Si può tentare capire che venga difesa una scelta anche se non ha dato i risultati promessi. Del resto la riflessione autocritica non ha mai avuto un alto indice di gradimento, eppure la scelta, (definita strategica), del PD di andare "solo" alla prova elettorale, non ha realizzato l'obiettivo promesso. Non basta paragonare mele e pere per riuscire a dimostrare il presunto successo ottenuto dal PD come partito. Anzitutto il PD non ha realizzato l'obiettivo di diventare il primo partito in parlamento. Di più, se il paragone viene fatto correttamente, e quindi non con i sondaggi ma con i voti realmente ottenuti in precedenza, il PD non ha avuto certamente un risultato esaltante. In ogni caso il confronto politico principale è certamente con l'obiettivo di vincere le elezioni politiche e purtroppo i 9,3 punti percentuali con cui hanno vinto PDL e Lega, confermano che il PD non solo ha mancato il risultato, ma in realtà non ha mai avuto alcuna speranza di raggiungerlo e questo rende ancora più paradossale lo svuotamento elettorale della sinistra.
In altre parole la via scelta per realizzare l'obiettivo si è rivelata sbagliata. Insistere su questa strada, come sembra di capire dall'intervista a l'Unità di Veltroni, rischia di portare ad un avvitamento ulteriore perché agli elettori del centro sinistra, già politicamente depressi dalla vittoria del centro destra, viene riproposta una via che si è già rivelata fallimentare nei fatti e quindi non ulteriormente credibile.
Di più, se il PD manterrà il suo atteggiamento da "finalmente liberi" otterrà due risultati paradossali ed entrambi negativi.
Il primo è di aggravare il senso di sconforto nell'elettorato di centro sinistra perché è del tutto evidente che così il PDL rischia di vincere ancora per molto tempo. Senza una politica di alleanze adeguate non si vince, c'è poco da fare e in questa direzione sono importanti le prime riflessioni di Bersani e quelle ulteriori di D'Alema. Del resto il rifiuto di Di Pietro di entrare nei gruppi parlamentari del PD e ora le tensioni con i radicali sono la conferma che in futuro si continueranno a fare "vertici", anche se non più di maggioranza ma appunto di opposizione e questo conferma la strumentalità della scelta di rifiutare l'alleanza solo con la sinistra.
Il secondo è di allargare il solco con la variegata sinistra esistente. Č infatti del tutto evidente che il dibattito nella sinistra, duramente sconfitta, mette in evidenza forti tentazioni di arroccamento politico. Tentazioni per ora non ancora consolidate ma che potrebbero esserlo tra qualche tempo.
La posizione più in difficoltà nella sinistra è oggi certamente quella che - senza risparmiare critiche e nascondere le forti differenze dal PD - vorrebbe tuttavia puntare sulla costruzione di un nuovo centro sinistra: meno frammentato, più coeso del passato, con un programma più solido e con un chiaro impegno di realizzazione, ma pur sempre centro sinistra in grado di offrire un'alternativa credibile di governo al nostro paese.
Si può anche gioire delle difficoltà della sinistra dopo le elezioni, ma sarebbe un atteggiamento masochista perché se nell'area di quella che fu la sinistra arcobaleno dovessero prevalere le posizioni di arroccamento, o comunque queste diventassero ancora più forti, non ci sarebbe - a breve - la possibilità di riprendere un rapporto positivo tra PD e sinistra. Questo perché verrebbe politicamente travolta tutta l'esperienza fin qui compiuta dalla sinistra come parte costitutiva del centro sinistra. Tanto più che anche il PD non ha certo scherzato nel misconoscere gli aspetti positivi, che malgrado tutto ci sono, dell'esperienza del Governo di centro sinistra. A meno che non si pensi seriamente che l'esperienza del Governo Prodi sia tutta da buttare.
Infatti la costruzione di un'alternativa politica credibile al centro destra, dipende largamente dalla capacità di individuare cosa non è andato nell'esperienza passata. Quindi il PD fa malissimo a non fare una riflessione innovativa sui risultati elettorali e sulla situazione attuale perché in questo modo si condanna a togliere dall'orizzonte la speranza di una rimonta politica, per realizzare la quale la sinistra (e i suoi voti) sono comunque indispensabili. Il conto è presto fatto. Il PD ha realizzato l'obiettivo di svuotare la sinistra in nome della diga anti PDL (in nome del voto utile) ma questa possibilità è preclusa in futuro. Tanto più dopo l'esito del voto. Oggi è del tutto chiaro che il miracolo di legittimare il dualismo PD/PDL (o noi o loro, ha detto più di uno dei dirigenti PD) e nello stesso tempo di erigersi a diga anti PDL, è definitivamente tramontato. Questi voti possono tornare, e in parte stanno già tornando a sinistra. Poi oltre ai voti ottenuti, per quanto insufficienti ad ottenere una rappresentanza parlamentare anche per la frammentazione di liste, la sinistra è l'unica forza che può provare a fare uscire dall'area del non voto un cospicuo astensionismo di sinistra.
A sinistra già oggi c'è un voto complessivo ben oltre il 4%, a cui si può aggiungere un possibile recupero di astensionismo e anche un ritorno di voti dal PD.
La questione da affrontare non è solo se la sinistra riuscirà nell'obiettivo, quanto anche l'interesse di tutto il centro sinistra ad aiutare questo processo per realizzare in conclusione un assetto che abbia un'effettiva credibilità di vittoria. Č chiaro che a sinistra la delusione per i risultati ottenuti nell'esperienza di governo è molto forte e solo un progetto credibile e innovativo potrebbe provare a superare le difficoltà attuali. Quando Veltroni afferma che il 47 per cento degli italiani non ha votato per il PDL e la Lega, forse inconsapevolmente, mette il dito nella piaga. Infatti questo 47 per cento di voti oggi semplicemente non è sommabile. Anzitutto vanno tolti i voti della destra, ma anche i voti della sinistra (e del PSI) sono sommabili a quelli del PD solo se legati da una alleanza e oggi non è così, anzi.
Che senso ha e quali prospettive reali consente la stanca ripetizione che la scelta del PD è stata la migliore possibile e lo sarebbe anche per il futuro dal momento che è del tutto evidente che il PD, da solo, non è in grado di rappresentare anche la sinistra?
Al contrario, riconoscere l'errore compiuto e mutare atteggiamento potrebbe aiutare il dibattito a sinistra ad indirizzarsi verso la costruzione di un nuovo, più vero centro sinistra.
Altrimenti il PD per primo è destinato a subire cocenti e pesanti delusioni, come del resto avviene sempre quando non si è in grado di offrire una prospettiva politica credibile per tutto lo schieramento potenziale. L'UDC non è una reale alternativa a questa linea. Semmai per il PD è un concorrente perché il suo elettorato è al centro, dove vorrebbe allargarsi il PD, e perché il suo orientamento è notoriamente di essere alternativo al PD, nella speranza di una crisi del PDL che apra spazi che per ora sono chiusi all'UDC.
Quindi o il PD riapre il confronto per tentare di realizzare una sintesi politica con la sinistra, o subirà il logoramento tipico di chi, nato per governare è destinato a non riuscirci, con tutte le conseguenze del caso anche sui suoi assetti interni.
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