- Pubblicato da l'Altro quotidiano il 22/09/10
E’ passata quasi sotto silenzio un’intervista che Il sole-24 ore ha fatto a Tommaso Padoa Schioppa, nella quale il Ministro dell’Economia del 2° Governo Prodi nel rispondere alla domanda “sembra di sentire Tremonti” afferma testualmente: “nel suo agire vedo una continuità con la politica del Governo Prodi”. Non è un’affermazione da poco e - detto francamente - è grave.
Prima considerazione. Dopo questa affermazione si capisce meglio quale è stato uno dei limiti più gravi dell’azione del Governo Prodi.
Il programma di 274 pagine del 2° Governo Prodi non contiene nulla del genere, eppure Padoa Schioppa rivendica di avere condotto da Ministro dell’Economia delle scelte poltiche di contenimento del bilancio pubblico paragonabili a quelle di Tremonti, che come è noto si è convertito - con una virata di 180 °- dal colbertismo al monetarismo.
E’ la conferma che il programma del 2° Governo Prodi per il Ministro dell’Economia era come non esistesse, non ne sentiva i vincoli, gli impegni. Eppure quel programma è stato preparato con la discussione di migliaia di persone che hanno partecipato alla sua redazione nella “fabbrica del programma”. Programma per di più condiviso pubblicamente e solennemente dai leaders dei partiti della coalizione.
La politica di bilancio di Tremonti è quanto di più lontano possa esserci dal programma del 2° Governo Prodi, aggravata dalla scelta di favorire i redditi più alti con l’abolizione totale dell’ICI, con lo scudo fiscale, con la tassazione dei proventi degli affitti al 20 %. Senza dimenticare che per fare tornare i conti pubblici, Tremonti ha bloccato gli investimenti e gli interventi a sostegno dell’occupazione. Non a caso anche Confindustria inizia ad agitarsi, tardivamente.
Come è possibile che Padoa Schioppa abbia fatto questa affermazione ? Per di più improvvida perché fatta ignorando le ragioni e le critiche che l’opposizione sta avanzando al Governo e a Tremonti in particolare ?
La ragione è semplice. Perché per Padoa Schioppa il punto di riferimento per la sua azione di governo non è mai stato il programma di Governo, né tanto meno gli elettori che hanno votato nel 2006 per il centro sinistra portando Prodi al Governo e lui al Ministero dell’Economia. Per l’allora Ministro evidentemente i referenti erano altri, collocati altrove. Durante una riunione per la finanziaria 2007, svoltasi nel suo ufficio il Ministro dell’Economia dell’epoca sostenne che nel primo anno di governo occorreva fare tutte le scelte difficili e di restrizione per riportare i conti in ordine in modo accelerato, poi negli altri 4 anni il Governo avrebbe avuto il tempo di recuperare con l’opinione pubblica.
All’obiezione che c’era un impegno da mantenere con gli elettori e che con i margini parlamentari ristretti che aveva il Governo era difficile immaginare di avere in seguito i 4 anni necessari per recuperare, la risposta fu che questa era la scelta e bisognava procedere e - non a caso - la nuova riunione dei sottosegretari ci fu solo un anno dopo. Evidentemente le scelte non si potevano discutere, anche se erano incoerenti con il programma del Governo e soprattutto aprivano una frattura con i sentimenti profondi degli elettori di centro sinistra. Frattura politica in seguito mai più recuperata, malgrado diversi tentativi anche di rilievo.
Il prezzo pagato dal centro sinistra per questa ottica unilaterale nel governare il bilancio pubblico è stato molto pesante, non meno delle tensioni e delle imboscate provenienti da settori della stessa maggioranza.
Questo spiega in larga misura la crisi del Governo, la cui distanza dall’elettorato è stata lo spazio in cui si sono incistate differenziazioni, ricatti e infine la crisi.
Tralasciando nell’intervista di Padoa Schioppa alcune inutili cattiverie verso la Cgil che Enrico Micheli, in una risposta su 24 ore, giustamente rintuzza, se non altro sotto il profilo storico, resta da capire perché Padoa Schioppa si sia lasciato andare a queste dichiarazioni.
