Immagine  
"
Possiamo essere liberi solo se tutti lo sono.

Hegel
"
 
.:: Home Page : Articoli
Ieri e oggi NO al fascismo - Contributo al Blog di Roberto Taverna
.:: Alfiero Grandi Pubblicato in data:  16/09/2008  13:05:11, in Contributi al Blog, letto 10703 volte

Al Presidente della Repubblica Italiana
On. Giorgio Napolitano

Ai Senatori a vita:
Sen. Francesco Cossiga
Sen. Oscar Luigi Scalfaro
Sen. Carlo Azeglio Ciampi
Al Presidente del Senato
Sen. Renato Schifani
Al Presidente della Camera dei Deputati
On. Gianfranco Fini
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
On. Silvio Berlusconi 
All'On. Valter Veltroni
All'On. Antonio Di Pietro
Al Ministro della Difesa
On. Ignazio La Russa 
Al Sen. Eugenio Scalfari


Sig. Presidente,
ho letto con sgomento, le incredibili dichiarazioni che il Ministro della Repubblica La Russa pare abbia pronunciato nel corso della cerimonia di commemorazione del 65° anniversario della Difesa di Roma e dell'Armistizio di Cassibile:
"Farei un torto alla mia coscienza - ha obiettato La Russa, nel corso del suo intervento, di seguito a quello del presidente della Repubblica - se non ricordassi che altri militari in divisa, come quelli della Nembo dell'esercito della Rsi, soggettivamente, dal loro punto di vista, combatterono credendo nella difesa della patria, opponendosi nei mesi successivi allo sbarco degli anglo-americani e meritando quindi il rispetto, pur nella differenza di posizioni, di tutti coloro che guardano con obiettività alla storia d'Italia". (Vedi La Repubblica del 8 settembre 08)

Sig. Presidente,
cerco di guardare con molta obiettività alla Storia d'Italia e Le segnalo la tremenda e vergognosa "Dichiarazione d'impegno" riportata in un articolo del mio Papà, che allego integralmente e che si può trovare riportata in altri testi, fra i quali Le segnalo "Il grande diario" di Giovannino Guareschi, ed. Rizzoli. Quelli che secondo La Russa dovrebbero essere guardati con rispetto furono coloro che appoggiarono militarmente la vergogna della "repubblica di Salò". Lei può trovare l'ennesima conferma nell'articolo del mio Papà, militare prigioniero nei Campi di concentramento tedeschi durante la seconda guerra mondiale, che Le allego, delle sofferenze che i Militari Prigionieri nei Campi tedeschi dovettero subire per difendere la loro dignità di Italiani, di Militari e di Uomini.

Può un ministro della Repubblica Italiana, che ha giurato fedeltà alla Costituzione, dimenticare che essa è fondata sui valori sacrosanti e sui sacrifici inenarrabili dell'Antifascismo e oltraggiare la memoria degli Eroi che diedero vita in Italia e nei Campi di concentramento alla Resistenza contro il nazifascismo e sfidare in modo così inaudito quella parte del Popolo italiano che non li ha dimenticati e resta fedele alla Costituzione della Repubblica Italiana?

Io Le chiedo Sig. Presidente e se ne valesse la pena vorrei chiedere al Ministro La Russa chi furono i Patrioti: coloro che resistettero (e molti morirono) nei Campi o i traditori (i repubblichini della repubblica di Salò) che cercarono di imporre scelte aberranti e che furono respinte con così gravi sacrifici?

E' un inaccettabile imbroglio cercare di mettere sullo stesso piano carnefici e Vittime, traditori ed Eroi.

La ringrazio per le sue affermazioni che cercano di ripristinare la Verità storica, ma ciò come Lei può ben capire non basta a me e credo a nessuno che si senta legato a quel Sacrificio e si sia imposto di rispettarlo a qualunque costo. 

Le Istituzioni della nostra Repubblica non possono avere tentennamenti, incertezze o posizioni opportunistiche. Ciò che La Russa ha compiuto e un atto gravissimo e deve essere duramente sanzionato.

