Troviamo risorse per i paesi poveri.
Intervista ad Alfiero Grandi di Luca Bonaccorsi per il settimanale Left-Avvenimenti
Alfiero Grandi, sottosegretario alle Finanze e relatore del progetto di legge nella scorsa legislatura, ha oggi la delega del governo in materia di tasse sui flussi internazionali di capitale.
Non sono pochi sei paesi per applicare la tassa? La maggioranza delle transazioni valutarie avviene a Londra, la tassa avrebbe senso senza l’adesione del Regno Unito?
È indubbio. Ma direi che il nostro obiettivo è che l’Unione europea apra un dibattito sulla materia e dia degli orientamenti. In un paese come la Francia, un presidente conservatore come Chirac ha avviato una commissione di studi che ha approfondito gli aspetti tecnici ed economici del provvedimento. Dobbiamo farlo anche noi. Dobbiamo superare gli atteggiamenti ideologici alla Tremonti e discutere sulla fattibilità della misura. Entrambi gli obiettivi, stabilizzare le fluttuazioni eccessive dei mercati finanziari e trovare nuove risorse per i paesi più poveri, sono nobili e vanno perseguiti.
Come risponde alle obiezioni teoriche, pratiche e anche a quelle economiche che riguardano la salute delle nostre piazze finanziarie?
Sono tutti problemi veri che vanno affrontati. Per aggiustare il tiro e formulare la norma più efficace ed equa. Dobbiamo mettere in moto la discussione. Ma non possiamo continuare a ignorare la gravità degli effetti della speculazione finanziaria sull’economia di alcuni paesi, specie quelli più fragili. Così come non possiamo eludere il problema del reperimento di fondi per riequilibrare i processi di sviluppo mondiali. Alle critiche più ideologiche rispondo che esistono esempi pratici di successo di misure simili. In Cile, nel governo precedente, una pesantissima tassazione delle transazioni di breve termine ha protetto il paese dagli attacchi degli speculatori durante l’ultima crisi valutaria sudamericana.
Nella legge si parla solo di transazioni valutarie. E le azioni, le obbligazioni, gli swap? Non rischiate con questa misura semplicemente di trasferire la volatilità ad altri mercati non tassati?
Certo. Però la legge, e il dibattito che questa apre, avranno un effetto grimaldello: faranno riaprire la questione della volatilità dei mercati finanziari e dei loro flussi, dei meccanismi che li governano.
New York è la principale piazza finanziaria mondiale. Senza gli Usa la tassa avrebbe poco significato.
È vero, e gli Usa sono sempre stati tra gli oppositori più fieri a forme di controllo del movimento dei capitali. Ma dall’11 settembre le cose sono cambiate. Quando si è trattato di combattere al Qaeda e di rintracciare i soldi dell’organizzazione i controlli li hanno fatti eccome. Pure nei paradisi fiscali, un altro dei problemi che dobbiamo affrontare. È un percorso difficile ma sappiamo tutti che “non si fa una frittata senza rompere qualche uovo”.
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