un futuro di non autosufficienza dei pensionati. Il risparmio previdenziale pubblico è stato saccheggiato per fare quadrare il bilancio, mentre le risorse gestite dai fondi privati sono investite per il 70% in titoli stranieri di debito e di capitale. Vanno introdotti tetti alle retribuzioni non solo nel settore pubblico ma anche nel privato, in alternativa occorre una tassazione tale da ottenere lo stesso risultato. 16)La crisi ha fatto emergere anche una deriva tecnocratica. Debito pubblico: il problema non è solo la quantità ma la qualità della sua composizione. Un ulteriore aggiustamento quantitativo vorrebbe dire rimanere ai livelli attuali di avanzo primario. Ancora peggio sarebbe aumentarlo perchè questo produrrebbe ulteriore recessione. Occorrono interventi per mobilitare il risparmio privato e rinazionalizzare il debito pubblico. Il redemption fund europeo potrebbe essere almeno in parte garantito dalla TTF. Con il redemption fund sarebbe possibile uno scambio accettabile di disciplina sui conti contro reputazione del debito.
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