Il Patto democratico che lega la Repubblica ai cittadini deve essere reciprocamente rispettato: se la Repubblica lede quel patto esso è morto per tutti e la nostra convivenza civile cambia totalmente natura e ogni obbligo viene meno, viene meno per tutti.

Sig. Presidente,
mi auguro che siano intraprese ad ogni livello le iniziative necessarie perché la legalità repubblicana sia ripristinata.

Con rispetto
Dr. Roberto Taverna




"Dichiarazione d'impegno":
"Aderisco all'idea repubblicana dell'Italia repubblicana fascista e mi dichiaro volontariamente pronto a combattere con le armi nel costituendo nuovo esercito italiano del duce, senza riserve, anche sotto il comando supremo tedesco, contro il comune nemico dell'Italia repubblicana fascista del duce e del grande Reich germanico".

RESISTENZA DEGLI ITALIANI IN GERMANIA (1)

Nel marzo del 1944 dopo un penoso viaggio durato otto giorni, in vagoni piombati (come di consuetudine) provvisti di stufette ma non di combustibile, affollati bestialmente sì che non era possibile fare alcun movimento, con circa dieci centimetri di acqua ghiacciata sotto la schiena per tutta la durata del viaggio, mentre il "bugliolo" degli escrementi passava di mano in mano, con la legge che chi lo usava se lo teneva, la mia salma veniva scaricata alla stazioncina di Sandbostel - Soltau (Hannover) per essere avviata, a piedi, allo Stammlager XB distante una quindicina di chilometri.
Dopo sei mesi di Polonia (campo di Benjaminow - District Warschau denominato prima Stammlager 333, poi Offlag 73), pesavo circa 40 kg. Dal 3 settembre 1943 non avevo notizie dei miei fino al 15 febbraio 1944 quando su una cartolina di un altro internato vidi una riga di pugno di mia moglie. Noi potemmo scrivere una cartolina soltanto 1' 11 novembre 1943. Dicevo: "Sono prigioniero dei tedeschi..." La parola prigioniero fu cancellata dalla censura tedesca! Ci furono distribuiti moduli per scrivere in misura di due al mese e moduli per pacchi. Di una quarantina di pacchi speditimi dai miei famigliari, ne ho ricevuti sei, uno dei quali svuotato di ogni suo contenuto dalla sera alla mattina, penso ad opera degli ufficiali italiani addetti all' ufficio posta. I tedeschi non prendevano nulla dai nostri pacchi. Altri cinque mi furono consegnati tutti insieme il 5 aprile 1945: erano quasi completamente inservibili perché rimasti giacenti all' ufficio del campo, mentre io stavo tirando le cuoia e nessuno mi aveva cercato. Da questi particolari si può capire come funzionò il servizio pacchi. I moduli lettera erano di 24 righe e bisognava seguire rigorosamente le istruzioni e guardarsi da espressioni sospette: tuttavia queste frasi di mio padre in una lettera dell'11 dic. 1944 sfuggirono alla censura! "Noi stiamo bene; si vive un po' pericolosamente! ma affrontiamo serenamente il crudele destino che ci han preparato i nostri cari Signori direttori d'orchestra! di pifferi! Ammirando in te e compagni di sventura il carattere d'Italiano sano di mente e di cuore..." Quanto coraggio mi diedero queste parole di mio padre che aveva sopportato senza un lamento 30 mesi di trincea nella guerra 1915-18 dal Carso al Trentino al Piave e che ora - come seppi al mio ritorno - era dovuto fuggire alla macchia per evitare l' arresto da parte dei nazi-fascisti.
Quando arrivai a Sandbostel il mio abbigliamento era ancora quello della cattura, estivo e ridottissimo: ero senza scarpe e calzavo zoccoli di legno. A Benjaminow avevo trasformato i miei stivali in qualche chilo di patate per sostenermi in una dissenteria durata una quarantina di giorni. A questo proposito occorre dire che nei lager tedeschi quella che si definiva infermeria era soltanto una baracca che ospitava medici internati, dove però non c' era ombra di medicinali né di assistenza. Gli ammalati, anche gravissimi non ebbero mai un trattamento anche minimamente differenziato. I morti erano portati via nudi, su carri da letame.
