Intervista di Matteo Bartocci per il manifesto del 8 settembre 2007
Parla Alfiero Grandi (Sd): «La lezione di Bruno è un'indicazione per gestire accordi diffìcili e perfino sbagliati. Come nel '92»
Una fondazione unica della sinistra dedicata a Bruno Trentin: «Una figura tragica e allo stesso tempo titanica, un indagatore curioso della realtà che corrisponde poco ai ritratti che sono stati fatti alla sua morte, spiega Alfiero Grandi, ex dirigente Cgil oggi al ministero dell'economia per Sinistra democratica. «Trentin era una figura intellettuale, sindacale e politica complessa per la molteplicità degli argomenti di cui si è occupato. In questo senso vedrei bene che a lui venisse dedicata la fondazione della sinistra di cui si parla da tempo senza molti risultati».
Ai suoi funerali è stato evocato soprattutto come «uomo della concertazione». E' una lettura che ti convince?
C'è certamente il rischio di un ricordo agiografico o parziale. Ma reclutarlo tra i patrocinatori della concertazione è profondamente sbagliato. Trentin è molto più importante per il processo unitario dei metalmeccanici, la contrattazione sui luoghi di lavoro o la democrazia dal basso. Questo è il Trentin con una foltissima capacità innovativa. Come segretario della Cgil gestì certamente una fase critica. Per definizione la concertazione dovrebbe essere fonte di un clima dì intesa, se invece ha prodotto così tante lacerazioni qualche problema doveva pur esserci.
In effetti giudicò l'accordo del '92 sbagliato nel merito ma lo firmò per pura necessità politica.
In segreteria solo io, Lucchesi e Bertinotti votammo contro. Ma lo stesso Trentin dal punto di vista politico non aveva repliche da farci» In quel caso fece un'impresa quasi titanica: prese su di sé tutta intera la contraddizione e diede le dimissioni. Firmò perché senza la Cgil probabilmente la crisi del governo Amato ci sarebbe stata, tenendo conto del clima di Tangentopoli. Allo stesso tempo si dimise perché sapeva di non avere il mandato a trattare e che l'accordo era una sconfitta. Subito dopo pensò veramente a una trappola, quando a settembre il governo svalutò la lira del 25% senza preavviso.
E' quasi una figura tragica.
Trentin era perfettamente consapevole della contraddizione irrisolvibile creata con la firma all'accordo. Divenne quasi la rappresentazione plastica della contraddizione in cui era finita la Cgil, a cui tanti lavoratori guardavano come il garante della democrazia di mandato di cui Trentin stesso era un fortissimo sostenitore. Dare le dimissioni fu una scelta con una dimensione dell'etica personale formidabile e coinvolgente. Per questo come tanti altri sostenni il ritiro delle sue dimissioni. Fino al pieno appoggio per il superamento delle componenti politiche, il cui ruolo debordante aveva portato la Cgil in pochi anni sull'orlo della scissione almeno due volte. Trentin insegnò a tutti che si può firmare un accordo brutto e sindacalmente non accettabile e assumersene fino in fondo la responsabilità. In questo modo ottenne Teff etto che proprio dalle posizioni di dissenso gli arrivò un sostegno leale nel governare quella fase difficile, rischiosa e contraddittoria della vita della Cgil, Proprio la capacità di Trentin di discutere senza ambiguità nel gruppo dirigente e soprattutto di costruire il superamento della crisi fu la chiave per uscire da una situazione altrimenti devastante.
Però vennero le contestazioni e perfino i bulloni sul palco.
I bulloni nelle piazze li sfidammo tutti insieme. Trentin in testa, certo, ma non da solo. I lavoratori erano profondamente amareggiati, andava ricostruito un rapporto di fiducia, andandoli a cercare, esponendosi alle critiche. Per realizzare questo «miracolo» occorreva passare da una prava di confronto, certo difficile ma autentica. Questa terribile fatica ottenne un risultato importante.
Pensi all'accordo del '93?
L'accordo del '93 fu vissuto da Trentin come il possibile riscatto rispetto a quello del '92, Anche sotto il profilo personale, tant'è che subito dopo ritenne finita la sua esperienza alla guida della Cgil.
E' inevitabile pensare all'oggi. Anche oggi il sindacato vive una contraddizione meno drammatica ma molto simile.
Era un'epoca diversa. L'elemento comune non è il paragone tra il '92 e il '93 quanto la capacità di trovare una soluzione alle fasi in cui non tutto si combina. Bisogna essere consapevoli che non siamo alla fine della storia, che dai punti di forza che si sono conquistati, anche se pochi, si può risalire. La figura di Bruno Trentin e soprattutto il suo coraggio certamente parlano di noi, di oggi.
Ieri la sinistra parlamentare pare aver trovato una certa unità di intenti. A che punto siete?
E' un'apertura di credito. In tutti e 'è la consapevolezza che occorre fare presto e possibilmente bene un processo di unificazione. Se si guarda a quello di cui abbiamo bisogno ho l'ansia di fare di più e prima. Però ieri un passo avanti è stato indubbiamente fatto.
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