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Necessario dare sostegno ai salari
.:: Alfiero Grandi Pubblicato in data:  24/11/2007  14:17:35, in Lavoro, letto 1976 volte

Negli ultimi mesi si è verificato un fatto politico nuovo. Settori imprenditoriali e Banca d’Italia, hanno riconosciuto che i lavoratori italiani guadagnano poco. Statistiche, ricerche e approfondimenti hanno confermato che c’è un impoverimento relativo al reddito dei lavoratori che dura ormai da anni. Tutte queste analisi e questo convergere di conclusioni non fa altro che confermare quello che i lavoratori, già sapevano e che i sindacati, a loro volta, hanno denunciato con forza durante e dopo la recente consultazione dei lavoratori sul protocollo sul Welfare. Non si tratta di qualche euro in più e nemmeno di rinnovare i contratti nei tempi giusti, come pure è necessario. La questione, che è ormai aperta in tutta la sua dimensione, sta diventando non solo un arretramento, un impoverimento per i lavoratori, ma anche un vincolo negativo per la domanda interna, che è una componente importante per le prospettive di sviluppo del paese. A questo problema si sta aggiungendo l’effetto delle apprensioni sui tassi di interesse (mutui casa in particolare, aumento dei prodotti petroliferi e tensioni su alcune materie prime alimentari). Non ci sono singoli interventi risolutivi a breve, ma sono necessari più interventi che siano, però, duraturi nel tempo. Il primo è, certamente, una ripresa, seppure graduale, dell’aumento delle retribuzioni, da considerare, ormai, come condizione per lo stesso aumento della produttività e della competitività. Il secondo è una politica di contenimento dei prezzi e delle tariffe in tutte le forme possibili, per evitare che si inneschi una spirale prezzi/salari di natura inflazionistica che, senza risolvere il problema del potere d’acquisto, aprirebbe la strada a politiche restrittive. Il terzo lo collocherei all’interno di una politica fiscale volta ad accompagnare e a favorire la crescita del potere d’acquisto, anche con una ridistribuzione del carico fiscale tra lavoro e altre fonti di reddito, come le rendite, che, soprattutto, quando sono tassate al 12,5%, godono di un privilegio ingiustificato, tanto è vero che le imposte dirette sono in grande parte pagate dal lavoro dipendente e autonomo. Il comma 4 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2008, che è ora all’esame della Camera, dice con chiarezza che l’extragettito fiscale del 2008 dovrà essere restituito, anzitutto, ai lavoratori dipendenti attraverso l’aumento delle detrazioni per spese di produzione del reddito. È una scelta che al Senato è stata compiuta, dopo una seria discussione politica, partendo dal presupposto che nel 2007, una norma analoga per gli incapienti ha consentito interventi per circa 4 miliardi di euro. Difficile prevedere quanto sarà l’extragettito, nel 2008, dopo che avremo mantenuto gli impegni presi con la Ue, tuttavia, è prevedibile che, a un certo punto del prossimo anno, sarà possibile definirne la consistenza e decidere di conseguenza. Capisco, anche, che è legittimo aspettarsi qualcosa di più certo, e se è possibile, prima. L’esame della Camera può servire anche a verificare con cura tutte le eventuali possibilità. Tuttavia, ciò che conta, più che qualche modesto risultato immediato, è certamente un percorso politico e economico che, nel tempo, consenta di arrivare, sul piano fiscale, anche se certamente non solo e non prioritariamente, a una ridistribuzione della ricchezza prodotta in Italia. In questo senso la piattaforma dei sindacati pone a tutti, governo compreso, l’esigenza di ripensare e ricalibrare interventi e priorità, ed è bene che si apra un confronto ravvicinato, anche perché il sindacato riconosce il valore della lotta all’evasione e all’elusione fiscale, condotta dal governo. Questa sarebbe una innovazione politica e un importante strumento per dare, ai lavoratori italiani, maggiore fiducia nel futuro.