«La situazione dei conti pubblici è ormai chiara. La sostanza è che rispetto alle previsioni della finanziaria 2006 manca circa mezzo punto di Pil.Per questo i cantieri rischiano di chiudere, le ferrovie entrare in sofferenza, gli investimenti rischiano di fermarsi».
Alfiero Grandi, sottosegretario all'economia, non nasconde le difficoltà. Gli chiediamo quali saranno gli orientamenti del governo.
La manovra bis è inevitabile?
Finiti i giochi di prestigio, sono evidenti le difficoltà perché occorre far quadrare i conti pubblici e trovare le risorse indispensabili per completare gli investimenti previsti e per aiutare la ripresa. Vengono anche sollecitati interventi a sostegno della ripresa stessa, a partire dall'intervento sul cosiddetto cuneo fiscale. E sono interventi che costano. La speranza è di riuscire a manovrare sul lato della spesa al fine di ottenere risparmi e quindi di diminuire al massimo l'esigenza di manovrare sulle entrate. Tuttavia è difficile che l'Italia possa uscire dal pantano, anche competitivo, in cui è finita, senza porsi seriamente anche il problema delle entrate. Ma una manovra correttiva sembra diventare indispensabile. Il problema vero è capire quale tipo di manovra fare.
Si escludono quindi interventi tradizionali tipo tagli e si pensa a nuovi strumenti?
Anzitutto pagare tutti le tasse per pagarne meno, o almeno per non pagarne di più. Evasione ed elusione hanno raggiunto in Italia cifre impressionanti. Se fosse vero che l'economia sommersa è oltre un quarto del Pil, le tasse sommerse sarebbero di conseguenza un quarto e le entrate potenziali sarebbero tali da risolvere molti problemi. Tuttavia se da un lato la lotta all'evasione è un punto irrinunciabile, è giusto essere prudenti nel prevedere entrate certe, che debbono certamente esserci ma che non è facile calcolare con esattezza preventivamente nei tempi e nelle quantità. È vero che nella lotta all'evasione è importante anzitutto fare funzionare i meccanismi esistenti, ed eventualmente aggiungerne altri, tuttavia occorre una vera e propria dichiarazione politica generale. Non dimentichiamo che veniamo da una fase in cui il precedente capo del governo aveva detto di comprendere chi evade e aveva addirittura scelto - incredibilmente - la sede della Guardia di finanza per affermarlo. Ma accanto alla lotta all'evasione è necessario anche decidere con chiarezza quali settori della società possono e debbono sopportare gli oneri del risanamento, della ripresa e degli interventi sociali più urgenti.
I sindacati sostengono che non dovranno essere i soliti noti a pagare i costi del risanamento. Sarà possibile?
È del tutto chiaro che lanciare proposte come l'aumento dell'Iva, o altro ancora, è un modo, ancorché non condivisibile, per dare risposta a questo problema. Non era disinteressata la reazione di chi ha cercato di escludere da questa discussione le rendite ed altro ancora. Reazione a volte non sempre comprensibile visto che proprio il mondo delle imprese ha lamentato lo spiazzamento fiscale dell'attività produttiva da parte delle rendite e tuttavia, almeno in parte, ha reagito ai primi accenni di correzione. Basta un dato. Il lavoro è tassato da un minimo del 23% fino al 43% e le aziende hanno una tassazione al 30% più il 4,5% dell'Irap, mentre le rendite hanno una tassazione al 12,5%. È quindi vero che il prelievo fiscale non è oggi neutrale, anzi favorisce chi non dovrebbe. L'intervento sulle rendite è assolutamente necessario ed urgente per unificare e semplificare la tassazione e rendere meno squilibrato il rapporto con i settori produttivi. Per di più il livello medio di tassazione delle rendite in Europa consente di individuare un nuovo parametro anche per l'Italia. Questo potrebbe consentire di fare scendere la tassazione dei conti correnti, che oggi è al 27%. Inoltre c'è l'esigenza di favorire i piccoli risparmiatori. In generale, un principio di equità nella tassazione richiede che anche nell'imposizione delle rendite venga introdotto un sistema progressivo (come per i redditi) mentre oggi è proporzionale.