Pubblicato sul quotidiano Liberazione il 06/03/10
L’Italia ha perso il treno del nucleare o ha avuto la fortuna di non prenderlo ?
C‘è chi pensa che con il referendum del 1987 l’Italia abbia perso un treno, anche se deve riconoscere che è stata la conseguenza del voto della grande maggioranza delle italiane e degli italiani.
E’ giusto ironizzare sulla strategia nuclearista del Governo che vorrebbe riprendere il treno (per usare la metafora) del nucleare senza correre tanto forte da recuperare quello che viene ritenuto un ritardo, mettendo quindi in campo una strategia politica complessa, dall’industria all’Università, alla dipendenza per tecnologie e uranio dall’estero. Infatti il Governo ha deciso procedure accentrate per decidere i siti e la loro militarizzazione, come dire con le buone o con le cattive le centrali si faranno.
E’ giusto ironizzare su un Governo che vuole “risparmiare” sull’Agenzia per la sicurezza che dovrebbe controllare – per garantire la salute dei cittadini e l’ambiente - sia la scelta dei siti nucleari che le complesse e delicate procedure costruttive delle nuove centrali, per non parlare dello smaltimento delle scorie radioattive e dello smantellamento delle centrali, comprese quelle esistenti fino al 1987.
E’ giusto ironizzare sulla presunta convenienza dei costi dell’energia elettrica che deriverebbe dalle centrali nucleari, quando è ormai chiaro che le energie da fonti rinnovabili sono già in alcuni casi più convenienti (il kilowattora prodotto da idroelettrico ed eolico costa già meno) e in altri settori potrebbero diventarlo prima dell’entrata in funzione delle nuove centrali, sempre che il Governo desista dall’insana scelta di tagliare gli incentivi al solare, ecc.
Del resto la voce dal sen fuggita dell’A. D. dell’Enel, capofila della lobby nuclearista italiana, ha chiarito che condizione per provare a convincere i finanziatori a starci è la garanzia tariffaria, cioè una decisione presa oggi per i prossimi 30/40 anni. In altre parole i cittadini dovranno garantire attraverso la bolletta gli investitori. Alla faccia della sicumera con cui viene detto che il nucleare farà costare meno l’energia elettrica.
Infatti se vengono calcolati tutti i costi veri e cioè almeno 7 miliardi di euro per costruire un EPR, assicurazioni, interessi, risarcimenti per le disgraziate popolazioni coinvolte, ritardi, smantellamento delle centrali e poi gestione delle scorie - alcune delle quali saranno radioattive per centinaia di migliaia di anni - non esiste possibilità di produrre l’energia elettrica con il nucleare a prezzi più convenienti delle altre fonti. MIT docet. Non a caso Obama deve offrire un aiuto pubblico ai costruttori. Aiuto di cui presto si parlerà anche in Italia, se la scelta del Governo dovesse procedere.
Ma il punto vero è a monte: perchè mai l’Italia dovrebbe rincorrere questo treno ?
Tanto più che le Alpi costituiscono una non disprezzabile barriera naturale per proteggere, almeno in parte, dai (frequenti) incidenti altrui, visto che la centrale nucleare più vicina è a 200 km dal confine.
L’Italia sta rincorrendo con ritardo e fatica altri paesi nello sviluppo delle fonti rinnovabili di energia ed ha potenzialità enormi grazie anche alla collocazione geografica. I prudenti dicono che si potrebbero creare 100.000 posti di lavoro nelle rinnovabili, altri più entusiasti 250.000 (letto su 24 ore) soprattutto se ci decidessimo a prendere il treno (questo sì) di costruire da soli almeno parte delle relative tecnologie e magari di sviluppare la ricerca in sede nazionale.
Il nucleare serve solo a produrre elettricità mentre l’Italia deve puntare al 20% di risparmio di tutta l’energia, così al 20% di fonti rinnovabili e a diminuire del 20% l’emissione di CO2, entro il 2020 pena multe salatissime e il nucleare - se malauguratamente realizzato – porterebbe un modesto contributo del 5% solo dal 2020. Dov’è la convenienza economica a insitere su una teconologia vecchia e pericolosa ? Dov’è l’orizzonte europeo e mondiale dell’Italia in questa scelta ?
Su tutto naturalmente deve prevalere la sicurezza delle persone e dell’ambiente. Che patto generazionale è mai quello che lascia alle future generazioni per centinaia, migliaia di anni (in alcuni casi per periodi tanto lunghi che è perfino difficile immaginare) le conseguenze di un sistema energetico che durerà, una volta costruito, 50 o al massimo 60 anni ? Il gioco non vale la candela.
Chi non ci crede si informi presso l’Agenzia francese per la sicurezza, che se ne intende, e gli chieda quanto sono preoccupati non solo della qualità costruttiva del calcestruzzo protettivo (il ricordo va alla tragedia dell’Abruzzo), delle opere meccaniche mal eseguite, del programma informatico per la sicurezza che ha portato le Agenzie per la sicurezza di Inghilterra, Francia, Finlandia a chiedere di rifarlo da capo, ma anche del possibile smarrimento della memoria nei secoli a venire che fa correre il rischio che scorie e materiali radioattivi dopo qualche generazione vengano trattati con ignoranza.
La verità è che questo Governo, colpito da sindrome neofaraonica, vorrebbe lasciare memoria di sè con 2 opere costose, inutili e pericolose come il Ponte sullo stretto (guardare la cartina del pericolo sismico nella zona) e le centrali nucleari, per di più entrambe affrontate senza alcun riguardo per i contraccolpi sul territorio, sulla salute, sulla sicurezza e infine per l’evidente antieconomicità.
L’Italia non ha risorse da buttare, deve garantire la sicurezza delle persone e dell’ambiente. Se il ricorso delle Regioni alla Corte Costituzionale bloccherà tutto bene, altrimenti non resterà altra via che chiedere alle italiane e agli italiani come la pensano. I candidati alle regionali della destra non sono vocati al suicidio, hanno letto i sondaggi e tra Scaiola e i voti hanno preferito rincorrere questi ultimi. Forse sono opportunisti ma in fondo fanno capire cosa pensa l’opinione pubblica.
Alfiero Grandi
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