Intervista di Luca Degrandi per l'Avanti
1) L'inflazione in Italia si attesta sulla media europea, eppure il "carovita" è un problema molto sentito. Come si spiega questa discrepanza?
I redditi, soprattutto da lavoro, risentono fortemente dell’aumento dei prezzi perché hanno perso terreno. Del resto anche se l’inflazione ora è al 2,9 per cento anche l’ISTAT ha rilevato che si tratta di una media e che per i redditi più bassi pesa molto di più l’aumento dei generi di prima necessità, che sono andati oltre il 5 per cento. In dieci anni, i redditi più bassi e in particolare da pensione e da lavoro (più in generale il reddito fisso), hanno perso potere d’acquisto e, quindi, temono maggiormente l’aumento dei prezzi. Nei paesi europei, paragonabili all’Italia, i redditi sono aumentati di più e quindi avvertono meno il problema.
2) Le fasce sociali più colpite sono soprattutto quelle a reddito fisso (operai/e e pensionati/e). Non crede però che esista una categoria di "nuovi poveri" magari anche tra i piccoli e medi imprenditori?
I nuovi poveri sono anzitutto i lavoratori. In Italia i “lavoratori poveri” sono un fenomeno relativamente recente. Nuovi poveri sono quelli che non lavorano o ci riescono saltuariamente. Nuovi poveri sono anche settori di lavoro autonomo che vivono di un reddito marginale. Non a caso nella finanziaria 2008, c’è un intervento importante che semplifica e fa pagare meno tasse alle attività di lavoro autonomo o di impresa che hanno ricavi fino a 30.000 euro l’anno. Si calcola che almeno 1 milione di questi viva stentatamente. Naturalmente non va confuso chi dichiara poco con chi evade. Purtroppo, se non si è in grado di stabilire un confine preciso si rischia di aiutare chi non lo merita. Va detto che i controlli stanno migliorando.
3) Nel programma della "Sinistra l'Arcobaleno" ci sono proposte che fanno pensare a una sorta di "scala mobile soft". Ciò non rischia di aumentare l'inflazione?
L’idea di fondo riprende un concetto che era già nell’intesa del luglio ‘93, che per la verità, come politica dei redditi, è sopravvissuta a sé stessa e con il meccanismo dell’inflazione programmata ha contribuito a fare perdere reddito ai lavoratori. La ragione non è solo in richiese salariali nei contratti troppo basse, perché l’inflazione programmata è stata regolarmente sotto quella reale ma anche nella difficoltà ad applicare il recupero ex post per compensare aumenti troppo bassi. Questo ex-post c’è dal ‘93 ma non ha funzionato. La proposta della sinistra arcobaleno propone che a fine anno (o comunque dopo un periodo certo) il recupero della differenza retributiva sia automatico e per arrivarci si potrebbe fare un intervento fiscale sulle detrazioni per lavoratori e pensionati in modo da garantire per loro l’invarianza fiscale.
4) Una politica neokeynesiana, proposta soprattutto dalla sinistra, è vista da alcuni economisti come una misura non adatta per risolvere il problema del "Carovita". Lei cosa ne pensa?
Keynes non ha ancora trovato validi sostituti. O l’economia viene bloccata, o l’economia abbandona milioni di persone al loro destino. Così non và. Keynes si è posto il problema di guidare e correggere il mercato, è un problema attualissimo. Gli economisti che pensano che il mercato si autoregola e che i drammi di milioni di persone sono i prezzi inevitabili da pagare non sono molto originali. In fondo Keynes polemizza proprio con questo modo di pensare. Intervenire in modo mirato sulla domanda e in particolare su alcuni segmenti è efficace e necessario. Se si parla di rottamazione delle auto, troppi tacciono perché ci sono precisi interessi in gioco. Se si parla di sostenere la domanda di generi di prima necessità c’è un atteggiamento diverso. Eppure già Ford aveva capito che produrre le auto non basta, occorre che qualcuno le compri.
5) L'introduzione di "Mister Prezzi" è vista da molti come un semplice palliativo, un provvedimento di facciata. Che utilità concreta può avere questa figura?
Segnalare un problema. Male non fa, a patto che non sia l’unica iniziativa. Sono per introdurre tutte le forme di tutela collettiva nel mercato, a partire dalla class-action, ma anche questo non basta. Occorre spingere le autorità ad avere più coraggio, con leggi adeguate, altrimenti assisteremo impotenti alla sproporzione di poteri che si confrontano nel mercato. Purtroppo, spesso è così. Sono convinto che occorre qualcosa di più. Da un lato l’area euro deve concordare/contrattare con i produttori, a partire dal petrolio, misura di accordo sui prezzi. Il petrolio oggi è in ascesa per ragioni speculative. Dall’altro, occorre reintrodurre la sorveglianza di alcuni prezzi, anche con l previsione di blocchi per brevi periodi e di accordi sul prezzo di panieri di beni, sia con i produttori che con i distributori.
6) I vicoli posti dall'Unione Europea, come ad esempio il vincolo di deficit al 3%, non rischiano di rendere non attuabili alcune politiche, come gli investimenti statali, per rilanciare l'economia?
È vero, l’applicazione rigida dei criteri di Maastricht, ha ingessato e reso più difficile raggiungere due obiettivi: risanamento e sviluppo. La BCE, purtroppo, è la vestale di questa linea monetarista che si è perfino cercato di ingessare nella Costituzione europea. Uno sviluppo di qualità dovrebbe essere l’obiettivo centrale.
7) E' auspicabile una revisione dei vincoli di Maastricht?
Si, senza dubbio. Temo però che oggi, come diceva Woody Allen, l’Europa non si senta molto bene, e quindi il problema è più grosso. Purtroppo.