Anche se non è facile scegliere gli emblemi di un anno, si può dire che il 2009 ha avuto certamente due punti di grande rilievo economico e sociale: la forte crescita della disoccupazione e la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro ( con conseguente caduta del reddito complessivo dei lavoratori ) e lo scudo fiscale, in altre parole il condono tombale regalato dal Governo agli evasori fiscali, per di più a prezzi talmente bassi da essere introvabili nel resto del mondo. Lo scudo fiscale merita un approfondimento. Da come il Ministro Tremonti ha presentato i risultati dello scudo fiscale - con l’amplificazione di una grancassa mediatica fin troppo compiacente - sembra che ora l’economia italiana avrà a disposizione quasi 100 miliardi di euro, ma è una balla perché in realtà lo Stato incasserà il 5%, quindi meno di 5 miliardi di euro, in altre parole un decimo dei 50 miliardi che avrebbe dovuto incassare. La differenza se la terranno gli evasori con un enorme guadagno personale rispetto ai cittadini che hanno regolarmente pagato le tasse. Gli evasori fiscali non possono che essere grati al Governo per questo incredibile regalo, mentre lo Stato avrà quasi 50 miliardi di entrate in meno. Per di più gran parte di questo denaro resterà all’estero o verrà impiegato in attività speculative e quindi darà ben poco aiuto alla ripresa economica. Il resto è propaganda. Se il Ministro Tremonti è veramente sicuro dell’efficacia dei risultati del contrasto all’evasione perché ha rinunciato ad incassare di più ? Perché ha preferito fare questo scellerato favore agli evasori fiscali, che è un autentico schiaffo a chi ha sempre compiuto il suo dovere fiscale ? Il 2010 vedrà proseguire - purtroppo .- la perdita di posti di lavoro, perché gli effetti della crisi economica si fanno sentire con ritardo sull’occupazione e nel 2010 si esauriranno gradualmente i cosiddetti ammortizzatori sociali. Quando si afferma con grande leggerezza che la crisi è alle spalle si dimentica di dire che la crisi non ha colpito tutti allo stesso modo e che non basta la ripresa delle borse per mettere la parola fine alla crisi. Ne hanno subito i colpi anzitutto le aree sociali più deboli, i tanti precari che hanno perso per primi il lavoro, i lavoratori che hanno già perso il lavoro e che vedono esaurirsi la protezione - pur parziale - degli ammortizzatori sociali. L’Italia che uscirà dalla crisi avrà una base produttiva più ristretta e avrà meno occupazione, lascerà fuori dal mercato del lavoro la nuova generazione, senza dimenticare che sta crescendo l’area del lavoro nero, e quindi anche la ripartizione del reddito sarà ancora più ingiusta di quella pre-crisi. In altre parole l’Italia farà un balzo all’indietro di almeno 15 anni. Questa Italia più piccola, più ingiusta socialmente, più chiusa per timore vedrà crescere l’area della società sempre più relegata ai margini e continuamente alle prese con il problema della sopravvivenza. Le classi dominanti che hanno la responsabilità della crisi sono ben determinate a restare al loro posto e a perpetuare l’attuale ingiustizia sociale. Per di più la crisi lascia un conto finanziario pesante per lo Stato. In pratica è come se l’Italia fosse tornata in rapporto al PIL al debito che aveva all’inizio anni 90, come se le politiche di risanamento di oltre 15 anni fossero state spazzate via e tutti i sacrifici relativi vanificati. Stiamo tornando al 120 % di debito pubblico, esattamente come all’inizio degli anni 90. Chi pagherà nei prossimi anni il buco aperto nel bilancio dello Stato dalla crisi finanziaria prima e da quella economica dopo ? La previsione non è poi difficile. Se chi comandava prima resterà in sella anche dopo la crisi si può scommettere che la soluzione verrà trovata in una miscela di tagli massicci alla spesa pubblica (soprattutto pensioni, sanità e Enti locali) e di nuove tasse, magari nascoste spostando il prelievo fiscale sui consumi, quindi dalle classi sociali più deboli. La somma da trovare è enorme: 80/90 miliardi di euro in pochi anni per riprendere il sentiero del risanamento finanziario. Si profila un rovesciamento sociale di proporzioni enormi, a cui va aggiunto il pericolo inflazione che è già iniziata malgrado la crisi dovrebbe avere l’effetto contrario, senza che il Governo abbia fatto nulla, probabilmente perché ha fatto un pensierino sull’uso dell’inflazione come uno dei mezzi per fare pagare la crisi al reddito fisso. Siamo almeno al riparo da nuove crisi finanziarie ? No perché in sostanza non è cambiato quasi nulla nelle regole e nei controlli sulla finanza, sulle speculazioni. In Italia nulla e anche in Europa è tutto da decidere. Malgrado le grida manzoniane contro speculatori e banche lanciate nel momento più acuto della crisi, la realtà dei controlli e dei divieti nei mercati finanziari è sostanzialmente quella precedente. Anche le banche sperano di cavarsela con un poco di autoregolamentazione come Patti Chiari. I prodotti finanziari che possono circolare sono gli stessi di prima, la speculazione è di nuovo all’attacco ed è tra le ragioni dell’aumento del prezzo dei prodotti petroliferi. I risparmiatori sono serviti. C’è bisogno di un progetto paese, ovviamente in un quadro europeo, in grado di mettere in campo un’alternativa alle soluzioni alla crisi che propongono i ceti dominanti. E’ curioso che proprio mentre anche Governi conservatori hanno proposto di introdurre la Tobin tax per controllare e regolare la speculazione finanziaria non ci sia stata un’iniziativa ancora più forte e determinata delle sinistre politiche e sociali. Quando anche le classi dominanti sono attraversate da dubbi e contraddizioni dovrebbe essere in campo un’alternativa di proposte, capaci anche di cogliere le opportunità messe in campo da altri per diverse ragioni. Purtroppo non è stato così e il rischio concreto che dopo la crisi tutto torni come prima, cioè nelle mani degli stessi che l’hanno prodotta è molto serio. E’ un errore pensare che le alternative si confronteranno una volta superata la crisi. Superata la crisi, tornate in sella le classi dominanti, passato lo spavento di pochi mesi fa, lo spazio per un’alternativa politica, economica e sociale sarà ridotto al lumicino e i soliti noti nel frattempo saranno chiamati a sopportare non solo il costo della crisi ma anche il suo superamento. Dopo il danno la beffa. Un’alternativa è possibile ma occorre avere il coraggio di fare delle scelte e di chiamare a pagare la crisi –ad esempio - anche quelli dello scudo fiscale. Alfiero Grandi
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