Scudo fiscale: il diavolo fa le pentole ma non i coperchi
- Pubblicato da l'Altro quotidiano e da Paneacqua il 10/12/10
Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, potrebbe essere la sintesi dello “scudo fiscale”. Come è noto lo “scudo fiscale” è il provvedimento di legge, voluto dal Governo Berlusconi, che ha consentito a chi in passato aveva esportato illegalmente capitali all’estero di farli rientrare in Italia - o semplicemente di ripulirli pur lasciandoli all’estero - a prezzi da saldo di fine stagione. Un provvedimento di questa natura è una vergogna inaccettabile per ragioni etiche e di equità fiscale, inoltre è una rinuncia ad ingenti entrate dello Stato proprio quando ce n’è più bisogno. Tuttavia lo scudo fiscale anche nel merito sembra meno solido di quanto promesso agli esportatori di capitali per convincerli a fare rientrare i quattrini. La penale per mettere una pietra tombale sul passato è stata stabilita in un ridicolo 5 per cento. Altri paesi per provvedimenti analoghi hanno fatto pagare fino al 40 %, quindi il provvedimento del Governo Berlusconi ha avuto una convenienza incredibile. Per di più lo “scudo fiscale” è stato concepito in modo da diventare un condono per alcuni reati come quelli di bilancio e di fatto una depenalizzazione dei reati penali perché per poter stabilire che sono stati commessi si dovrebbe indagare proprio partendo dalle frodi fiscali e di bilancio, cosa esclusa dallo scudo fiscale. Per questo chi si occupa di lotta alla criminalità ha giustamente criticato questo provvedimento. Infatti la criminalità organizzata ha avuto un’occasione imperdibile per ripulire guadagni illeciti e insieme per far sparire le prove di reati da cui si poteva risalire ai più gravi reati di criminalità organizzata. Lo Stato ha perso un’occasione importante per fare chiarezza su comportamenti illeciti e fare passi avanti contro la criminalità organizzata. Quando Maroni fa dichiarazioni un tantino tronfie sui beni sequestrati alla criminalità organizzata dovrebbe conteggiare anche quanti capitali sono stati ripuliti con lo scudo fiscale e forse avrebbe una sorpresa. Il Governo Berlusconi si è accontentato del classico piatto di lenticchie: pochi miliardi di euro (5,5) una tantum mentre i circa 270.000 responsabili di esportazione illegale di capitali, che hanno utilizzato lo scudo fiscale, si sono tenuti ben stretti 100 miliardi di euro. Ma il diavolo non ha fatto il coperchio, infatti l’Unione Europea ha sollevato il problema dell’IVA che essendo imposta europea non può essere condonata. Lo scudo fiscale invece ha deciso che anche l’IVA rientrava nel forfait a prezzo di favore per gli esportatori di capitali, ma l’Unione Europea ha rotto le uova nel paniere e ha avviato la procedura per mettere in mora la legge italiana su questo punto. Per evitare questa messa in mora l’Agenzia delle Entrate ha inviato una lettera a Bruxelles spiegando con un equilibrismo da funabolo che lo scudo vale ma certo l’IVA non si tocca. Quindi, in sostanza, lo scudo vale per tutto il resto ma non per l’IVA. L’Agenzia delle Entrate chiarisce nella lettera inviata a Bruxelles che se l’accertamento fiscale dovesse concludere che c’è stata evasione di IVA lo Stato italiano si impegnerà a garantire il ristorno all’Europa e quindi a chiedere il maltolto agli evasori. In conclusione il salvacondotto ottenuto con lo scudo fiscale vale ma solo fino a un certo punto. Certo occorre che vi sia un accertamento fiscale sull’evasione dell’IVA, ma se c’è occorre procedere perché l’IVA è imposta europea e non si può condonare. Ovviamente c’è una doppia verità. Agli evasori si fa capire che tanto gli accertamenti non ci saranno e a Bruxelles che se dovessero esserci e accertare l’evasione lo Stato italiano procederebbe a riscuotere le somme dovute: scudo o non scudo. La questione non è di poco conto. Non è facile dire quanto di queste somme esportate all’estero potrebbero derivare da evasione dell’IVA. Certamente una parte importante perché per evadere la dichiarazione dei redditi personale o aziendale occorre che vi siano entrate non dichiarate, quindi in nero e spese gonfiate e spesso anche bugie nei bilanci. Quindi una campagna seria di controlli sull’evasione dell’IVA avrebbe buone possibilità di recuperare all’imposizione almeno una parte delle somme esportate illegalmente e condonate a condizioni eccessivamente favorevoli. Se anche solo la metà dei 100 miliardi derivasse da evasione IVA lo Stato potrebbe incassare 10 miliardi. E’ una cifra che oggi sarebbe molto utile per le finanze del nostro paese. A questo punto il problema è solo politico. Un nuovo Governo potrebbe invertire la rotta e indicare all’Agenzia delle Entrate e alla Guardia di Finanza il compito di perseguire prioritariamente l’evasione dell’IVA, a partire da quanti hanno fatto ricorso allo scudo fiscale, con la certezza di ottenere risultati sostanziosi per le entrate pubbliche, estremamente utili in questa difficile fase economica. Così lo scudo fiscale potrebbe diventare un poco meno iniquo. Alfiero Grandi
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