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Reddito ed ecosviluppo: le emergenze
.:: Alfiero Grandi Pubblicato in data:  14/02/2012  11:01:29, in Economia, letto 1365 volte

- Pubblicato da l'Altro quotidiano e da Paneacqua 

In questi giorni stanno uscendo studi molto importanti sulla attuale realtà economica e sociale italiana. Le conclusioni non sono novità in sé, ma offrono certamente dati e raffronti precisi che consentono di capire meglio cosa è accaduto nel nostro paese negli ultimi 2 decenni, qual è la situazione attuale e su questi dati si può meglio discutere di come uscire dalla crisi.

Anzitutto il reddito medio italiano è oggi un poco sotto quello medio di 20 anni fa. In altre parole 2 decenni sono passati invano. Per prendere un parametro: 2 decenni fa la Cina era all’inizio della sua poderosa rincorsa economica.

Il reddito medio però è come il pollo di Trilussa e infatti nell’ambito di questa ventennale stagnazione del reddito medio la divaricazione tra i redditi è potentemente cresciuta, quindi la fascia più ricca è oggi ancora più ricca, mentre quella che è alla base della scala dei redditi è ancora più povera.

A questo va aggiunto un altro dato fornito dalla Banca d’Italia. L’area della povertà è cresciuta e viene valutata oltre il 14 %, più di quanto venisse valutata fino ad ora.

Banca d’Italia aggiunge tanti altri dati, ad esempio riguardanti la ricchezza. Anche la ricchezza è ripartita in modo che il 10 % ne detiene poco meno del 50 %. Unico dubbio su questo dato: Bamca d’Italia avrà tenuto conto anche dei 160 miliardi esportati illegalmente nella sola Svizzera ?

Il problema è che ai dati di Banca d’Italia si aggiungono quelli dell’Istat che dicono che tuttora i redditi da lavoro stanno perdendo terreno perché non tengono il passo con l’inflazione, addirittura con una perdita dell’1,9 % che è la differenza tra l’inflazione e gli aumenti salariali. La Cgil qualche giorno fa ha fornito una valutazione della perdita di reddito delle centinaia di migliaia di lavoratori in Cassa integrazione e sono miliardi di euro.

Questi dati, sommariamente ricordati, dicono che per una ripresa dell’economia, di cui la domanda interna è una componente importante, è necessario qualcosa di più del ridare fiducia, occorre dare reali incrementi di reddito e chiedere un contributo a chi è in grado di darlo.

In questa direzione continuo a pensare che viene sottovalutato il ruolo negativo svolto dall’inflazione, soprattutto per i redditi che non possono scaricare su altri e quindi per disoccupati, lavoratori e pensionati.

Nella fase degli anni 90,ad esempio con il Governo Ciampi, in cui la concertazione è stata il metodo dominante il controllo dell’inflazione è stato un punto di forza per evitare il carattere regressivo di questa tassa occulta e per potere sostenere politiche salariali contenute. Oggi evidentemente si pensa che i lavoratori non saranno in grado di rivalersi e quindi la componente inflazionistica viene per lo meno sottaciuta.

Probabilmente dell’inflazione viene valutato l’effetto che può contribuire a ridurre il debito pubblico, ma sottovalutando che così si carica una molla che prima o poi si trasmetterà al sistema economico che rischia di avere un ulteriore handicap nella competizione con altri paesi che tengono l’inflazione sotto controllo. Anche per questo occorre fino da ora prendere tutte le misure per evitare che entri in vigore l’aumento dell’Iva dal 1° ottobre 2012. E’ prevedibile che nella società i malumori aumenteranno.

Del resto qualche avvisaglia c’è già. Come si potrebbe altrimenti definire la decisione del Governo di alleggerire i costi dei trasportatori ? E’ evidente che in questo modo si prende atto che nel meccanismo economico sono già stati introdotti elementi che creano seri problemi e che prima o poi potrebbero sfociare in una ricorsa inflazionistica. Il Governo dovrebbe riflettere su come la realtà delle cose sia più forte di alcuni atteggiamenti ideologici, infatti dopo tante dichiarazioni che hanno escluso la concertazione con i diversi settori sociali ora si prendono provvedimenti sotto la spinta delle richieste di settori della società e dell’economia senza neppure chiedere in cambio garanzie. In questo caso senza chiedere in cambio un impegno al contenimento dei costi di trasporto.

L’altro aspetto che i dati forniti in questi giorni mettono in rilievo è che senza dare risposta alla tenuta dei redditi da lavoro, da pensione e in genere bassi non ci può essere ripresa economica, anzi si rischia seriamente di dovere aumentare la spesa pubblica per impedire che dilaghi la povertà.

Quindi occorrono misure correttive a favore dei redditi più bassi con il ricavato dalla lotta all’evasione, dalla tassazione dei redditi più alti, delle rendite, dei grandi patrimoni, dei soldi portati illegalmente all’estero, dalle frequenze tv. Se questo problema non viene affrontato l’Italia non si riprenderà e rischia una spirale di tipo greco.

La ripresa è in larga misura dipendente dalla situazione dei redditi più bassi. L’abisso di iniquità nei redditi è un vincolo negativo da rimuovere, senza questo l’Italia non si riprenderà.

Infine resta sottovalutato in modo incomprensibile perché continui, malgrado non ci sia più il Governo Berlusconi, ad essere ignorato il problema della qualità dello sviluppo. Nel decreto sulle liberalizzazioni ci sono misure sul fotovoltaico che finiranno con il contrastare lo sviluppo di uno dei settori più promettenti delle energie rinnovabili, che vale già oggi ameno150.000 posti di lavoro.

Dopo il no al nucleare del giugno scorso, che questo Governo non potrebbe ignorare neppure volendolo, occorre un programma di sviluppo del risparmio energetico, su cui c’è un avviso comune delle parti sociali, e sullo sviluppo delle energie rinnovabili che potrebbero dare importanti risultati occupazionali a condizione che il Governo fornisca certezze e un quadro di interventi. Come in Germania. Perché mai dovremmo accettare i consigli sbagliati della Germania e non seguirne invece gli aspetti positivi ? Ad esempio la Germania offre un quadro di sostegno certo alle energie rinnovabili e nel caso dell’eolico off-shore ha stanziato 5 miliardi di euro che potrebbero in Italia dare fiato alla cantieristica in crisi: Non è vero che in Italia mancano le risorse, il problema è che vengono impiegate male, come nel caso del carbone, settore in cui l’Enel prevede di spendere 2,5 miliardi solo nel Delta del Po, area ambientale già abbastanza sottoposta a stress.

Come si dice: il problema è politico, o meglio delle politiche necessarie per uscire dalla crisi e per creare occupazione di cui per ora non si vede la luce.

Alfiero Grandi

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