(www.jobsnews.it del 06/05/22)
Perché è indispensabile insistere ora sulla legge elettorale? La democrazia nel nostro paese non gode di buona salute, la partecipazione politica, anche per il solo aspetto elettorale, è in calo. Le persone non vedono come riuscire a cambiare una situazione che non li soddisfa, anche per motivi molto diversi. Pandemia e guerra inoltre sono incombenti e hanno sconvolto precedenti certezze. Le persone si allontanano, anche dal voto.
Un appiattimento delle diverse posizioni politiche fino a scimmiottare gli stessi argomenti, accelerato da una maggioranza monstre a sostegno del governo Draghi, non aiuta certo le elettrici e gli elettori ad avere voglia di partecipare. Per questo milioni di persone preferiscono trovare (per fortuna) altre forme di partecipazione, che comunicano sempre meno con il funzionamento della democrazia politica, ne costruiscono un lembo distaccato, spesso in polemica con chi ha un ruolo di gestione delle istituzioni.
Del resto è sempre meno interessante districarsi tra chi gonfia il petto in difesa del governo ad ogni costo e chi cerca di distinguersi ma sempre chiarendo che alla fine non farà saltare il banco. La guerra in Ucraina, seguita all’aggressione russa, viene troppo spesso affrontata con l’ottica del tifo sportivo anziché con la preoccupazione, che dovrebbe essere di tutti, di far finire prima possibile la guerra, le stragi di civili e di combattenti, la corsa al riarmo, il rischio costante di arrivare alla deflagrazione di una guerra mondiale di proporzioni catastrofiche.
Quando Biden afferma che gli Usa sono l’arsenale della democrazia fa venire i brividi. La democrazia si può distinguere in meglio per tanti aspetti, non per la primazia militare. Se la democrazia si mette l’elmetto è veramente in crisi. Perfino Reagan pensava che il confronto con l’Urss dovesse svenarla per farne crollare il sistema economico, tanto che Gorbaciov e Reagan hanno avviato una fase produttiva di riduzione degli armamenti atomici.
Se non vogliamo che la democrazia italiana contribuisca a questa crisi generale con la propria occorre ridare spazio al confronto tra ipotesi politiche, rinnovare i partiti e le loro politiche, ridare fiato alla partecipazione democratica, costruire una prospettiva che superi i luoghi comuni e ideologismi vecchi quanto privi di fondamento.
Il parlamento è il centro di questa crisi, ai minimi storici dell’apprezzamento, i parlamentari sono in cerca di un ruolo e in crollo di stima. Senza ridare ruolo e forza al parlamento tutto il sistema istituzionale è sbilanciato. Si leggono dichiarazioni salottiere e furbesche che asseriscono essere inutile insistere sull’approvazione di una nuova legge elettorale. Non è così. Al contrario è un tassello importante. Manca un confronto tra proposte, che viene evitato proprio per evitare di entrare nel merito, perché così emergerebbero i rischi di instabilità per la nostra democrazia e diventerebbe difficile sottrarsi. Realizzare stabilità, che non è staticità, è necessario per qualunque politica si voglia perseguire. Per le classi subalterne è indispensabile perché è nell’assenza di controllo e guida dei processi che i poteri forti la fanno ancora di più da padrone. Basta pensare alle crisi economiche che sono il terreno più favorevole per allargare le distanze tra le classi sociali, tra chi sta sopra e chi sta sotto.
