Condoni passati, bocciature presenti
La sentenza di oggi giunta da Bruxelles era prevedibile e prevista. Non esiste infatti la possibilità per i singoli stati europei di decidere condoni per l'IVA, che è la tassa europea per eccellenza e che riguarda direttamente la garanzia di una corretta concorrenza nell'area del Vecchio continente. Supponendo che questa notizia fosse nota nel 2003 anche a Tremonti, viene da chiedersi allora perchè il centro-destra prese un provvedimento che era inevitabile venisse messo sotto accusa dall'Unione e ora condannato dalla Corte. La risposta è semplice: perchè il centro-destra ha puntato tutto sui condoni fiscali e sulla cosiddetta finanza creativa e per fare accettare ai contribuenti l'adesione ai condoni non ha trovato di meglio che invogliarli aggiungendo anche quello relativo all'IVA. Il messaggio era chiaro: se anche l'IVA è ricompresa nei condoni, diventa praticamente impossibile trovare le magagne dei contribuenti, come le evasione, le elusioni e quant'altro. Quindi i contribuenti che avevano qualcosa da farsi condonare hanno ricevuto la garanzia che, aderendo, tutto sarebbe stato condonato, senza eccezioni. Quello di Tremonti non è dunque un errore ma un messaggio "promozionale" per l'adesione agli altri condoni. A questo punto si pongono due problemi molto seri. Il primo è che i contribuenti che hanno aderito al condono sono oggi totalmente scoperti di fronte alla legge e agli accertamenti, in quanto il governo ha l'obbligo di accertare la veridicità fiscale ed è del tutto chiaro che, sulla base di questi dati, le Entrate e la Guardia di Finanza non solo dovranno controllare la verità sull'IVA, perchè ormai questo condono non esiste più, ma potranno anche effettuare controlli sui redditi dichiarati dai contribuenti dopo l' "amnistia" tributaria, forti proprio dei dati storici sull'Imposta di valore aggiunto. In altre parole: sollevato con la sentenza della Corte Europea un lembo del tappeto che doveva nascondere tutto, ora si vedrà la posizione dei contribuenti infedeli che, pur restando coperti dai condoni per le materie e i periodi in cui erano in vigore, dovranno dare non poche spiegazioni sulle dichiarazioni successive. Anche gli studi di settore potrebbero essere rivisti sulla base dei nuovi dati accertati. In altre parole questi contribuenti - ancorché non particolarmente leali verso la collettività - dovranno prendersela con un governo che li ha esposti più di prima agli accertamenti fiscali e alle loro conseguenze, mentre i cittadini onesti, per una volta, avranno ragione di sorridere. Il secondo problema è che la sentenza della Corte Europea solleva una questione che oggettivamente non si ferma all'IVA (sulle imposte e tasse nazionali la UE non ha competenze) ma riguarda tutti i condoni. Se un condono sull'IVA compromette la concorrenza europea, anche quello che favorisce chi non ha pagato le imposte dirette è un'alterazione della concorrenza, sia pure solo in Italia. Quindi la sentenza è una critica feroce all'esecutivo dell'epoca e al ministro Tremonti, che aveva impostato tutto sui condoni fiscali, sia perchè ritiene che sia stato alterato un corretto rapporto con il resto dell'Europa, sia perchè è stato preso con le mani nel sacco nell'alterazione della concorrenza nel favore fatto agli evasori. Questo fa risaltare, per differenza positiva, il comportamento del centro-sinistra che, al governo, pose fine all'epoca dei condoni iniziando una fase fiscale in cui si prevedeva che chi non avesse pagato le imposte e le tasse correttamente sarebbe stato perseguito. Una politica che aveva già cominciato a produrre risultati registrando una crescita delle entrate fiscali. Due politiche opposte insomma: i condoni della destra, oggi messi sotto accusa dall'Unione Europea, contro una politica fiscale severa ma equa come quella del governo Prodi.
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