L'Unità 18 maggio 2007
Partendo dalla discussione che si è aperta sull’Ici, vorrei provare a rimettere in fila alcune questioni. Le risorse finanziarie, oggi, disponibili sono limitate. Grazie all’aumento delle entrate fiscali il risanamento finanziario è certo per il 2007, e le risorse ci saranno anche per il 2008. Per ora, quello che resta, dopo avere rispettato il patto di stabilità, è quantificato in circa 2,5 miliardi di euro. Comprendo la tentazione di destinare maggiori risorse, e se fosse possibile sarei totalmente d’accordo, a interventi di sostegno allo sviluppo e per la creazione di una maggiore equità sociale, ma, obiettivamente, sarebbe poco comprensibile utilizzare maggiori risorse oggi, per poi, con la prossima finanziaria, per fare tornare i conti, doverne chiedere la restituzione ai cittadini. Il problema principale non sono i richiami, un po’ sussiegosi, che provengono, in modo ricorrente, da diverse sedi, anche europee, a utilizzare tutte le maggiori entrate esclusivamente per il ripiano del debito pubblico, perché con il 2,3% di deficit nel 2007 e l’l,8% nel 2008 l’Italia può ringraziare con cortesia rutti i suggeritori per i loro contributi di idee, ma poi decidere in piena autonomia seguendo i parametri noti: risanamento, sviluppo, equità. In altre parole, non ci si può limitare al risanamento. Il problema è che il paese farebbe fatica a comprendere un eventuale cambio di atteggiamento nel giro di pochi mesi: prima allarghi i cordoni della borsa, poi li restringi. La questione delle risorse è forse meno difficile da affrontare di quanto può sembrare. Infatti, è possibile che a fine giugno, dopo due mesi importanti per i versamenti delle imposte, l’andamento delle entrate continuino a un buon ritmo, anche grazie al fatto che, piano piano, stanno andando a regime molti strumenti di controllo e di lotta all’evasione. Posso sbagliare, ma prevedo che le entrate a fine giugno andranno bene. Il ritmo di crescita economica, pur ancora insufficiente, è in aumento rispetto alle previsioni e questo fa crescere anche le entrate. Inoltre sono stati fatti pagamenti anticipati che, però, in corso d’anno dovrebbero rientrare nella previsione iniziale e, quindi, anche le uscite non dovrebbero riservare sorprese. E così, se oggi le risorse, non necessarie per il risanamento finanziario, sono circa 2,5 miliardi di euro, potrebbero essere (probabilmente saranno) di più in occasione del Upef e della finanziaria 2008. È inutile, allora, gettarsi sulla spartizione dell’attuale, limitata, disponibilità di risorse perché a fatica basteranno per dare risposte alle attese del tavolo di trattativa aperto con le parti sociali, e a interventi come quello deciso dalla Camera, che elimina, giustamente, il ticket di 10 euro dalle prescrizioni mediche. Aggiungo che l’estensione del cosiddetto cuneo fiscale alle banche, finanziarie, assicurazioni non può e non deve essere finanziato con queste risorse e, quindi, alla fine dovrà essere una sostanziale partita di giro nell’ambito degli stessi settori. Anche per questo il problema lei è stato affrontato, fino a ora, in modo da non interferire, con la trattativa in corso. La Camera sta discutendo un disegno di legge delega che prevede la possibilità per il Governo di ridurre l’Ici per la prima casa, e contemporaneamente fare un intervento a favore di chi ha la prima casa in affìtto. Il disegno di legge delega non prevede, però, attuazioni immediate e automatiche, perché rinvia sostanzialmente alla legge finanziaria 2008 il finanziamento concreto delle misure. Questi interventi di sgravio fiscale sulla prima casa vanno collegati idealmente a un piano di case pubbliche o sovvenzionate, da concedere in affitto a prezzi contenuti, rispetto a livelli «ridicoli» raggiunti nel nostro Paese. È chiaro che parlare di eliminazione dell’Ici sulla prima casa è una cosa diversa da quella di cui si è discusso fino ad ora, e su cui c’è (c’era?) una convergenza tra maggioranza e governo. Eliminare totalmente l’Ici, oltre che costare molto di più, comporterebbe un intervento slegato da priorità sociali nette come quelle indicate dalla lettera di Prodi a favore di coloro che hanno maggiore bisogno. Una riduzione fiscale uguale per tutti, o più ancora, ancorata a livello di redditi medio bassi, avrebbe un carattere di maggiore equità. È bene chiarire, anche, un equivoco sull’aliquota al 20% per gli affitti. Si tratta di una tassazione ridotta a favore di chi percepisce l’affitto, non di chi lo paga, e ha un costo. È una proposta su cui si può ragionare ma a precise condizioni. Anzitutto, non è vero che un’aliquota ridotta porterebbe all’emersione del nero. È una tesi sostenuta in più occasioni ma che dimentica che, per quanto bassa, un’aliquota anche ridotta è sempre più alta di zero, che è l’aliquota dell’eva-sione. Certo di fronte ad un’area di evasione enorme nel settore degli affitti si potrebbe convenire su un «patto sociale di fase», prevedendo misure dra-stiche di lotta all’evasione nel settore e i cui risultati potrebbero essere utilizzati, in quanto ottenuti realmente, per finanziare la riduzione dell’aliquota al 20% per gli affitti, e insieme prevedere una parallela detrazione di imposta più consistente di quella oggi realizzabile per gli inquilini. Pur essendo preferibile in linea di principio che tutti i redditi contribuiscano nello stesso modo al reddito personale, è evidente che il risultato di fare emergere reddito eluso o evaso merita il sacrificio (si spera transitorio) di qualche mediazione. Un intervento di sgravio fiscale sulla prima casa (in proprietà e in affitto) è molto atteso e, per le caratteristiche semplici e concentrate, potrebbe essere parte emblematica della nuova fase della politica economica e sociale del governo, in quanto è certamente un alleggerimento fiscale e potrebbe, senza eccessive difficoltà, essere finalizzato a obiettivi di assoluta priorità sociale. Potrebbe anche non essere difficile realizzare il risultato in modo che i Comuni non vedano contraddetto il loro rapporto prioritario con la fiscalità immobiliare. In sostanza, non si tratta solo di garantire ai Comuni le risorse necessarie, a fronte di eventuali interventi a favore della prima casa, come è ovvio, ma forse anche di individuare modalità tecniche che rendano questo risultato certo, senza interferire con la fiscalità comunale. È chiaro che nella prossima legge finanziaria occorrerà scegliere tra diverse ipotesi sul tappeto. Ad esempio, se non ci sarà lo spazio per un intervento importante sul piano fiscale, occorrerà prevedere almeno misure per eliminare il drenaggio fiscale sui lavoratori e sui pensionati, come non sarà possibile ignorare esigenze prioritarie di intervento nella scuola, nella ricerca e nell’Università. La lista dei problemi non è certo finita qui e questo conferma che, messi in campo gli strumenti legislativi, poi occorre scegliere fino a che punto le disponibilità finanziarie consentono di provvedere alla loro attuazione. Questo è esattamente il terreno di discussione in materia di Id e di casa, e non può essere isolato dagli altri settori di intervento, tra i quali il governo deve decidere priorità e quantità.