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Il congresso nazionale della Cgil si è concluso
.:: Alfiero Grandi Pubblicato in data:  14/06/2014  15:37:53, in Politica, letto 1242 volte
Il congresso nazionale della Cgil si è concluso. Le reazioni alla relazione di Susanna Camusso hanno messo in luce aspetti preoccupanti come l’attacco al sindacato. L’attacco al sindacato è stato mascherato da rifiuto della concertazione, che è stato il metodo scelto da tanti governi precedenti, ma il vero obiettivo è scavalcare il sindacato, puntando a stabilire un rapporto diretto con i lavoratori, quasi che il sindacato fosse un inciampo. Questi sono atteggiamenti storici della destra e non possono essere fatti propri da qualunque parte del centro sinistra senza conseguenze pesanti, sociali e politiche. E’ auspicabile che vengano presto corrette queste affermazioni sbagliate e inaccettabili, in modo da consentire alla rappresentanza dei lavoratori di fare valere un punto di vista indispensabile per la ripresa economica e l’equità. Tuttavia il congresso della Cgil non ha potuto svolgere completamente il ruolo forte che molti si aspettavano, a partire dai lavoratori, dai disoccupati, dai pensionati. Questo perché la divisione che si è manifestata nella Cgil sul regolamento del gennaio 2014 su rappresentanza e rappresentatività - che in realtà modifica l’accordo del 31 maggio 2013 - alla fine del congresso era la stessa dell’avvio, indebolendo la maggiore confederazione sindacale. La spinta a dividere i sindacati in questi anni è stata fortissima, per la pressione di settori imprenditoriali come la Fiat e dei governi della destra. L’accordo sulle regole di rappresentanza sindacale del 31 maggio 2013 ha fatto sperare il superamento delle rotture e il ripristino di un rapporto democratico con i lavoratori. Purtroppo il regolamento attuativo, firmato l’11/1/2014, modifica punti importanti dell’accordo del 2013 e ha causato divisioni profonde nella Cgil. Anche nel 1992 ci fu un accordo che causò uno scontro politico nella Cgil e portò alle dimissioni di Trentin da segretario generale, ma i protagonisti dell’epoca seppero fermarsi prima dell’irreparabile, creando le condizioni per il ritiro delle dimissioni per il superamento dell’accordo contestato. Questo aprì la strada ad un nuovo accordo nel 1993, che recuperò in parte gli arretramenti del 1992. Proiettare in avanti il superamento dei punti irrisolti anche oggi potrebbe essere un metodo fecondo per uscire dalle difficoltà. Certo, la via maestra sarebbe riscrivere parti del regolamento sulla rappresentanza del gennaio 2014, ma la Cgil potrebbe comunque decidere proprie modalità di attuazione dell’intesa. Ad esempio, la Fiom è al centro di un pesante attacco ed è oggetto di discriminazioni, sanzionate dalla stessa Corte Costituzionale con una sentenza che fa testo in materia. La Cgil potrebbe impegnarsi ad evitare che la Fiom, come qualunque altra categoria, possa essere esclusa dalle piattaforme, dalle trattative, dai diritti sindacali anche se decide di non firmare il contratto. Questo garantirebbe a tutti i diritti sindacali contrattuali e ai lavoratori la certezza di poter scegliere la loro rappresentanza. Del resto le Confederazioni hanno interesse a chiudere la stagione degli accordi separati arrivando ad un nuovo contratto dei metalmeccanici che coinvolga tutti, sia chi ha firmato quelli precedenti, sia chi non l’ha fatto, senza chiedere abiure. Nell’accordo del 31 maggio 2013 sulla rappresentanza, apprezzato da tutti, è previsto il voto dei lavoratori sui contratti nazionali, purtroppo non è così nei luoghi di lavoro, con il rischio che la modifica a livello aziendale dei contratti nazionali apra la strada ad un aziendalismo incontrollato. Va chiarito il ruolo dell’arbitrato interconfederale, non previsto nell’accordo del 2013. L’azione sindacale ha carattere volontario, che senso ha forzare la volontà di intere categorie, correndo il rischio di ricorsi alla magistratura ? La Cgil può interpretare l’arbitrato affermando con chiarezza che nessuna commissione arbitrale potrà adottare sanzioni verso sue strutture, possibili solo a norma di statuto. Il valore dell’accordo del 31 maggio 2013 sta in un percorso democratico che consente alla maggioranza dei lavoratori di pronunciarsi sulle scelte che li riguardano, tuttavia resta un problema irrisolto per le confederazioni la partecipazione alle decisioni di milioni di lavoratori precari, discontinui, che vengono strumentalmente usati contro i lavoratori cosiddetti “garantiti”. Le ragioni per arrivare ad un’intesa contrattuale su rappresentanza e rappresentatività ci sono tutte, ma solo la sua adeguatezza è la garanzia del successo. Se un’intesa suscita dissensi tali da arrivare a 2 consultazioni parallele, vuol dire che le divergenze non sono superabili con richiami all’ordine. Inoltre le migliori regole contrattuali non possono nascondere l’esigenza di una legge su rappresentanza e rappresentatività che dia certezze a tutti ed eviti le oscillazioni legate alle fasi politiche e sindacali, come spesso è accaduto. Il sindacato è di fronte a prove che obbligano tutti a porsi l’obiettivo di riunificare il mondo del lavoro subordinato, martoriato da disoccupazione, basse retribuzioni, caduta del potere contrattuale. I lavoratori hanno bisogno di un sindacato forte in grado di affrontare le sfide dei prossimi anni. Il superamento delle differenze va cercato con coraggio, misura, creatività. L’accordo del 31 maggio 2013 resta un riferimento positivo e può aiutare il sindacato ad uscire dalle difficoltà, semprechè il regolamento attuativo del gennaio 2014 non arrivi a contraddirlo . Alfiero Grandi