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Se l'Europa riscopre il vecchio Tobin
.:: Alfiero Grandi Pubblicato in data:  11/10/2010  17:13:00, in Finanza, letto 41484 volte

- Pubblicato da L'Unità il 11/10/10

La Tobin tax entrò negli obiettivi del programma del 2° Governo Prodi. Purtroppo la sua attuazione non fu realizzata nei 2 anni di vita del Governo. Tra proponenti e sostenitori se ne sono occupati in tanti. Oggi la disatrosa crisi finanziaria internazionale ha costretto a discutere di forme di regolazione dei mercati finanziari e di Tobin tax si è cominciato a parlare anche nelle sedi internazionali. Ne hanno parlato in tanti: dal banchiere che presiedeva il corrispettivo inglese della Consob italiana fino, più recentemente, a Sarkozy nel discorso all’ONU.
Ora l’Unità ha rilanciato meritoriamente la proposta e questo potrebbe consentire di riprendere a discutere di attuazione.
Visti i complessi problemi posti dalla crisi finanziaria e dalle sue disastrose conseguenze la Tobin tax è uno degli strumenti di intervento sui mercati finanziari.
La crisi finanziaria internazionale ha messo a nudo le contraddizioni e le storture del sistema finanziario internazionale, che sono ben maggiori dei mutui subprime.
In campo finanziario la globalizzazione è reale. I capitali si muovono da tempo in grande libertà e decidono le fortune o la caduta dei sistemi economici nazionali e lo fanno in assenza, o quasi, di regole.
Anzi, prevale tuttora una concorrenza tra aree del mondo attraverso il trattamento più favorevole da riservare ai movimenti dei capitali.
L’attività finanziaria è cresciuta oltre i livelli immaginabili. C’è chi ha calcolato che ben oltre il 90 % delle attività finanziarie non hanno alcun rapporto con le attività reali della produzione, dei servizi, delle attività materiali o immateriali.
I capitali che si muovono nel mondo sono enormi, molte volte il PIL mondiale annuo.
Questa ipertrofia finanziaria ha favorito lo spiazzamento delle attività produttive e reali, ha relegato il lavoro nel punto più basso della scala dei valori sociali.
Se l’attività finanziaria è cresciuta, parafrasando Sraffa, producendo denaro attraverso denaro, gli effetti nefasti sono stati molto concreti e reali.
La beffa è doppia: prima la crisi finanziaria ha trascinato l’economia nella recessione, poi il risanamento dei conti pubblici viene scaricato sugli stessi che ne hanno già pagato le conseguenze in termini di disoccupazione, caduta dei redditi, ecc.
Nei giorni cruciali della crisi finanziaria c’è stata una fase in cui le urla contro i nuovi untori del mondo finanziario si levavano altissime. Passata la fase più acuta e incerta, gli ambienti finanziari hanno capito rapidamente che si poteva parlare alle vecchie abitudini.
Questo è anche un problema di democrazia: alcuni centri finanziari nelle attuali carenze di regole possono decidere della vita e della morte di un’economia nazionale (vedi Grecia) mentre la discussione dovrebbe iniziare proprio dall’opportunità o meno di consentire che alcuni prodotti finanziari continuino ad esistere, a quali regole debbono sottostare altri prodotti, e a quali condizioni possono essere consentiti altre attività ancora. Soros ha detto: “un mercato globale ha bisogno di regole globali”. Purtroppo la libera circolazione dei capitali è avvenuta prima di definire le regole. Occorre che vengano stabilite precise regole e chiari divieti.
Le Autorità debbono avere il potere di controllare tutti i prodotti finanziari, vietando senza ambiguità quelli rischiosi che vivono perché offrono il miraggio di facili guadagni.
La crisi finanziaria internazionale non ha ancora esaurito i suoi effetti. Le previsioni dciono che prima del 2015 l’occupazione non tornerà ai livelli precrisi, l’economia dei paesi cosiddetti forti segna il passo, l’occupazione è ferma e quindi le conseguenze della crisi finanziaria internazionale si stanno prolungando nel tempo.
Quindi l’idea, foss’anche l’utopia, di un nuovo ordine regolatore mondiale dei mercati finanziari (una nuova Bretton Wood) da raggiungere anche per gradi è di grande attualità. E’ uno snodo decisivo, senza affrontare il quale il governo dei processi economici è quasi impossibile.
Il mercato non è in grado di regolarsi da solo. Può solo essere regolato dalle scelte politiche. La teoria della mano invisibile che regola non tiene. La mano che regola deve essere visibile e guidata dalle scelte politiche.
La Tobin tax in questo senso va vista solo come un primo passo che avrebbe il merito di rendere conoscibile un mercato finanziario largamente opaco, naturalmente occorre porsi il problema di un sistema di regole più complesso e cogente della Tobin.
La Tobin tax è un granello ma può essere molto utile, a condizione che ciascuno faccia la sua parte.
Alfiero Grandi