Le sinistre, se sono ancora in grado di farlo, dovrebbero recepire le novità che il governo Draghi è destinato a portare nella situazione politica italiana. Non mi sembra corretta una valutazione che lo vede come una meteora in vista di altro. I cambiamenti sostanziali ci saranno per varie ragioni. Anzitutto la destra che vuole il potere, in particolare la Lega, che vede questa come una fase per il proprio accredito a livello europeo, una sorta di esame d’ammissione per accedere al governo senza troppi contrasti. È vero che Salvini si comporta come uno studente che fatica ad imparare i comportamenti giusti e viene rimesso in riga, ingoiando a fatica le precisazioni di Draghi. Stare al governo e all’opposizione nello stesso tempo in una fase come questa è molto difficile se non possibile.
Per questo il condono, definito come tale dal presidente del Consiglio, è difficile attribuirlo alle pressioni della Lega. Quando Draghi non ne vuole sapere lo dice e in questo caso evidentemente ha considerato il condono una concessione minore o forse una scelta condivisibile. Invece è stato un errore grave di politica fiscale che mina la credibilità del rapporto tra Stato e contribuenti e che avrà delle conseguenze tra quanti si sono sentiti presi in giro per essere sempre stati leali nel rapporto fiscale con lo Stato. Esistono già le norme per cancellare o per concordare a seconda dei casi. Il fantomatico magazzino delle Entrate di milioni di cartelle esattoriali è uno spauracchio fasullo. Del resto se fosse così il governo dovrebbe stracciare l’accordo che firma con l’Agenzia delle Entrate per la riscossione, da cui derivano anche gli incentivi retributivi. In ogni caso tutto questo con la pandemia da Covid c’entra ben poco, è solo la scusa del momento. È vero che i governi precedenti non sono senza peccati in materia di condoni, il governo Renzi ad esempio. Era tuttavia lecito aspettarsi maggiore rigore dal governo Draghi nell’affrontare una questione tanto delicata come la fiscalità. La sinistra doveva semplicemente rifiutarsi di accettare il condono, ridurre il danno è sempre preferibile, ma in questo caso è incomprensibile perché le sinistre non hanno lo stesso problema di Salvini e la distinzione politica è bene che resti. Peccato.
Sui vaccini qualche passo avanti forse c’è, salvo verifica, perché il vero problema non è solo l’organizzazione ma fare corrispondere alla maggiore capacità di vaccinare la disponibilità dei vaccini, altrimenti il rischio è un contraccolpo di credibilità di tutti. L’Unione Europea in particolare non ha gestito bene l’approvvigionamento dei vaccini, prima contratti in parte secretati con i gruppi farmaceutici, poi di fronte ai buchi nelle consegne con un balbettio senza soluzioni concrete, forse perché i contratti non garantiscono abbastanza, forse perché non tutti i paesi la pensano nello stesso modo visto che qualcuno si attarda a difendere la libertà delle imprese che di fatto viene prima della salute.
Su questo il governo italiano ha segnato alcuni punti importanti, avere scoperto nei magazzini di AstraZeneca 29 milioni di dosi, dopo un primo limitato sequestro, ha chiarito in modo inequivoco la situazione. Va aggiunto che il neo presidente Biden ha ribadito che il suo problema è vaccinare gli americani, la differenza con Trump è evidente ma i maggiori approvvigionamenti all’Unione Europea rischiano di essere rinviati nel tempo non di poco perché se prima debbono essere risolti i problemi americani restano due soluzioni per fare presto: pretendere i brevetti per produrre nell’Unione tutti i vaccini che servono, oppure rivolgersi ad altri che hanno vaccini che sembrano funzionare. Il governo ha iniziato a porre il problema in Europa ma con 4/500 morti al giorno e il mese di aprile già prenotato da misure severe deve decidere cosa sceglie e deve farlo presto. Anche su questo punto le sinistre dovrebbero appoggiare pienamente tutte le iniziative, come la petizione europea, che pongono in modo netto la richiesta che l’Europa sospenda i brevetti e decida di produrre in proprio i vaccini con o senza l’accordo delle imprese. Se Biden ha bloccato con una decisione politica l’esportazione dei vaccini che servono agli Usa, produrre in proprio è l’unica soluzione che resta. Anche per questo è difficile spiegare perché l’Europa ha votato nel WTO per il rinvio della decisione sulla sospensione dei brevetti, sembra il trascinamento del passato iperliberista sul presente della pandemia.
Draghi ha posto a livello europeo una questione decisiva. Finita la pandemia, speriamo presto, l’Europa non può tornare alle regole che per ora sono solo sospese. Quindi occorre rivedere le regole dell’austerità e sancirne di nuove prima che qualcuno cominci a chiedere di tornare all’antico (Grecia docet), ed è importante che si sia parlato di uno strumento strutturale di sostegno dell’economia di natura comunitaria, simile agli eurobond, anche se si chiamasse paperino andrebbe bene ugualmente. Per di più Draghi ha lasciato intendere che al Next Generation EU potrebbe seguire un altro strumento simile. È evidente che facendo i conti il costo della pandemia è tale che se dovessero tornare in auge le vecchie regole sarebbe una strage sociale ed economica per molti paesi, Italia compresa. In questo caso non si può che essere d’accordo con Draghi, con due osservazioni. È già capitato che la tassazione delle rendite finanziarie, che era nel programma del Prodi 2, abbia trovato resistenze anzitutto nella maggioranza, tanto che il governo cadde e non se ne fece nulla. Salvo che nel 2011 Monti diventò presidente del Consiglio e il suo governo approvò senza tanti complimenti un primo abbozzo di tassazione delle transazioni finanziarie che a settori del centrosinistra dell’epoca era sembrata un’enormità.
Draghi non è Monti e tuttavia tocca a lui ora porre il problema, non da solo, delle regole europee superando le regole del Fiscal compact e di istituire strumenti di bilancio e di debito europei in grado di avvicinare le politiche economiche dei vari paesi, gli assetti sociali, i diritti e le regole. La risposta è più Europa, non meno. Naturalmente, un’Europa che fa i conti con le disuguaglianze, che propone un welfare moderno e solidale, che aiuta la coesione sociale, che decide un asse di fondo per il futuro come è stato detto del PNRR, che deve attraverso la transizione ecologica definire una nuova economia che rispetta e recupera l’ambiente in cui viviamo e che offre più lavoro buono, ben retribuito e con diritti rispettati. Anche questa è una sfida di fondo e le sinistre di qualunque posizione dovrebbero comprendere che se non diventano protagoniste di questo futuro semplicemente verranno vissute come residui e non come utili al futuro.
Draghi anche in questo ha il merito di dire che il re è nudo, cerchiamo di recuperare il piglio della lotta politica, proprio ora che alcuni capisaldi della critica precedente diventano possibili. Per farlo occorre recuperare un metodo di lotta e una capacità di insediamento, nessuno ha la verità in tasca, ma almeno proviamo a cercarla e a farla vivere.