Per questo approvare una nuova legge elettorale prima delle prossime elezioni è indispensabile. È una novità che buona parte del Pd, sia pure nella sede di un seminario convocato da Left Wing, abbia convenuto che occorra oggi una legge elettorale nuova, proporzionale. Calderoli per la Lega ha reagito mettendo immediatamente le mani avanti e difendendo lo status quo, posizione conservatrice e difensiva, più comprensibile detta da Meloni che da un esponente della Lega. Si afferma che elettrici ed elettori non sarebbero interessati all’approvazione di una nuova legge elettorale. Se venissero presentati i problemi nella loro importanza e gravità, le diverse soluzioni, l’opinione pubblica comprenderebbe l’importanza di una legge elettorale che consenta ai cittadini di avere un ruolo centrale nelle scelte. Certo la legge elettorale non è da sola in grado di risolvere la crisi di credibilità del parlamento e dei parlamentari ma è fondamentale per invertire la tendenza attuale e ridare al parlamento il ruolo previsto nel nostro sistema istituzionale, definito dalla Costituzione. Cassese ha scritto in un articolo sul Corriere che è in corso una “modificazione dell’assetto politico-costituzionale che si è prodotto negli ultimi anni, sviluppatosi già prima del 2018” e prosegue “il governo è diventato il legislatore principale”, funzione che il parlamento cede al governo. Lo abbiamo detto anche noi ma ci fa piacere condividere Cassese in una critica feroce allo status quo. Stiamo parlando della funzione principe del parlamento, architrave dell’assetto costituzionale, che deve rappresentare le posizioni politiche, culturali, territoriali e interpretarle attraverso l’approvazione delle leggi e portarle così a sintesi.
Le leggi sono state di iniziativa parlamentare negli ultimi 4 anni solo per il 20%. L’unica legge importante è quella sulla parità salariale tra i sessi. I decreti legge sono ormai il 50% delle leggi approvate e per di più sulla metà dei decreti legge è stata posta la fiducia per costringere il parlamento alla loro approvazione. Maxiemendamenti, voti di fiducia a raffica, deleghe a valanga fanno il resto per rendere il parlamento subalterno al governo e in particolare al suo vertice. Con questa impostazione la ripartizione e l’equilibrio tra i poteri entra in crisi.
La questione è centrale per la vita delle persone, perché una legislazione decisa in modo verticistico e tecnocratico, senza la possibilità di correzioni significative da parte del parlamento, decide della vita delle persone che non hanno la possibilità di farsi rappresentare dalle elette e dagli eletti. Non hanno voce. “La fabbrica delle leggi – scrive ancora Cassese – spostata a palazzo Chigi è nelle mani di magistrati e funzionari” che degrada e impoverisce le leggi, con una previsione assurda di regolamenti e attuazioni varie. D’accordo anche su questo.
In altre parole se il parlamento non funziona, o peggio è paralizzato nelle sue funzioni, ne risente la vita reale delle persone ed è questo che dovrebbe spingere a cercare di avere la migliore legge elettorale possibile. Ma i partiti confermano la loro crisi con atteggiamenti di miope convenienza, o almeno ritenuta tale dai loro leader, senza la necessaria attenzione all’interesse generale del paese. La crisi dei partiti è grave ed è una delle cause della crisi del ruolo del parlamento, ma per risalire la china una nuova legge elettorale è indispensabile, anzi ne è la premessa, a condizione di ridare ai parlamentari un ruolo di effettiva rappresentanza delle elettrici e degli elettori, che quindi debbono poterli scegliere. I partiti hanno sequestrato di fatto la possibilità di scegliere i parlamentari, perché la legge in vigore, continuando almeno un ventennio di leggi, in questo simili, non permette ai cittadini di scegliere il loro rappresentante in parlamento e questo è tanto più grave dopo la riduzione del numero dei deputati e dei senatori, in vigore dalla prossima legislatura, che restringe di molto la possibilità di rappresentare le posizioni in campo.
In particolare al Senato sarà molto difficile avere la stessa maggioranza della Camera e questa è ragione di per sé di squilibrio politico-istituzionale. Ci sono ragioni più volte ricordate di incostituzionalità della legge in vigore. Il Senato nelle 9 regioni piccole non avrà un minimo di proporzionalità nella rappresentanza, e quasi certamente – se resterà questa legge elettorale – solo i partiti più votati potranno avere degli eletti. Un risultato insensato e distorsivo. La riduzione dei parlamentari ha portato a delle incongruenze costituzionali. È incredibile che si sia fatta una modifica della Costituzione di questo peso per scoprire successivamente che ne occorrono altre, la più importante delle quali è certamente la modifica delle circoscrizioni del Senato, oggi rigidamente regionali.
