Rivoluzione estimi. Nel mirino il valore di 30 milioni di case
MISURE CONTRO L’EVASIONE IL GOVERNO METTERÀ IN FINANZIARIA IL DECENTRAMENTO PER CONSENTIRE AGLI ENTI LOCALI DI AVERE UNA SORTA DI ANAGRAFE IMMOBILIARE Una rivoluzione. Per avviare la «fase due» della lotta all’evasione e all’elusione fiscale. Questa volta nel mirino finiscono le case, i 29,7 milioni di immobili censiti a tutto il 2005, il loro accatastamento che, come rivelano molte indagini, spesso non riflette il valore reale dell’immobile. Con grave danno soprattutto per le entrate dei Comuni, come ben sanno soprattutto i sindaci delle grandi città. Per questo, per aggredire il problema, nella prossima legge finanziaria il governo potrebbe decidere di rendere definitivo il decentramento degli uffici del catasto. Con il pieno e diretto coinvolgimento degli enti locali che in questo modo avrebbero il controllo dei dati in tempo reale. Senza bisogno di richiederli alle varie Agenzie del territorio, gli uffici delle Finanze da cui dipendono gli sportelli catastali. Il progetto è in via di definizione: se ne stanno occupando i tecnici delle Finanze ed in particolare il sottosegretario diessino Alfiero Grandi. In realtà il decentramento del catasto non è una novità: la sperimentazione delle nuove procedure è già in atto da tempo. Si è cominciato nel 1998, con un primo provvedimento di riforma che fissava a partire dal 2000 i primi tre anni di prova poi prorogati per altri 3 anni. I primi risultati sembrano positivi ed al ministero si è consolidata l’idea di farla finita con i test e di estendere questa esperienza a tutto il territorio nazionale. Anche perché in questi sei anni, dati alla mano, gli uffici che si occupano di tenere i registri delle case degli italiani hanno fatto notevoli progressi. Grazie a informatica e telematica è stata praticamente azzerata la mole di arretrati che in passato aveva toccato livelli drammatici, un fenomeno datato diversi decenni addietro, che creava non pochi problemi, ai Comuni, ai singoli cittadini ed ai professionisti che si occupano della materia. L’indice di qualità del servizio (stabilito in base a parametri ed analisi ben precisi), grazie al gran lavoro svolto in questi anni dall’Agenzia del territorio, ha compiuto un balzo considerevole: era sotto la soglia del 50% ed ora ha raggiunto quota 75% con un obiettivo del 98% già fissato per il 2008. Per compiere il salto definitivo basta poco: «Occorre solamente inserire in Finanziaria le norme che definiscono il futuro del catasto e ne completano l’assetto», spiegano alle Finanze. Le strade possono essere diverse. Di base resterebbe un ruolo centrale del catasto per quanto riguarda la predisposizione delle regole generali del sistema nazionale, il funzionamento pratico degli uffici andrebbe poi definito d’intesa con i Comuni. Dall’esperienza di questi anni si può attingere molto: nella Bassa Bolognese, ad esempio, da oltre tre anni sei Comuni (un comprensorio di un centinaio di migliaia di abitanti, capofila San Giovanni in Persiceto) grazie al contributo decisivo della Provincia si sono consorziati tra loro per gestire nelle loro sedi il catasto. In alternativa, però, ci può anche essere una gestione decentrata a cura dell’Agenzia del territorio (che oggi dispone di oltre 400 uffici sparsi per il Paese) però sempre in stretta relazione con i Comuni e le loro esigenze. Ogni Regione potrebbe decidere di scegliere la via che ritiene più fattibile: dalla gestione diretta all’affidamento dei servizi. Tenendo presente un vecchio decreto ministeriale che prevede da tempo la possibilità per gli enti locali interessati di vedersi assegnare un certo numero di dipendenti e di attrezzature idonee, anche informatiche, per svolgere questo tipo di attività. Alla fine dell’operazione i Comuni verrebbero così messi nelle condizioni di sapere cosa accade nel loro territorio. Ed a quel punto si potrebbe attuare seriamente, in maniera molto più semplificata, quello che una Finanziaria del precedente governo aveva già disposto: la possibilità di verificare la situazione nelle varie zone catastali. Se sono ben fatte, se alloggi simili sono classificati allo stesso modo o no (i casi di piazza di Spagna e piazza Navona a Roma o piazza Vittorio a Torino sono evidenti), se si è tenuto conto delle migliorie apportate per definire le diverse classi di appartenenza e se tutte le case classificate A3 e A4 sono davvero «economiche» e «popolari» oppure devono salire qualche gradino e diventare magari «di lusso». Il tutto senza lungaggini burocratiche e senza costringere le amministrazioni a rivolgersi all’Agenzia del territorio. Stime sulla possibile evasione ed elusione che si potrebbe recuperare, al momento, non sono possibili. La partita non è affatto semplice. Chi si è applicato alla questione, come il Comune di Bologna, nel giro di pochi mesi con una operazione del genere ha recuperato una decina di milioni di euro di gettito Ici. Praticamente identiche le stime fatte l’anno passato dal Comune di Torino per l’operazione su piazza Vittorio tutt’ora in corso. Dati che, proiettati su scala nazionale, porterebbero ad incamerare certamente diversi miliardi di euro.
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