Stipendi d'oro, basta con gli sconti fiscali
Pubblicato su L'Unità
La discussione nella sede di Ecofin sui livelli raggiunti fuori da ogni parametro di decenza dalle retribuzioni dei dirigenti delle società in Europa è molto significativa e parla della crescente divaricazione tra i redditi. Le retribuzioni dei top manager stanno da anni crescendo fuori da ogni rapporto con i risultati raggiunti dalle aziende che dirigono e ancora meno con le retribuzioni dei lavoratori. In Italia le retribuzioni dei top manager nel 2007 sono cresciute del 29% anticipando addirittura la crescita dell'inflazione e nella maggior parte dei casi senza alcun rapporto con i risultati aziendali. Mentre le retribuzioni dei lavoratori dipendenti sono cresciute più o meno al livello dell'inflazione nominale. Uno studio europeo ha accertato che la retribuzione media di 1250 top manager nel settore del credito è di 4,3 milioni di euro a testa. Nel tempo si è formata una vera e propria "casta", sempre più numerosa e rapace che stabilito i suoi livelli retributivi a livelli sempre più alti e spesso controcorrente rispetto ai risultati aziendali. Infatti, ad esempio, in Italia le maggiori aziende quotate nel 2007 hanno realizzato un incremento modesto degli utili pari al 2,6%. I dividendi saranno maggiori ma solo per evitare una fuga dall'azionariato. In ogni caso le società sono meno ricche ma i dirigenti hanno aumentato le loro retribuzioni. L'Europa se n'è accorta ed evidentemente ha capito che non possono essere accolti i soliti appelli a senso unico della BCE che si rivolge con i suoi inviti alla moderazione salariale sempre e soltanto ai lavoratori. Altre categorie come i manager delle aziende vengono regolarmente ignorate dai moniti della BCE. Anche le ipotesi avanzate da Junker, che presiede Ecofin, sono interessanti e parlano direttamente all'Italia. Quando si parla di interventi fiscali infatti non si sta affatto dicendo un'eresia. Infatti i top manager oltre che super retribuiti sono sottotassati. Voci importanti della loro retribuzione infatti sono tassate al 12,5% anzichè al 43% che è l'aliquota massima per gli altri lavoratori che guadagnano di più. Basta pensare alle stock option che sono appunto tassate al 12,5% anche con le normative più recenti che in fondo chiedono solo il modesto sacrificio di portare pazienza qualche anno prima di vendere e realizzare così il valore delle azioni ottenute in premio. C'è chi in un recente passato, prima della normativa che chiede almeno di portare pazienza per qualche anno, ha sottratto milioni di euro al fisco in un batter d'occhio grazie a questa assurda agevolazione. Del resto lo studio europeo ha chiarito che la retribuzione base dei dirigenti delle società è circa il 30% del totale percepito perchè il resto è costituito da benefit di varia natura. La questione quindi, almeno per l'Italia, non è tanto di aumentare le tasse per queste alte retribuzioni, cosa che sarebbe in sè del tutto legittima, ma almeno di far loro pagare le stesse tasse che già pagano gli altri cittadini, senza sconti. La combinazione infernale di retribuzioni altissime e sconti fiscali infatti moltiplica la già pesante ingiustizia distributiva dei redditi. Poi questa attenzione dell'Europa ripropone la questione più rilevante e cioè la distanza tra alcune retribuzioni dei top manager e quelle medie dei lavoratori dipendenti. Ormai siamo ad un rapporto che sembra un canocchiale rovesciato: il rapporto di 1\40 del dopoguerra oggi è un mero ricordo. Oggi il rapporto è a migliaia di volte. Qualcosa evidentemente non va, si potrebbe raccogliere l'attenzione dell'Europa e almeno riportare tutte le voci che costituiscono retribuzione sotto la stessa tassazione. Sarebbe un passo avanti formidabile. I tempi sono quelli che sono, ma se l'Europa lo chiede..... Alfiero Grandi
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