Il problema è che la legge elettorale deve essere coerente con la Costituzione e quindi questa modifica costituzionale dovrebbe essere approvata prima dell’approvazione della legge elettorale. Certo, si potrebbe fare un lavoro preparatorio lasciando solo questo punto aperto, senza dimenticare che dopo avere approvato la nuova legge elettorale sarà necessario ridefinire collegi, circoscrizioni, ecc. e anche queste procedure richiedono alcuni mesi. Basta ricordare la recente storia del decreto attuativo firmato da Conte nel gennaio 2021, dopo il referendum.
Con Cassese l’accordo si ferma all’analisi impietosa della grave crisi del parlamento e della preminenza non prevista dalla Costituzione del governo. Il disaccordo arriva quando propone una legge costituzionale nella prossima legislatura, per modificare la seconda parte della Costituzione, per un darle un “riassetto”. Cassese interpreta un arco di forze che punta a modificare la seconda parte della Costituzione, fingendo di ignorare che questo obiettivo in realtà punta a modificare anche la prima parte, quella dei diritti fondamentali. Perché le politiche concrete sono quelle che decidono della qualità costituzionale, basta pensare all’articolo 3, la Repubblica rimuove gli ostacoli. ecc. la cui attuazione è compito delle leggi che il parlamento deve approvare. È evidente che con la proposta di Cassese, scritta con nonchalance, senza dargli l’importanza che ha, si staglia il fantasma del 2016, sotto le mentite spoglie di ridare coerenza al sistema istituzionale. Non nego che il problema esista per alcuni aspetti ma non si tratta solo di riscrivere alcune, mirate, norme, il problema anzitutto è politico.
C’è bisogno infatti di tornare alla Costituzione, troppe volte ignorata, slabbrata, capovolta. È evidente che la distanza tra la Costituzione materiale e quella reale non è mai stata così forte e se non ci sarà una consapevolezza della gravità della situazione il rischio concreto è che dopo un lungo periodo di parlamento subalterno al governo e di bicameralismo ormai posticcio (solo 4 decreti legge su 91 approvati con la doppia lettura) perché – nella realtà – lavora e decide solo una camera per volta, l’altra può solo confermare le decisioni. Le modifiche della Costituzione senza questa discussione in premessa finirebbero con il sancire il superamento del ruolo del parlamento previsto dalla Costituzione e una deriva presidenzialista, o come dice Renzi, verso il sindaco d’Italia.
A sorpresa anche Draghi si è sporto verso scelte che non gli competono, come quando nella recente intervista al Corriere ha sostenuto che il presidente del Consiglio deve essere eletto direttamente. L’obiettivo comune a posizioni diverse è il Presidenzialismo in Italia. Le forme proposte sono variabili. Fratelli d’Italia ci proverà già il prossimo 10 maggio alla Camera, con poche speranze di farcela in questa legislatura, ma nella prossima il Presidenzialismo diventerà un obiettivo concreto per i suoi sostenitori.
La crisi della democrazia è un pericolo reale e dovrebbe interessare tutti, ma questa consapevolezza sembra essere trascurata nella pratica da atteggiamenti che puntano solo a conquistare la posizione di governo, ad ogni costo. La democrazia si può suicidare se smette di essere fondata sul confronto e di essere inclusiva, in grado di rappresentare, di fare partecipare, di portare a sintesi. Se si pensa di mettere ancora mano alla Costituzione è un obbligo garantire che il parlamento sia rappresentativo, proporzionale, con eletti che hanno la fiducia dei cittadini e funzionante.
Quindi la nuova legge elettorale non può che introdurre una robusta dose di rappresentanza proporzionale e la scelta diretta dei parlamentari da parte delle elettrici e degli elettori.