I tedeschi ostentarono per noi ogni forma di inumano disprezzo: la loro espressione più gentile era "Traditori". La cosa ci lasciava indifferenti; sarebbe oltretutto stato sgradevole essere rispettati da un complesso così poco rispettabile. Individualmente qualcuno ebbe ammirazione per noi; ma lo diceva di nascosto per paura. Paura giustificata se si pensa che il Capitano Lohse, soprannominato "Armistizio" fu impiccato dai suoi soldati alla vigilia della nostra liberazione, solo perché nella zona erano arrivate le "SS". A Benjaminow il maresciallo addetto alla conta, dopo aver contato gli "aderenti", diceva: "E ora andiamo a contare gli Italiani". Non so nulla della sua fine.
Un trasferimento voleva dire disagi immensi e implicava la perdita di quei pochi stracci e strumenti di fortuna che il prigioniero, con ingegnosa pazienza e con molta parsimonia, riusciva a procurarsi. Le perquisizioni, particolarmente accanite, i bagni con disinfestazioni (docce che passavano di colpo dal gelido al bollente; camere-asciugatoio ad aria caldissima, poi fuori, nudi, sotto la neve, per qualche mezzora a cercare i nostri stracci) erano operazioni terribili. Se ne occupava la Gestapo.
I tedeschi cercarono fin dal primo giorno di farci aderire in ogni modo, con mille insidie psicologiche e torture fisiche e morali, a firmare dichiarazioni come la seguente:
"Dichiarazione d'impegno":
"Aderisco all'idea repubblicana dell' Italia repubblicana fascista e mi dichiaro volontariamente pronto a combattere con le armi nel costituendo nuovo esercito italiano del duce, senza riserve, anche sotto il comando supremo tedesco, contro il comune nemico dell' Italia repubblicana fascista del duce e del grande Reich germanico".
In cambio di ciò avremmo avuto il pane, le sigarette ed altro. Era un pane sporco; ma per Natale, traditi da una debolezza d' animo più che di corpo, molti ne mangiarono; e per tre mesi furono lasciati nel nostro campo a... farci invidia. Scoppiarono baruffe e gli "optanti" erano cacciati con male parole quando si presentavano alle nostre baracche. Molti di noi sdegnarono anche di posare gli occhi su quel foglio: e così, minuto per minuto, in quell' angoscia mortale, passarono sui nostri corpi cadaverici, sempre più secchi, sempre più gelidi, diciannove mesi di prigionia; cinquecentosettanta giorni di fame; mentre in tutti i campi una buca delle lettere era pronta ad accogliere domande furtive di "optare" o per l' esercito o per il lavoro. Ogni tanto arrivavano dei messi della repubblica sociale ad insultare la nostra miseria; oppure commissioni sedicenti di assistenza che finivano sempre con il ritornello del lavoro. Devo dire, ad onor del vero, che dalla repubblica sociale arrivò anche, nel gennaio 1945, un carico di gallette e latte condensato: ne toccò a ciascuno in ragione di un Kg. e mezzo di galletta e una scatoletta e mezza di latte. Fummo incerti se rifiutare quel soccorso, ma non ci parve di averne il diritto.
Al campo XB (Sandbostel) la persecuzione delle adesioni si interruppe, per quaranta giorni, con 1' epidemia di tifo petecchiale: il campo fu sprangato, sigillato e i tedeschi non si fecero più vedere. Ed era stravedere, in quella terribile minaccia, una certa macabra allegria dipinta su gli occhi di tutti, per 1' assenza dei nostri aguzzini. Dalle torrette però le sentinelle vigilavano ed erano pronte a sparare.
