Guadagni da favola anche per i dirigenti che hanno portato al disastro le aziende, sono loro la vera casta.
Pubblicato da Left. Gli utili delle imprese italiane nel 2007 sono cresciuti poco, anche se nel 2006 erano aumentati molto sul 2005. C’è chi dice che la “festa” è finita, parafrasando una battuta di Agnelli riferita ai salari dei lavoratori. Nel 2007 i profitti delle 46 maggiori aziende quotate sono aumentati del 2,6%. Nel 2006 l’aumento era stato del 20,1%. Gli azionisti di queste società riceveranno solo un po’ meno profitti di quanto ebbero nel 2006. Le società risentono delle difficoltà dell’economia italiana. Ben diverso è l’andamento degli stipendi dei top manager che sono aumentati nel 2007 del 29% con un andamento controcorrente, del tutto indipendente dai risultati ottenuti. Restano al palo salari e stipendi dei lavoratori che faticano a tenere il passo con l’inflazione. Dal 1983 i profitti sono saliti dal 23% al 30%, mentre i salari sono scesi dal 77% al 70%, malgrado il numero dei lavoratori dipendenti sia aumentato di quasi 2 milioni. E’ curioso che i richiami della BCE alla moderazione salariale siano rivolti solo ai lavoratori dipendenti trascurando del tutto altri, come i dirigenti delle società. E’ del tutto giusto essere attenti ai costi della politica e alle retribuzioni del suo personale, ma l’attenzione dell’opinione pubblica è stata indirizzata a trascurare ben altro. La vera “casta” infatti riesce ad avere una collocazione sociale ed un reddito del tutto indipendenti dai risultati ottenuti e senza alcun rapporto con le condizioni del resto della società e questo è esattamente l’identikit dei top manager oggi. E’ una situazione che accomuna Stati Uniti ed Europa e naturalmente l’Italia. Negli Stati Uniti da tempo è sotto tiro lo scandalo delle società che sono andate male e il cui top management ha, al contrario, intascato retribuzioni crescenti senza alcun rapporto con i risultati ottenuti. La Camera dei Rappresentanti ha svolto un’inchiesta sulla situazione. Durante l’inchiesta un deputato americano ha affermato che “ogni relazione ragionevole tra retribuzioni dei dirigenti e interessi degli azionisti sembra essersi spezzata”. Fin troppo facile passare l’oceano e ricordare i top manager italiani che hanno portato al disastro le aziende da loro dirette mentre si sono assicurati guadagni favolosi. Alitalia è certamente una vicenda emblematica di questa situazione. Un’indagine ha messo sotto osservazione 1250 top manager di 35 società europee la cui retribuzione media è stata di 1,15 milioni di euro, che con bonus vari, incentivi, stock options arriva fino a 4,3 milioni di euro procapite. Non a caso il Governatore Draghi ha dettato nuove regole per il vertice delle banche italiane raccomandando maggiore attenzione ai livelli retributivi e soprattutto di ancorarli ai risultati. C’è infatti chi ha ricevuto nel 2007 una liquidazione di ben 37 milioni di euro. Uno studio ha accertato che in Italia dieci banche hanno assegnato ai loro dirigenti benefici per 400 milioni di euro e c’è chi ha guadagnato dalla vendita delle sue stock options 20 milioni di euro. Va ricordato che questo signore ha pagato solo il 12,5% di tasse su questo lauto guadagno, mentre se avesse dovuto dichiararlo come reddito - come un normale contribuente - avrebbe pagato il 43%. La differenza è che ha pagato “legalmente” almeno 6 milioni di euro di tasse in meno. Oggi si parla molto di aumentare la produttività dei lavoratori ma i primi ad avere retribuzioni senza alcun rapporto con i risultati aziendali sono proprio i dirigenti delle loro società. La differenza tra le retribuzioni dei top manager e i salari medi dei lavoratori è cresciuta in modo impressionante: il rapporto tra dirigenti e lavoratori era 40/50 volte qualche decennio fa, oggi è anche migliaia di volte. E’ una divaricazione retributiva e sociale netta e crescente. Questo sta consolidando una differenza di “casta”impressionante che però sembra ricevere poca attenzione. La crescente divaricazione sociale, al cui vertice ci sono i top manager, passa troppo spesso sotto silenzio. La sinistra, pur con ritardi, si è sforzata di affrontare il problema dei costi della politica, oggi deve affrontare la crescente divaricazione dei redditi che ha raggiunto livelli inaccettabili. Il reddito e il patrimonio sono distribuiti secondo una piramide sociale sempre più divaricata e il reddito del suo vertice, top manager in testa, assomiglia sempre più ad una vera e propria rendita di posizione e non riguarda più, come in passato, una ristretta elite ma è un fenomeno sociale ed economico consistente. E’ in sostanza una “moderna manomorta”.
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