L’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei Ministri proposta dal Governo Meloni, cambiando la Costituzione, strettamente legata ad una legge maggioritaria che deve garantirgli il 55 % dei parlamentari, ha un obiettivo politico e istituzionale che stravolgerebbe la nostra Costituzione, democratica ed antifascista.
L’antifascismo è sempre stato impronunciabile per questo Governo, questa proposta lo conferma.
C’è un tentativo di dissimulare la vera natura della proposta del Governo Meloni e le conseguenze a cui porterebbe con affermazioni del tutto false come quella – ad esempio – che non cambierebbero i poteri del Presidente della Repubblica. E’ una balla, il Presidente della Repubblica vedrebbe pesantemente limitati i suoi poteri e la sua autonomia di garante dell’unità nazionale.
Un Presidente del Consiglio eletto direttamente avrebbe inevitabilmente un peso maggiore di un Presidente della Repubblica eletto da un’assemblea di parlamentari e delegati regionali. Per di più il Presidente sarebbe obbligato a nominare a capo del governo il candidato eletto direttamente, inoltre non potrebbe sciogliere il parlamento – o viceversa rifiutarsi di farlo – perché questo potere sarebbe di fatto nelle mani del Presidente del Consiglio, la cui caduta trascinerebbe quella del parlamento. Con questa proposta Presidente del Consiglio e Parlamento vivrebbero o cadrebbero insieme, con il rischio di sostituire la frequente caduta dei governo con la frequente fine delle legislature. Non si vede la stabilità di cui si parla.
Potere ed autonomia di iniziativa del Presidente della Repubblica verso Governo e Parlamento verrebbero azzerati, mentre sono stati importanti per garantire l’assetto costituzionale, come del resto ha riconosciuto anche Gianni Letta che ha chiesto esplicitamente di ripensarci.
Parlamento sottomesso
Non solo il Presidente della Repubblica si vedrebbe sottratti poteri a favore del Presidente del Consiglio ma anche il Parlamento – organo centrale della nostra Repubblica – con questo sovvertimento della Costituzione vedrebbe il suo ruolo ridotto ad approvare le scelte del Governo, sparirebbe ogni dialettica democratica tra esecutivo (il Governo) e la rappresentanza (Parlamento) che è un caposaldo di una democrazia articolata in poteri autonomi dello Stato in dialettica e con un reciproco controllo. Per di più la nostra Repubblica parlamentare avrebbe una torsione accentratrice ed autoritaria, con connotati che ricordano l’occupazione del potere della destra sovranista in Polonia.
E’ vero che da un paio di decenni le leggi elettorali hanno interrotto il rapporto di conoscenza e di fiducia verso i parlamentari, la cui elezione in sostanza dipende dai capi e quindi è una cooptazione dall’alto. Oggi elettrici ed elettori non conoscono i loro rappresentanti e viceversa. Questo ha portato ad un corto circuito che ha gravemente danneggiato il ruolo e la qualità stessa del parlamento, i cui componenti rispondono ad un criterio di fedeltà al leader che li ha fatti eleggere. Questo conferma che la legge elettorale è centrale ed è indispensabile che venga riformata per consentire la rappresentanza dei territori, delle opinioni culturali e politiche, mentre oggi la fedeltà fa premio su tutto.
La crisi di fiducia dei cittadini ha portato a percentuali di votanti sempre più basse (nel collegio senatoriale di Monza si è arrivati al 20 %, percentuale che dovrebbe obbligare a ripetere il voto) e la risposta non può essere votare ogni 5 anni una delega in bianco al Presidente del Consiglio, ma invece poter scegliere direttamente i 400 deputati e 200 senatori, quindi sceglierne 600 e non farsi imbrogliare con il solo Presidente del Consiglio.