Ai primi di novembre 1944 fui trasferito, come "indesiderabile" al campo Offlag 83 di Wietzendorf. Questo trasferimento poteva costarmi la vita: non ricevetti più posta né pacchi. Avevo, parlando con un amico, pronunciato espressioni poco benevole per la monarchia: un capitano dei carabinieri mi aveva sentito e mi denunciò al comando (cosiddetto) italiano del campo, tenuto da un certo colonnello Angiolini, proveniente da Rodi. Fui processato e mi dovetti difendere; e poiché il comando italiano fu incaricato di compilare gli elenchi dei trasferendi, il mio nome fu tra i primi. Wietzendorf, si vociferava, era un campo di smistamento al lavoro forzato, previa trasformazione degli internati militari in "civili". Era un campo dichiarato inabitabile da una commissione di tedeschi, ed era servito per lo smistamento degli italiani dopo la cattura. Là ero arrivato ai primi di ottobre del '43 per ripartirne poi alla volta della Polonia. Il campo di Wietzendorf constava di 16 blocchi, che erano costruzioni basse con il pavimento in terra battuta, quasi senza luce e senz' aria, ma gelide, per gli spifferi che entravano da una quantità di fessure; erano inadatte ad ospitare dei porci. Non disponevamo neppure di un metro quadrato di spazio per ciascuno; lunghe stalattiti di ghiaccio continuarono a pendere sui nostri corpi assiderati e sui nostri sguardi atterriti per tutto il terribile inverno 1944-45; gli allarmi aerei, quasi continui, impedivano le distribuzioni della ormai ridottissima razione, incapace di riscaldarci anche per pochi minuti; nell' intestino si formavano piccole pietre che si evacuavano, con sofferenze atroci ogni otto-dieci giorni; non crescevano più le unghie, né i peli; i nostri crani erano stranamente rimpiccioliti; la tubercolosi faceva strage. Stetti mesi e mesi disteso, immobile su quei luridi "castelli", per risparmiare quelle poche forze che i lunghi appelli stremavano; dopo di quelli rientravamo intirizziti, senza fiato, disperati; la sera passava in lugubri maledizioni; eravamo ormai degli agonizzanti. La mattina del 4 aprile 1945 fummo fatti uscire, repentinamente, dai blocchi 9, 10, 11, 12, "mit Bagage" e fatti passare nel precampo, sotto immensi tendoni: molti di noi non si reggevano in piedi; gli ufficiali tedeschi, al completo, avevano assistito alla manovra inspiegabilmente taciturni e guardavano i nostri corpi vaganti con un' insolita ombra di compassione negli occhi. Il Colonnello Testa ci rivolse un sermone a base di "abbiate fede" e "abbiate coraggio" che ci parve perfino eccessivo. Il fatto era che un tenente tedesco, fuggito poi dal campo gli aveva sussurrato con espressione ansiosa: "Finito... tutto finito... il campo. Non posso dirle altro"; e il capitano Jahn lo aveva preso in disparte dicendogli: "Se vi danno 1' ordine uscite, ma buttatevi per terra appena fuori dal cancello". Pare che fosse venuto 1'ordine di farci fuori e che fortuite circostanze e la paura di rappresaglie, minacciate dalle radio alleate, lo abbiano, all' ultimo momento, impedito.
Scrive il Testa, nel suo libro Wietzendorf: "l' indomani, all' appello, coloro che hanno dormito sotto i tendoni sembrano lividi fantasmi; sono fradici di brina...".
Fummo liberati il mattino del 21 aprile durante una tregua concordata tra tedeschi e americani per farci uscire dal campo e raggiungere le linee alleate, dopo aver passato giornate infernali, in ottanta per stube, tra bombardamenti di ogni genere (i tedeschi, ultima finezza, si erano fatti scudo del nostro campo, piazzandogli attorno mortai potentissimi a sei canne) dopo anche una finta liberazione il 18 aprile con ritorno di SS inferocite. Molti non poterono incamminarsi. Ai più la disperazione, unita alla speranza, diede forza. In un bosco, in prossimità di Berghen, ci venne incontro una jeep montata da ufficiali in divisa scozzese, poi autocarri americani: era la liberazione. La libertà 1' avevamo costruita giorno per giorno, dentro ai reticolati.
