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Il passaggio del Catasto ai Comuni
.:: Alfiero Grandi Pubblicato in data:  28/02/2008  17:40:32, in Catasto, letto 3819 volte

Il punto di Alfiero Grandi per l'iniziativa: "Il Catasto ai Comuni in Lombardia"

L’adesione alla gestione delle funzioni catastali da parte dei Comuni, molto più estesa del previsto, conferma che il decentramento del catasto è una questione molto sentita. Alla data del 30 novembre 2007, infatti, all’Agenzia del territorio erano arrivate 5.035 delibere finalizzate all’esercizio diretto delle funzioni catastali, e di queste 1.400 consentono l’immediato trasferimento delle competenze ai Comuni.

Non va dimenticato, inoltre, che questa è solo la prima possibilità, perché nel 2009 si aprirà la seconda “finestra” che concederà l’opportunità, ad altri Comuni, di decidere in materia di decentramento e, quindi, è prevedibile che l’adesione totale sarà ancora più alta perché nel frattempo, i Comuni indecisi avranno risolto i dubbi e le incertezze.

Ricordando le difficoltà della fase precedente, quando i Comuni si trovavano in una situazione del tutto passiva rispetto al decentramento dei poteri, si mette in risalto che questa volta l’avvio è avvenuto nel modo giusto, e cioè con una partenership tra Governo e Anci che ha consentito di portare avanti tutte le fasi, e risolvere i problemi sulla base di una gestione che, in Cabina di regia (la sede di coordinamento operativo), è sempre stata trovata. Così è stato costruito il primo Dpcm che ha delineato l’avvio, e allo stesso modo sono stati affrontati i problemi man mano che si sono affacciati.

A gennaio di quest’anno si è avviato l’iter per l’emanazione del secondo Dpcm contenente i criteri e le modalità per l’assegnazione, ai Comuni, delle risorse per la gestione delle stesse funzioni catastali. La bozza  del decreto è stata consegnata alle OO.SS.

A questo punto si entra nel vivo dell’attuazione, cioè del passaggio concreto dei poteri, e dei relativi mezzi ai Comuni o ai gruppi di Comuni in materia di catasto.

Si comincia a delineare un catasto a due pilastri. Il primo è, ovviamente, l’Agenzia del Territorio che, sempre più, diventerà sede specializzata di alto livello per l’evoluzione del sistema catastale in senso moderno ed affidabile. L’Agenzia sarà anche gestione là dove i Comuni, per qualsiasi ragione, preferiscono mantenere l’affidamento alla struttura nazionale. Il secondo pilastro sono i Comuni che, invece, potranno gestire direttamente, con la nota gradualità di possibilità, i poteri decentrati. La riforma del catasto ha anche una ragione fiscale, come è ovvio, ma quella forse più importante è che i Comuni potranno ricongiungere conoscenze e competenze che consentiranno loro una migliore gestione delle politiche territoriali, uscendo dall’episodico per entrare nella sistematicità. In ogni caso, il catasto resta un sistema nazionale, con regole nazionali, con sistemi di attuazioni e controlli che debbono garantire a tutti i cittadini gli stessi diritti e doveri su tutto il territorio nazionale.

Tuttavia, è rilevante che il sistema sia aderente al territorio, sulla base di un completamento e di una conoscenza che solo i Comuni possono avere. Quindi, è una sinergia tra Stato e Comuni, di cui questi ultimi beneficiano per diversi aspetti, tra i quali, non ultimo, il controllo delle entrate su base immobiliare. C’è chi si è sbracciato contro questo ruolo dei Comuni, fino a fare ricorso contro l’affidamento dei poteri. È come se ci fosse un ricorso contro i poteri dei Sindaci in materia di anagrafe. Non si comprende bene perché ci debbano essere posizioni conservatrici che tentano di bloccare tutto in nome di preoccupazioni che in genere riguardano altro. Tuttavia, occorre reagire ai tentativi conservatori e proseguire con l’attuazione del decentramento, attraverso la piena concertazione di tutti i suoi passaggi tra Governo e ANCI, metodo che, come è avvenuto fino a ora, ha consentito, di fronte a  problemi vecchi e nuovi, di affrontarli con il giusto spirito per risolverli e non per farne un alibi per non far nulla.

Questo modo di lavorare, cercando un punto di equilibrio, senza incertezze e con soluzioni realistiche ai problemi, è stato tenuto anche per affrontare le difficoltà che riguardano le risorse umane e materiali, difficoltà che, in periodo di vacche magre per la finanza pubblica, sono più complicate.

C’è da dire che la cabina di regia ha cercato di concentrare il suo lavoro anche in questi campi e a questo punto occorre risolvere almeno tre aspetti. Uno riguarda i lavoratori dell’Agenzia che verranno distaccati presso i Comuni, ed è necessario, per dirla in breve, che tutti i soggetti coinvolti contribuiscano a facilitare questo percorso. Il distacco è la via più semplice e in questa fase può aiutare meglio di altri strumenti a risolvere i problemi. Un altro riguarda i mezzi materiali e finanziari, perchè siamo di fronte ad un’operazione che è destinata ad allargare la base imponibile, con una crescita di gettito, in quanto l’attuale sistema catastale registra molto parzialmente la realtà e, quindi, le entrate sono destinate ad aumentare grazie al recupero di evasione ed elusione. Ne consegue che il decentramento va affrontato sul piano finanziario, tenendo conto della dinamica effettiva delle entrate e non può esserci quindi una contabilità meramente statica.

Un altro ancora riguarda i tempi. Era giusto nella prima fase essere tassativi sui tempi per far capire che la partenza era una cosa seria. Tuttavia, in corso d’opera, ci troviamo con qualche incongruenza e qualche ottimismo temporale di troppo. Non ne farei un dramma. Considero il processo di decentramento ormai non reversibile e dunque, qualche diversa temporalità può esserci solo al fine di predisporre meglio le tappe attuative senza per  questo contraddirne  la volontà politica. Del resto si potrebbe dire che i diversi Dpcm ci sono anche per la possibilità di migliorare la dislocazione della tempistica sulla base della concreta esperienza. Man mano che il decentramento procede, credo che tutti si rendano conto che è necessario più che mai procedere alla riforma degli estimi, il cui disegno di legge delega, per ora fermo alla Camera, si colloca dopo il decentramento, e l’alleanza tra Stato e Comuni può portare a un risultato insieme moderno e aderente alla realtà, in altre parole a dare più efficienza, equità e giustizia ai cittadini.