Prezzi, fisco e occupazione: le tre assenze del governo
- Pubblicato da l'Altro quotidiano il 22/01/11 Mentre la cosiddetta ripresa continua ad allontanarsi al paese occorre una nuova guida, che punti anche ad una intesa tra impresa e lavoro, che lo aiuti ad uscire da questa condizione di assenza di prospettive Le insopportabili questioni sessuali del presidente del Consiglio rischiano purtroppo di fare passare in secondo piano problemi molto seri dell’Italia. Anzitutto la cosiddetta ripresa. La previsione attuale è di un aumento del PIL dell’1 % nel 2011 e nel 2012, praticamente è stagnazione. Discutere sui decimali è ridicolo. L’inflazione sta riprendendo vigore. La Bce ha giustamente lanciato un allarme sull’aumento dell’inflazione perché non si vedono misure adeguate per prevenire il fenomeno. In Italia in particolare la prima ragione dell’aumento dell’inflazione sono i carburanti. I consumatori hanno giustamente denunciato che benzina e gasolio costano più di quando il petrolio era vicino ai 140 dollari al barile, il 35 % in più.
Il governo assiste alla speculazione sui prezzi dei carburanti immobile come una statua di sale e lascia fare le compagnie petrolifere. Probabilmente nel governo prevale l’interesse, di corto respiro, di prelevare immediatamente più imposte dall’aumento dei carburanti. Quindi i prezzi stanno aumentando e continueranno a farlo ed è grave che questo avvenga senza neppure una ripresa economica vigorosa. L’atteggiamento del governo è molto grave perché se nell’immediato entrano nelle casse pubbliche più imposte poi lo Stato dovrà pagare più interessi sul debito e solo nel 2011 vengono a scadenza circa 270 miliardi di euro. Quindi più deficit e più debito, poi le pensioni dovranno aumentare di conseguenza. In altre parole aumenterà la spesa pubblica. Le entrate fiscali, come dicono i dati della Banca d’Italia, non vanno bene, malgrado ai lavoratori dipendenti e ai pensionati da 3 anni non venga restituito il drenaggio fiscale. Del resto come potrebbero le entrate fiscali andare bene di fronte alla stasi economica ? Di fatto c’è un aumento medio della pressione fiscale dovuta al fatto che questa è riferita ad un PIL più piccolo del 7/8 %. Unico modo per aumentare le entrate senza aumentare il carico fiscale sarebbe fare una seria lotta all’evasione ma sembra di capire che fino ad ora anche le poche e tardive misure adottate in fretta e furia non stanno dando i risultati attesi. Inoltre il governo sta facendo approvare misure che aumenteranno il deficit come la riduzione della tassazione su chi concede le case in affitto (non sugli affittuari) che provocherà un buco nelle finanze pubbliche di 2 miliardi e sarà un regalo ai redditi più alti, oltre che un’ulteriore iniquità fiscale perché i redditi saranno sempre più tassati in modo diverso tra loro. L’occupazione si ridurrà ulteriormente nel 2011 per effetto dei trascinamenti degli anni precedenti e a bocce ferme non ci sono spazi per crearne di nuova, almeno per un prossimo futuro. Non a caso tra i giovani la disoccupazione cresce, ormai è disoccupato uno su tre. Per di più è stata approvata una controriforma universitaria contro cui giustamente protestano professori, ricercatori e studenti. Il governo si consola, e cerca di consolarci, affermando che avrebbe potuto andare peggio. Ovviamente conta sull’indimostrabilità. In realtà la crisi poteva e doveva essere affrontata diversamente. Solo un’economia in ripresa potrebbe affrontare il problema del debito pubblico senza strangolare occupazione e investimenti. La scelta è stata l’opposto, blaterando di conti in ordine, mentre in realtà non lo sono perché all’orizzonte c’è piuttosto una manovra di ulteriore aggiustamento dei conti, tanto più che è in arrivo la richiesta europea di ridurre il debito pubblico, su cui il Ministro dell’Economia fini ad ora ha sorvolato. In questo quadro è precipitato il ricatto della Fiat ai lavoratori e ora di federmeccanica sul contratto. In pratica le imprese mettono in conto che dal governo non verranno risposte e quindi l’unica possibilità dal loro punto di vista resta quella di comprimere ulteriormente la condizione di lavoro e lo sfruttamento. Così si torna a prima di Ford, che almeno all’epoca sua si pose il problema che le auto oltre a costruirle si doveva anche venderle. Di qui l’aumento delle retribuzioni degli operai americani della Ford. Questo governo deve andarsene prima possibile, fa guai in ogni campo. Il ministro del lavoro, ad esempio, anziché svolgere un ruolo di mediazione è in gara con i padroni più oltranzisti. Occorre un governo in grado di adottare con urgenza alcune misure per l’occupazione e gli investimenti e in grado di pretendere dalle imprese un atteggiamento diverso anche per realizzare un’intesa per fare uscire il paese da questa grave situazione, da questa assenza di prospettive. I lavoratori Fiat con la loro resistenza, con discorsi seri e di verità sulla loro condizione, hanno portato di nuovo la questione lavoro e operaia all’attenzione, occorre che un’alternativa a questo governo ne tenga conto e la metta al centro della sua proposta politica.
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