Una settimana a Berghen; poi rientrammo al campo di Wietzendorf, che divenne: "Italian Prisoner of War X - Offlag 83". Gli inglesi non capirono nulla della nostra condizione né del nostro sacrificio; per poco non ci classificavano collaboratori dei tedeschi. Il 16 luglio 1945 scrivevo a mia moglie: "per fortuna io non ho mai sperato nulla dalla mia azione, ma è certo che questa trascuratezza nei nostri riguardi suscita nei più un risentimento che distrugge tutto il frutto di questi due anni". Tutti i paesi mandavano commissioni a far rimpatriare i prigionieri; dall' Italia non venne nessuno e gli inglesi ce lo rimproveravano! come se fosse una colpa nostra.
Così si compiva una vicenda tristissima che aveva visto 1' assoluto disinteresse di tutti alla nostra situazione; nessuno, dico nessuno, pronunciò una parola o fece un intervento a nostro favore. La croce rossa che a Lubecca aveva montagne di pacchi e ne aveva distribuito a tutti, a noi Italiani non diede nulla; nessuna potenza si dichiarò nostra protettrice; nessuna autorità si mosse, come nessuno si mosse in difesa degli ebrei, o dei russi condannati alle più dure fatiche tra le quali emergeva quella di trainare, larve d'uomini, carri pieni di sterco.
Oggi a vent'anni di distanza, quella realtà che fu così tragica sembra perfino comica; scegliere la morte lenta per non firmare una carta? Che cosa è una carta? Cipriano dice che tra i primi cristiani molti portavano in tasca una carta, un certificato che essi avevano sacrificato agli dei pagani, che non erano cristiani, per aver salva la vita: erano detti "libellatici". I Quattromila ufficiali superstiti di Wietzendorf che non accettarono di firmare quella carta furono consapevoli del loro dovere di fronte all' umanità travolta dalle tenebre della viltà, dalla tempesta della violenza. Nessuno può immaginare lo strazio di una lunga consunzione per fame né altre pene di una così dura prigionia, ma nessuno potrà neppure immaginare la grande fierezza di quei quattromila straccioni che disobbedivano alla grande potenza armata del terzo Reich e la grande felicità nel vederli impotenti a sottometterli. "I potenti possono sì minacciare ma non comandare".
I mali peggiori della prigionia furono: la mancanza di notizie da casa; l' assenza del minimo filo d'erba in quell' inferno di filo spinato; il sudiciume perpetuo; le interminabili discussioni sulle adesioni; la follia degli affamati, dei quali ciascuno lamentava di aver avuto la parte più piccola, guardando la parte degli altri con gli occhi sbarrati dall' invidia; quel continuo parlare di cibi e di mangiare; quel rimescolare per ore nei gamellini vuoti come se l' anima stesse tutta sulla punta di quel cucchiaio di stagno impotente. La promiscuità pressante, continua; la mancanza di acqua; le spie; gli interpreti altoatesini che con compiaciuta brutalità, comunicavano gli ordini dei comandanti tedeschi; i bambini tedeschi che ci insultavano.
Ci ha confortato l' amicizia di tutti coloro che avevano la nostra stessa fede; la parola coraggio scritta nelle lettere che venivano da casa; la volontà di non chiedere nulla; la certezza di non aver avuto nulla. Ma soprattutto il conforto di scoprire la libertà di una coscienza che sa dir di no, anche se ogni sera, per tante interminabili sere, sa di coricarsi con la morte al fianco. (2)