Enrico Micheli, all’epoca sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, contesta le affermazioni di Padoa Schioppa, mettendo in rilievo che se non altro i conti pubblici lasciati dal centro sinistra erano incomparabilmente migliori di quelli di Tremonti che ancora una volta lascia correre la spesa pubblica corrente ed evita una deriva di tipo greco solo con il sacrificio degli investimenti pubblici che sono al minimo storico. Poco importa che sia in campo un’azione permanente di depistaggio perché più si parla di miliardi e miliardi di investimenti meno se ne fanno.
Se a Padoa Schioppa va bene la politica di Tremonti e si sente solidale con queste scelte stiamo freschi.
Enrico Micheli, a differenza di Padoa Schioppa, si rende conto che quelle affermazioni sono gravi e rivendica al Governo Prodi altri meriti reali e una differenza netta da Tremonti. Malgrado gli errori Micheli non ha torto. Tuttavia anche Micheli sembra titubante su una riflessione più di fondo. Se il Ministro dell’Economia ragionava così si spiega perché l’azione del Governo era così difficile da spiegare, e da difendere. Accanto alle tante cose giuste fatte dal 2° Governo Prodi restava in campo un’ambiguità di fondo ed era il prevalere di una linea di risanamento non mediata con le esigenze delle persone in carne ed ossa, a partire da quelle dei lavoratori. In sostanza un punto di equilibrio accettabile.
L’errore principale è stato di avere tollerato nel Governo questa ambiguità, il Ministro dell’Economia doveva adeguarsi al programma, o lasciare l’incarico. Altre scelte non erano nel programma e ritornano nelle parole di Micheli come promesse fatte a Confindustria che non si potevano non mantenere. In questione non è il sostegno alle imprese ma quale e a quali condizioni, per quali obiettivi. Si può sempre discutere di interventi a sostegno delle imprese, purchè siano finalizzati, del tipo ti dò ma tu ti impegni a fare.
Invece i finanziamenti promessi a Confindustria furono dati, imprudentemente, fuori dalla sede di un accordo in grado di garantire il Governo sugli impegni corrispettivi presi dalle imprese, beneficiate da questi interventi. Giustamente Enrico Micheli ricorda che la busta paga dei lavoratori di inizio 2007 non risultò sgravata come promesso e questo proprio perché i pochi quattrini disponibili erano destinati, senza neppure la necessaria finalizzazione, in gran parte alle imprese.
Quindi l’equilibrio previsto dal programma tra risanamento, sostegno alle imprese e interventi a favore dei lavoratori e delle aree sociali più deboli non c’era.
Ex post è impossibile dire se la storia del secondo Governo Prodi sarebbe stata diversa.
Certo è che la distanza tra le aspettative degli elettori che votarono centro sinistra nel 2006 e le scelte del Ministro dell’Economia dell’epoca, che oggi non vede differenze con Tremonti, è la spiegazione di buona parte della delusione che sancì gradualmente la caduta della fiducia degli elettori verso il Governo.
Certo è che altri provarono a mantenere l’equilibrio previsto dal programma del Governo, Micheli ne è la conferma, senza riuscirci perché il ruolo del Ministro dell’Economia è insostituibile, o si adegua lui o l’azione del Governo cambia.
Certo è che l’accantonamento del programma fu opera anche di una sottovalutazione più larga del problema di fondo. Al contrario di quanto pensava il Ministro dell’Economia il problema non era fare i provvedimenti difficili subito per poi recuperare il consenso perduto, ma fare subito i provvedimenti che potevano rinsaldare il rapporto tra Governo ed elettorato di centro sinistra. Anche un Governo con numeri esigui poteva avere una speranza di vita se avesse goduto di un largo consenso almeno del suo elettorato, altrimenti era solo questione di tempo. E così è stato.
Per questo la coalizione alternativa che si candida a governare deve avere chiaro che la fiducia degli elttori è ancora un problema non risolto. Basta pensare che il secondo ”partito” del centro sinistra è quello degli astenuti, che non si faranno ricoinvolgere finchè l’operazione fiducia non avrà fatto chiarezza sulla coerenza tra impegni e fatti.
Alfiero Grandi