La riforma fiscale che serve
Non c’è stato il tempo di fare polemica, nel breve volgere di un paio di giorni il centro destra ha lanciato e si è rimangiato la sua proposta di intervento sul fisco. Colpisce che la questione sia passata in sordina. Eppure l’aveva lanciata Berlusconi alla ripresa politica di gennaio e lui stesso ha dovuto tornare indietro e deve essergli costato non poco farlo in modo così clamoroso. Perché un errore di valutazione così clamoroso? Eppure Tremonti aveva chiarito da tempo che non c’erano risorse disponibili per operazioni fiscali di qualche significato. Infatti una parte della maggioranza al Senato ha contrapposto alla finanziaria 2010 di Tremonti, praticamente inesistente, una finanziaria molto più corposa, almeno tre volte tanto, comprendente gli sgravi sull’IRAP e la risposta del Ministro è stata una chiusura totale, motivata proprio con la mancanza di risorse. E’ questione di poche settimane fa e da allora non è accaduto nulla da giustificare cambiamenti nelle scelte. In realtà la forzatura di Berlusconi sul fisco ha come unica ragione tentare di presentare all’opinione pubblica un argomento in grado di riequilibrare l’annunciato intervento sulla giustizia per risolvere i suoi guai giudiziari. I sondaggi infatti confermano che l’opinione pubblica non gradisce questa insistenza sulle leggi ad personam. In realtà una possibilità ci sarebbe ma è una linea di politica fiscale che consentirebbe di fare degli interventi ma che è esattamente il contrario di quanto il Governo ha in testa. Infatti la ricerca del Governo si è indirizzata sulla crescita della tassazione dei consumi per trovare le risorse per alleggerire il prelievo fiscale sui redditi medio alti che sarebbe l’effetto finale dell’adozione delle 2 aliquote di cui parla la destra. Calare le tasse a tutti richiederebbe ben altre risorse e quindi si sono inventati una patita di giro prendendo soldi da una parte per spenderli dall’altra, incontrando 3 problemi fondamentali. Il primo è l’iniquità di questa manovra perché tassare di più i consumi rende meno trasparente il prelievo e poiché quelli che rendono di più in termini di tassazione sono i consumi dei grandi numeri finirebbe con il sottrarre risorse a coloro che hanno più bisogno. Tuttavia l’equità in sé non è un ostacolo per la destra perché la manovra immaginata era infatti una fregatura per i più deboli. Il secondo è l’effetto inflazionistico di un aumento dell’IVA. Aumentare l’IVA vuol dire provocare l’aumento dei prezzi, è scritto nei manuali di economia, mentre il suo calo non è detto li faccia diminuire senza controlli adeguati. In questo caso l’imbarazzo del Governo è inevitabile perché già l’inflazione serpeggia malgrado l’economia non tiri, gettare benzina sul fuoco finirebbe con il creare guai enormi anche alle finanze pubbliche. Basta pensare agli interessi sui Buoni del Tesoro emessi in questi giorni che rendono lo 0,5 % lordo e quindi tolte le spese non rendono alcunché, per immaginare quanto costerebbe rilanciare l’inflazione solo in termini di costo del debito pubblico. Il terzo è l’Europa. L’Iva è la tassa europea per eccellenza e non si può manovrare liberamente come la tassazione sui redditi. Le aliquote sono date e la loro variazione richiede accordi con l’Europa e l’Italia ha già esaurito i suoi spazi di manovra, se vuole fare modifiche è inevitabile rinunciare a qualcosa d’altro. Anche qui semaforo rosso, del resto prevedibile. In realtà l’alternativa possibile era di modificare la pressione fiscale sui redditi facendo pagare di più ai più ricchi e superando le condizioni più favorevoli dei redditi non da lavoro. Esattamente il contrario di ridurre le aliquote a 2 come vorrebbe la destra e ridurre di conseguenza il prelievo ai più ricchi. Del resto il Governo con lo scudo fiscale non ha fatto altro che regalare 45 miliardi a coloro che hanno illegalmente esportato capitali all’estero, una cifra con cui si potevano fare interventi di notevole incisività e certamente riduzioni fiscali ai redditi più bassi. Il prelievo fiscale su altri redditi, da rendita, da capitale, ecc. sono tassati al 12.5 con una cedolare secca alla rovescia. Infatti di solito la cedolare è più alta e rosolve tutti i problemi con il fisco.