note:
(1) Su richiesta di Don G. Cavalli, presidente dell' Istituto Storico della Resistenza per la Provincia di Parma, che in una lettera del 2 febbraio 1965 gli chiedeva "la sua testimonianza in quanto parte insostituibile di un tutto che è la liberazione non solo di Parma, ma delle nostre genti", Taverna scrisse per il primo numero della rivista "La lotta di Liberazione nel Parmense" (aprile 1965) l'articolo che segue. (n.d.r.). - Dal libro: Emilio Taverna - Pensiero e Poesia - a cura di Sergio Caroli. Edizioni Scientifiche Oppici - Novembre 1992
(2) Sul calvario della sua prigionia nei lager nazisti Taverna ha lasciato pagine struggenti di memorie raccolte in diversi quaderni, rimasti inediti, che recano per titolo Stelle e spine. (n.d.r.).

Articolo Articolo  Storico Storico Stampa Stampa
 
# 1
Condivido appieno le Sue osservazioni, ho rinvenuto dopo circa 70 anni i diari di prigionia nei lager tedeschi di mio nonno Capitano del Regio Esercito Italiano, non optante, che a breve saranno da me pubblicati nel mio libro perchè il monito e la memoria di questi uomini beffati dal destino e dimenticati dalla Patria resti vivida, insieme ai valori essenziali della vita, in noi e nelle generazioni a venire!
Avv. Laura Fano
.::  Avv. Laura Fano  inviato il 16/03/2011 @ 18:52:50
Testo (max 2000 caratteri)
Nome
eMail



Scrivi i caratteri che leggi nell'immagine, rispettando le maiuscole


Trattamento dei dati
Informativa art. 13 D.lgs. 196/2003Desideriamo informarla che il D.lgs. n. 196/2003 prevede la tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali. Secondo la normativa indicata, tale trattamento sarā improntato ai principi di correttezza, liceitā e trasparenza e di tutela della Sua riservatezza e dei Suoi diritti. Ai sensi dell'art. 13 del D.lgs. n.196/2003, Le forniamo, quindi, le seguenti informazioni:

    • I dati da Lei forniti verranno trattati esclusivamente per finalitā concernenti l'attivitā informativa di questo spazio
    • Il conferimento dei dati č facoltativo e l'eventuale rifiuto a fornire tali dati non ha alcuna conseguenza.
    • I dati da Lei forniti non saranno oggetto di diffusione se non quelli specifici di questo sito web.
Disclaimer
L'indirizzo IP del mittente viene registrato, in ogni caso si raccomanda la buona educazione.
Iscriviti alla newsletter
 

Cerca per parole chiave
 



Titolo
Ambiente (1)
Atti Ufficiali (2)
Avvisi (3)
Avvisi ai lettori blog (3)
Bologna (3)
Catasto (36)
Contributi al Blog (1)
Diritti (4)
Economia (64)
Energia e ambiente (1)
Finanza (23)
Finanziaria (10)
Fisco (27)
generale (3)
Internazionale (2)
Interviste (12)
Lavoro (32)
Ministero delle Finanze (10)
Nucleare (58)
Ogm (1)
Omeopatia (2)
Pace (1)
Politica (431)
Pubblicazioni (13)
Sondaggio (1)
Tobin tax (12)
Trentin (1)
Welfare (7)