Il Parlamento deve rappresentare le istanze, le ansie dei cittadini, deve ascoltarli e la democrazia non può essere ridotta ad un voto ogni 5 anni con una delega in bianco al capo, ma è un sistema complesso di organizzazioni sociali e territori che si confrontano con le sedi politiche. Infatti la Costituzione italiana regola la dialettica democratica tra interessi, organizzazioni, territori e istituzioni. Se viene meno il ruolo del Parlamento questa dialettica decisiva per fare vivere la democrazia non può esistere. Non va trascurata poi la proiezione nel tempo di questo sovvertimento della nostra Costituzione. E’ evidente che una maggioranza con il 55 % potrebbe eleggere da sola anche il (suo) Presidente della Repubblica, ottenendo la possibilità suo tramite di nominare 1/3 della Corte Costituzionale e di presiedere il Consiglio superiore della Magistratura, esercitando una pressione su di essa.
Bloccare un disegno eversivo
La proposta di eleggere direttamente il Presidente del Consiglio senza modificare le soglie di garanzia per evitare che la maggioranza prenda tutto conferma che è in campo il disegno di sovvertire per questa via l’equilibrio democratico e occupare i centri di potere dello Stato.
Pochi ancora si sono accorti che – senza aspettare la modifica della Costituzione – la maggioranza di destra sotto l’impulso diretto di Fratelli d’Italia sta spostando poteri verso il Presidente del Consiglio. Non solo il PNRR è stato spostato dal Ministero dell’Economia al controllo del Presidente del Consiglio attraverso un Ministro che da lui dipende, ma nelle leggi che si stanno approvando gli vengono dati nuovi poteri, ma decreti legge e voti di fiducia hanno ormai valicato ogni limite costituzionale. Nel testo Calderoli sull’Autonomia regionale differenziata sono entrati emendamenti di Fratelli d’Italia che attribuiscono al Presidente del Consiglio poteri importanti, come togliere o inserire negli accordi a due Governo/Regione materie da decentrare. E’ una norma da potere occulto, che porta nell’ambito della sola maggioranza le decisioni.
C’è chi si illude che la scelta di attaccare la Costituzione sia solo una scelta tattica dovuta alle politiche inadeguate del Governo, che certo esistono o alla necessità di avere una bandiera identitaria per le elezioni europee, ma questa non è la ragione principale. La proposta di elezione diretta, fortemente voluta da Giorgia Meloni, punta al superamento della Costituzione del 1948 per sostituirla con una diversa, in cui la discriminante antifascista non sia più tale. Fini aveva iniziato un percorso a Fiuggi che portava ad accettare la Costituzione, ora Meloni ha l’obiettivo di arrivare ad un nuovo impianto costituzionale che superi quanto una parte della destra non ha mai accettato di quella del 1948.
Non ha molto senso una logica emendativa sulla proposta eversiva (per la Costituzione) che punta ad un Presidente del Consiglio pigliatutto, ad un Presidente della Repubblica subalterno, ad un Parlamento sottomesso e a guardia del capo, quindi ad un’altra Costituzione.
Questa proposta va contrastata in parlamento e nel paese costruendo una forte e motivata opposizione. Per questo il Coordinamento Democrazia Costituzionale ha proposto di costituire subito i Comitati per la Costituzione che si trasformeranno, se verrà approvata la proposta del Governo Meloni, in Comitati per il No nel referendum costituzionale che la destra, non avendo i 2/3 dei parlamentari come prevede l’articolo 138 della Costituzione, non può evitare.
Giorgia Meloni, Presidente di Fratelli d’Italia, dei Conservatori europei nonché Presidente del Consiglio ha la sfrontatezza di rivolgersi ai cittadini chiedendo se preferiscono decidere loro sul Presidente del Consiglio o lasciare decidere ai partiti, di cui lei è oggi la maggiore espressione in Italia. Bloccare questa proposta eversiva in Parlamento è l’obiettivo e se non sarà possibile preparare da subito le condizioni per far vincere il No nel referendum popolare.