Il referendum che ha bocciato le modifiche della Costituzione targate Renzi è del 4 dicembre 2016, eppure sono in arrivo nuove proposte di modifica. È un virus che colpisce chi entra a palazzo Chigi? L’Italia è in recessione, il governo dovrebbe dedicarsi a questo grave problema, invece pensa a modificare la Costituzione. Presentare le modifiche separatamente, o come attuative, non riesce a nascondere la logica che le lega, puntando a modificare l’assetto istituzionale definito dalla Costituzione, con il rischio di aprire ad altri, più pesanti rivolgimenti.
Referendum propositivo. Potrebbe essere un arricchimento della partecipazione dei cittadini ma la legge proposta, anche se migliorata, non riesce a nascondere il peccato originale: la contrapposizione tra democrazia rappresentativa (il parlamento) e diretta (il referendum). Altro sarebbe costruire una sinergia, ma il nucleo forte è l’opposto.
Riduzione dei parlamentari. La riduzione è motivata solo con la diminuzione dei costi, mentre il punto principale è il ruolo di rappresentanza che il parlamento deve svolgere. Senza dimenticare che la maggioranza gialloverde ha la responsabilità di avere usato decreti e voti di fiducia come i predecessori e per di più di avere costretto deputati e senatori a votare la legge di bilancio senza conoscerla e poterla modificare. Il governo aveva aperto un aspro conflitto con la Commissione Europea sulla legge di bilancio e all’improvviso ha deciso un repentino dietrofront, cambiandola in profondità per adeguarla all’accordo con la CE, costringendo il parlamento a votare il nuovo testo senza leggerlo né modificarlo, a scatola chiusa. Certo, i parlamentari hanno subìto il diktat del governo perché in realtà sono sostanzialmente nominati dall’alto e non rispondono del loro operato ai cittadini.
Priorità legge elettorale. Per questo la priorità da affrontare, prima di parlare di modifiche della Costituzione, è la legge elettorale, che dovrebbe essere rivoluzionata, restituendo ai cittadini il diritto di scegliere i loro rappresentanti in parlamento. Per la Camera a Cagliari ha votato solo il 15% e questo squaderna la contraddizione tra proposte come il referendum propositivo, che dovrebbe fare partecipare i cittadini, e una legge elettorale che invece con certezza li allontana dal voto. La riduzione del numero dei parlamentari alzerebbe anche la soglia elettorale, facendo strage delle formazioni più piccole, riducendo rappresentanza e qualità.
Obbligo di mandato per i parlamentari, modifica della Costituzione che toglierebbe loro la possibilità di decidere come votare.
Decentramento di poteri e soldi alle Regioni. Interpretando l’articolo 116 nel modo peggiore il decentramento di poteri e soldi alle Regioni targato Lega può compromettere diritti costituzionali fondamentali come il diritto all’istruzione, alla salute, al lavoro, alla previdenza, ecc. Non è un mistero che la richiesta di maggiori poteri mira a riportare soldi nelle aree più ricche togliendoli inevitabilmente a quelle che più ne hanno bisogno. I diritti costituzionali diventerebbero così diversi da regione e a regione. È grave che si parli di decentramento senza prima avere definito cosa sono e come vengono garantiti i diritti fondamentali delle persone in tutto il territorio nazionale. Per di più è stata fatta una trattativa separata del governo con le singole regioni, senza coinvolgere le altre e le leggi attuative degli accordi non potrebbero essere modificate dal parlamento ma solo approvate a scatola chiusa. Senza dimenticare che queste leggi potrebbero essere modificate solo con l’accordo delle regioni interessate, né potrebbero essere sottoposte a referendum abrogativo. Così parte del bilancio dello stato e del personale passerebbero alle Regioni, prefigurando ad esempio sanità e scuola diverse da regione a regione, mettendo in crisi questi ed altri capisaldi dell’unità nazionale.
Ce n’è abbastanza per denunciare che la Costituzione è sotto tiro. È evidente che c’è un disegno di insieme e che tuttora vengono sottovalutati gli effetti sconvolgenti che potrebbe avere. Dopo modifiche di questo spessore nessuno si dovrà meravigliare se qualcuno rilancerà il presidenzialismo e a quel punto il tentativo di snaturare la nostra Costituzione farà un salto senza ritorno.
Profezia negativa? Meglio pensarci ora, prima che sia tardi. Le energie che si sono mobilitate per il referendum del 2016 debbono riprendere l’iniziativa con una richiesta di fondo: fermatevi, cambiare la Costituzione è un atto grave. In ogni caso ai cittadini va garantito il diritto di votare con il referendum previsto dall’articolo 138. Nel 2011 la modifica dell’articolo 81 è stata approvata con i 2/3 dei parlamentari proprio per impedire il referendum, non deve ripetersi.
*Alfiero Grandi Vicepresidente Coordinamento Democrazia Costituzionale