Catalogati per mese:
Agosto 2005
Settembre 2005
Ottobre 2005
Novembre 2005
Dicembre 2005
Gennaio 2006
Febbraio 2006
Marzo 2006
Aprile 2006
Maggio 2006
Giugno 2006
Luglio 2006
Agosto 2006
Settembre 2006
Ottobre 2006
Novembre 2006
Dicembre 2006
Gennaio 2007
Febbraio 2007
Marzo 2007
Aprile 2007
Maggio 2007
Giugno 2007
Luglio 2007
Agosto 2007
Settembre 2007
Ottobre 2007
Novembre 2007
Dicembre 2007
Gennaio 2008
Febbraio 2008
Marzo 2008
Aprile 2008
Maggio 2008
Giugno 2008
Luglio 2008
Agosto 2008
Settembre 2008
Ottobre 2008
Novembre 2008
Dicembre 2008
Gennaio 2009
Febbraio 2009
Marzo 2009
Aprile 2009
Maggio 2009
Giugno 2009
Luglio 2009
Agosto 2009
Settembre 2009
Ottobre 2009
Novembre 2009
Dicembre 2009
Gennaio 2010
Febbraio 2010
Marzo 2010
Aprile 2010
Maggio 2010
Giugno 2010
Luglio 2010
Agosto 2010
Settembre 2010
Ottobre 2010
Novembre 2010
Dicembre 2010
Gennaio 2011
Febbraio 2011
Marzo 2011
Aprile 2011
Maggio 2011
Giugno 2011
Luglio 2011
Agosto 2011
Settembre 2011
Ottobre 2011
Novembre 2011
Dicembre 2011
Gennaio 2012
Febbraio 2012
Marzo 2012
Aprile 2012
Maggio 2012
Giugno 2012
Luglio 2012
Agosto 2012
Settembre 2012
Ottobre 2012
Novembre 2012
Dicembre 2012
Gennaio 2013
Febbraio 2013
Marzo 2013
Aprile 2013
Maggio 2013
Giugno 2013
Luglio 2013
Agosto 2013
Settembre 2013
Ottobre 2013
Novembre 2013
Dicembre 2013
Gennaio 2014
Febbraio 2014
Marzo 2014
Aprile 2014
Maggio 2014
Giugno 2014
Luglio 2014
Agosto 2014
Settembre 2014
Ottobre 2014
Novembre 2014
Dicembre 2014
Gennaio 2015
Febbraio 2015
Marzo 2015
Aprile 2015
Maggio 2015
Giugno 2015
Luglio 2015
Agosto 2015
Settembre 2015
Ottobre 2015
Novembre 2015
Dicembre 2015
Gennaio 2016
Febbraio 2016
Marzo 2016
Aprile 2016
Maggio 2016
Giugno 2016
Luglio 2016
Agosto 2016
Settembre 2016
Ottobre 2016
Novembre 2016
Dicembre 2016
Gennaio 2017
Febbraio 2017
Marzo 2017
Aprile 2017
Maggio 2017
Giugno 2017
Luglio 2017
Agosto 2017
Settembre 2017
Ottobre 2017
Novembre 2017
Dicembre 2017
Gennaio 2018
Febbraio 2018
Marzo 2018
Aprile 2018
Maggio 2018
Giugno 2018
Luglio 2018
Agosto 2018
Settembre 2018
Ottobre 2018
Novembre 2018
Dicembre 2018
Gennaio 2019
Febbraio 2019
Marzo 2019
Aprile 2019
Maggio 2019
Giugno 2019
Luglio 2019
Agosto 2019
Settembre 2019
Ottobre 2019
Novembre 2019
Dicembre 2019
Gennaio 2020
Febbraio 2020
Marzo 2020
Aprile 2020
Maggio 2020
Giugno 2020
Luglio 2020
Agosto 2020
Settembre 2020
Ottobre 2020
Novembre 2020
Dicembre 2020
Gennaio 2021
Febbraio 2021
Marzo 2021
Aprile 2021
Maggio 2021
Giugno 2021
Luglio 2021
Agosto 2021
Settembre 2021
Ottobre 2021
Novembre 2021
Dicembre 2021
Gennaio 2022
Febbraio 2022
Marzo 2022
Aprile 2022
Maggio 2022
Giugno 2022
Luglio 2022
Agosto 2022
Settembre 2022
Ottobre 2022
Novembre 2022
Dicembre 2022
Gennaio 2023
Febbraio 2023
Marzo 2023
Aprile 2023
Maggio 2023
Giugno 2023
Luglio 2023
Agosto 2023
Settembre 2023
Ottobre 2023
Novembre 2023
Dicembre 2023
Gennaio 2024
Febbraio 2024
Marzo 2024
Aprile 2024
Maggio 2024
Giugno 2024
Luglio 2024
Agosto 2024
Settembre 2024
Ottobre 2024

Ultimi commenti:
Dal 25 Febbraio che si chiede ...
15/05/2022  20:32:40
.:: CARLO
Cara Maria Luisa, in senso str...
04/05/2021  20:03:02
.:: Alfiero Grandi
On. Alfiero, faccio parte del ...
07/03/2021  14:17:38
.:: Maria Luisa Paroni
Sono stata la tua segretaria a...
29/01/2021  12:20:37
.:: sonia leandri
Ci sono dei Compagni che non d...
22/01/2021  23:28:35
.:: Angelo Gentilini



Titolo



Ci sono 2119 persone collegate