Il Governo continua a negare la crisi
Al massimo attribuisce la crisi a cause esterne all’Italia e per questo si guarda bene dal proporre un progetto per uscirne. Del resto il Capo del Governo afferma che la crisi è colpa di chi ne parla: Eppure Tremonti ha parlato di peste del XXI secolo. Purtroppo le analisi, una dopo l’altra, sono univoche. Ora anche l’Istat conferma che l’economia va male, che ci sono aree sociali sempre più impoverite, soprattutto nel Mezzogiorno, e aree di imprese in grande affanno. Anche un giudizio interessante che afferma che il 25% delle imprese esporta bene, ci dice di conseguenza che il 75% non se la cava bene o addirittura male. Il bicchiere non è mezzo pieno ma è vuoto per i 3/4. L’Istat ricorda che la crisi è anche un’opportunità per correggere errori, distorsioni sociali, superare limiti e difficoltà del passato. Per farlo però occorrono idee e iniziative mentre il Governo è in sostanza fermo. Qualche esempio. Si straparla di interventi multimiliardari per impressionare l’opinione pubblica. Purtroppo tanti - compresa parte della stampa – ripetono a pappagallo, ma queste cifre non hanno rapporto con la realtà perché Tremonti ha stretto i cordoni della spesa e gli investimenti pubblici nel 2009 diminuiranno, compresi quelli degli enti locali. L’ANCE lo conferma: meno di un miliardo erogato. Ancora: l’occupazione nel settore pubblico diminuisce mentre nel settore privato si perdono centinaia di migliaia di posti di lavoro. Tanto per essere coerenti con l’esigenza di aprire spazi occupazionali per i giovani c’è chi non trova di meglio che riproporre l’aumento dell’età pensionabile, in particolare per le donne. Eppure le pensioni sono state riviste appena 2 anni fa e si era detto che così i conti erano a posto, e in effetti lo sono. Si rifletta almeno che lasciare di più al lavoro chi potrebbe andarsene in pensione significa lasciare fuori i giovani e le ragazze. Come patto generazionale non c’è male. Confindustria chiede di nuovo di alzare l’età pensionabile, nella speranza di ottenere parte del bottino, ma dimentica che le imprese stanno chiedendo più cassa integrazione (fin qui potrebbe andare: è un ammortizzatore sociale che garantisce un minimo ai lavoratori) e più prepensionamenti, quindi di abbassare l’età pensionabile. Esattamente il contrario di quanto chiede Confindustria. Tanto che nel Governo c’è imbarazzo ad affrontare ora lo scottante tema dell’innalzamento dell’età pensionabile, visto che le aziende chiedono il suo contrario. L’Istat richiama l’attenzione su redditi e modello di sviluppo: sulle famiglie a rischio di precipitare nella povertà o di restarvi, sui lavoratori a rischio occupazione e quindi di reddito. L’ineffabile Ministro Brunetta è impressionante, parla di 500.000 occupati in meno, e potrebbero essere di più, con i toni di certi generali per i quali i morti sono solo numeri. Chi sta a contatto con sindacati e imprese sa che se la produzione industriale dovesse restare sotto del 25% a lungo ci sarebbero altre gravi conseguenze per l’occupazione industriale, con riflessi sul resto dell’economia. La stranezza è che nei giorni scorsi Confindustria mentre ha chiesto con forza al Governo di approfittare della maggioranza parlamentare per fare ora le “riforme”, sembrava dimenticare a quale Governo si sta rivolgendo. Il lodo Alfano, l’attacco ai giudici per godere di una totale immunità, l’attacco alla legalità anche economica fanno parte di queste riforme ? Confindustria guida il “corteo” di quanti vogliono semplicemente tornare a prima della crisi, dimostrando così l’ansia di autoassoluzione per le classi dominanti e il timore che lo stato riprenda a fare il suo mestiere. Ma. come dice l’Istat, non si può semplicemente tornare a prima. Vorrebbe dire ritornare alle ragioni della crisi. Per questo occorre affrontare insieme due aspetti: redditi dei lavoratori e nuovo modello di sviluppo. I redditi dei lavoratori sono già tanto bassi da essere fanalino di coda in Europa e sono ormai un vincolo negativo per la domanda interna. Il risultato è che o si dà vita ad una strategia di aumento dei redditi da lavoro, e da pensione, o l’Italia non riparte. Il nuovo modello di sviluppo è indispensabile perché, ad esempio, è sbagliato proporre megainvestimenti per costruire insicure centrali nucleari (comprate dall’estero) quando si potrebbe dar vita ad una politica energetica basata sulle fonti rinnovabili, creando nuova occupazione qualificata, nuovi investimenti, una condizione ambientale più accettabile e con meno rischi per le persone. Purtroppo con questo Governo l’Italia continuerà ad aspettare il treno della ripresa altrui e rischia di rimanere di nuovo al palo.
- pubblicato sul quotidiano Terra il 28/05/09
|