Berlusconi ha usato l’effetto annuncio, è riuscito a far parlare di sé per una settimana come colui che combatte per la riduzione delle imposte. Con le elezioni in arrivo, il Presidente ha tenuto conto che: il welfare interessa circa al 10% o al 15% cento degli italiani (tra disoccupati, cassaintegrati, precari e lavoratori in nero), l'IRAP riveste un carattere di urgenza per un po’ di imprenditori in difficoltà; le aliquote IRPEF, invece, interessano tutti, la totalità degli italiani votanti che quotidianamente si lamentano per l’esosità delle imposte. Gli italiani ricordano la sua operazione sull’ICI e ricordano che è stata tolta a tutti. Ragionano poco sugli effetti. Chi aveva un vecchio monolocale ha avuto un beneficio x; chi aveva cinque stanze in centro città un beneficio x+100. Ma sono stati tutti accontentati allo stesso modo e tutti hanno votato allo stesso modo. Con l’effetto dell’annuncio di sole due aliquote per l’IRPEF tutti gli italiani hanno cominciato a fare i conti. Cadrò nel 23 o cadrò nel 33? Ma che bello evito il 37! Chi ricorda che l’art. 53 della Costituzione parla di “ sistema tributario informato a criteri di progressività”? Chi riflette sulla necessità di un ventaglio di aliquote per assicurare la progressività? L’imposta IRPEF, per il suo carattere di imposta diretta sul reddito, è quella che può essere meglio regolata sull’effettiva ricchezza del cittadino. Forse è necessaria agli italiani una migliore informazione ed educazione sulle imposte per evitare il solito e inutile brontolio sulle “tasse”. francesco zaffuto www.lacrisi2009.com
Quello che lei chiama rendita, non è altro che risparmio già tassato di lavoratori dipendenti e pensionati. Tassare i btp e le obbligazioni per ottenere altri soldi da scialaquare nella spesa pubblica non mi sembra la modalità più opportuna per fare uscire l'Italia dalla crisi. Bisogna tagliare la spesa pubblica e le auto blu, abolire le province e gli enti inutili. Ma su questo nè destra nè sinistra sono disposte ad impegnarsi in maniera seria, del resto non si è mai visto una classe politica che si auto riforma. La rendita vera sta tutta nei paradisi fiscali e in Lussemburgo e non verrebbe minimamente toccata alzando al 20% le tasse su quelle che lei chiama rendite. Continuiamo a ragionare come pol-pot che continueremo a perdere le elezioni....
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Mario
inviato il 25/01/2010 @ 15:19:25
Mai pensato di tassare i rendimenti dei titoli di stato,basta leggere gli atti parlamentari 2006-2008. Tassare le rendite finanziarie ha altri obiettivi. Certo occorre spendere bene ma le entrate sono indispensabili, anzi dovrebbero crescere a spese di chi evade. Ha mai pensato che con lo scudo fiscale chi ha portato i capitali all'estero ha avuto un regalo dal Governo di circa 45 miliardi di euro visto che ne ha pagati solo 5 ? Alfiero Grandi
Se lei pensa che le entrate debbano entrare capisco il motivo per cui la sinistra continuerà a perdere. La spesa pubblica deve diminuire per dare più opportunità e futuro ai giovani e a chi fa impresa. Poi una volta tagliata la spesa sono d'accordo con lei di combattere selvaggiamente l'evasione. Questo non succederà mai per colpa di voi politici e il nostro paese sarà per questo senza futuro.
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inviato il 02/02/2010 @ 09:52:31
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